Può un genitore diventare il peggior incubo dei propri figli? Se ci si rifà alle notizie di cronaca sicuramente sì, ma ciò sarebbe statisticamente poco significativo. Infatti, anche se non si sono mai verificate situazioni drammatiche, molti ragazzi pensano di avere avuto genitori difficili che li hanno penalizzati; la famiglia è stata cioè una condizione penalizzante verso la felicità. Quali sono le colpe che i figli più spesso attribuiscono ai genitori?
- Violenze fisiche – Per il Personalismo un genitore che ricorre alla violenza fisica è un genitore fallito e non è il caso di spendere molte altre parole sul concetto.
- Assenza – Per il Personalismo l’amore si dimostra con le azioni e l’assenza non è mai giustificabile: chi pensa di non aver abbastanza tempo da dedicare ai figli non li deve avere per il semplice fatto che non saprebbe amarli.
- Difetti della personalità – Paradossalmente, quando il figlio si accorge di evidenti difetti dei genitori, ne esce rafforzato perché da grande sicuramente li eviterà. Dovrà solo fare attenzione a non servirsene continuamente come alibi per le “sue” colpe (“eh, con i genitori che ho avuto”), situazione purtroppo comune (alibi familiare). Ovvio che, se vedrà i difetti dei genitori come pregi, non potrà distaccarsi e anzi rischierà di diventare peggiore di chi lo ha educato.
- Violenza psicologica – Si tratta della colpa più subdola, oggetto di questo articolo.
La violenza psicologica
La violenza psicologica si attua quando i genitori sono così forti da ingenerare una gerarchia non discutibile all’interno della famiglia, anche quando il bambino si sta trasformando in adolescente. Poggiando sulla gerarchia familiare e spesso su condizionamenti economici, il figlio è soggiogato nel tentativo di plasmarlo secondo un copione predefinito; il figlio è una “proprietà” che deve rendere: dalla soddisfazione a scuola, alla prosecuzione dell’attività di famiglia, al formarsi una famiglia di gradimento dei genitori (partner scelto dai genitori, maternità per soddisfare il desiderio dei futuri nonni ecc.) fino al classico bastone della loro vecchiaia.
A ogni tentativo di ribellione, frasi come “ma io sono tuo padre!”, “con tutto quello che ho fatto per te”, “sei un ingrato!” e sciocchezze simili riescono a ristabilire l’ordine e la supremazia. Visto che un figlio si dovrebbe fare per amore, nulla si può chiedere in cambio perché ogni richiesta è puro interesse. Troppi sono i genitori completamente assenti che si buttano nel lavoro e accumulano ricchezze su ricchezze con la falsa giustificazione che “lo fanno per i figli”, quando in realtà lo fanno soprattutto per sé stessi per il semplice fatto che i figli, prima dei soldi, vorrebbero amore.
Sicuramente condizionamenti religiosi (onora il padre e la madre) e sociali (la società si basa sulla famiglia) non hanno mai dato ai figli una grande possibilità di sfuggire alla pressione di genitori-padroni, di quelli che tolgono la libertà per “il tuo bene”. Non esiste onora i tuoi figli e finché non esisterà vivremo nel medioevo.
Se una certa dialettica familiare è nella logica delle cose e il figlio insofferente non deve vedere ogni azione dei genitori come negativa se in qualche modo limita la sua libertà d’azione, si può dire che scatta la violenza psicologica quando il figlio subisce e non sa replicare. Ci vuole una grande capacità genitoriale per evitare che ciò non accada mai, ma è sicuramente una colpa quando ciò accade spesso, fino a forgiare negativamente la personalità del figlio.

Molte persone pensano che la loro famiglia abbia rappresentato una condizione penalizzante verso la felicità.
La sindrome di Stoccolma
Purtroppo, quando scatta il plagio, diventa impossibile anche il distacco e il figlio resta segnato a vita, schiavo di quella famiglia che negli anni ha allentato la catena, ma non l’ha mai spezzata. Si crea una specie di sindrome di Stoccolma*, dove il figlio cerca comunque di recuperare il rapporto, cerca di compiacere i genitori, di essere capito, di essere amato (non riesce cioè a staccarsi dalla necessità di sentirsi amato da loro). Più è maltrattato e più cerca amore, più è denigrato e più cerca considerazione.
I figli che nell’adolescenza si sono staccati e hanno evitato questa schiavitù nascosta si comportano in modo completamente differente e quasi sempre sono persone forti e volitive; la loro strategia non è perdonare i genitori, non è odiarli, ma è dimenticarli; li considerano stelle che si spengono lontane mentre altre più luminose brillano nel presente.
Le due differenti strategie sono dimostrate nel caso estremo di chi è stato abbandonato in tenera età dai genitori: c’è chi riconosce totalmente i genitori adottivi come i veri genitori (se qualcuno mi ama più di mio fratello è il mio nuovo fratello) e chi invece va (o vorrebbe andare) alla ricerca dei vecchi.
Dimenticare significa ricondurli al ruolo di persone normali, che hanno un ruolo ormai marginale nella propria vita. Non è infatti raro un pentimento del genitore che in tarda età, con il figlio ormai grande, decide di recuperare il rapporto. La comprensione dei propri errori e/o la vecchiaia che si avvicina lo portano a posizioni più morbide. Rischia di far male per la seconda volta (anche il troppo amore impedisce alle persone di volare libere). Dovrebbe capire che, con valori diversi, non potrà mai allinearsi a suo figlio. Anche se il pentimento è sincero, potrà esserci amore, ma sempre in secondo piano. Del resto, se per il figlio l’amore per i suoi genitori resta fondamentale, non potrà mai amare nessuno in modo equilibrato, vedasi il test.
Test: sei libero?
Attore: adolescente, quasi autosufficiente, prossimo al diploma o alla laurea. Il test è al maschile, ma evidentemente vale anche al femminile. Mamma, papà devo darvi una bella notizia. Ho deciso di lasciare gli studi. Sì, lo so che mi manca poco, ma ho trovato la mia vera strada. Ho lasciato X perché non mi ha capito. Ho conosciuto una ragazza, Y, con la quale aprirò un agriturismo dalle sue parti (citare località ad almeno 200 km dalla residenza dei genitori). Una vita vera, semplice. Volevo dirvelo perché parto la settimana prossima. Il grado di violenza con cui i genitori replicheranno al test dà la loro propensione a essere padroni. Il grado di calma con cui lo si espone dà la misura della propria libertà.
Se chi espone sarà rimasto calmissimo e i genitori avranno cercato una dialogo pacato, consigliando, ma non ordinando (“ti mancano quattro esami, perché non prendi comunque la laurea? Buttar via una parte della propria vita non è mai positivo. Per quanto ci sia da lavorare, avrai tempo di dare quatto esami, no?”), beh, vorrà dire che è una bella famiglia.
* La sindrome di Stoccolma identifica una condizione psicologica nella quale un soggetto sequestrato prova sentimenti di tipo positivo verso il suo o i suoi sequestratori. La terminologia che identifica questa condizione risale a un episodio avvenuto nel 1973, a Stoccolma. Due rapinatori tennero in ostaggio quattro dipendenti della Kreditbank per alcuni giorni; i sequestrati, nonostante il notevole rischio corso, si attaccarono emotivamente ai sequestratori al punto che, una volta che furono liberati, ne presero le difese e chiesero clemenza per loro presso le autorità. Talvolta la terminologia viene usata in situazioni diverse dal sequestro di persona, ma dai risvolti simili.