La capacità di cambiare è un’abilità fondamentale per la felicità. Molte persone capiscono che per migliorare la propria vita è necessario cambiare aspetti della propria personalità, ma… non ci riescono!
Non è difficile accorgersi che la capacità di cambiare dipende dall’età, diminuendo drasticamente con essa. Per un giovane di 20 anni è molto più facile cambiare che per una persona di 50 anni.
Ci sono due motivi alla base di questa dipendenza anagrafica.
Il primo motivo è la cristallizzazione dei condizionamenti causata dalla diminuzione dello spirito critico. Tale diminuzione è in parte voluta (contributo statico) perché il soggetto è convinto che, arrivati alla sua età, certe cose non si possono cambiare: non stiamo parlando del principale oggetto del suo desiderato cambiamento, ma del contesto in cui deve avvenire. Per esempio, il romantico che è sempre stato schiavo dell’idea dominante del lavoro, vorrebbe lasciare, capisce che si dovrebbe lasciare per vivere meglio, ma come si fa? Che fine farà l’azienda, visto che il figlio è ancora inesperto e non saprebbe gestirla bene? Che farà? A lui hanno sempre insegnato che lavorare è un “dovere sociale” ecc.
La diminuzione dello spirito critico è però anche dovuta alla scarsa voglia di fare rivoluzioni, atti che magari portano a scontri con le persone vicine a noi. Il senso di ribellione si è ammosciato; un caso classico è rappresentato da tutti quei cambiamenti che non avvengono perché il soggetto preferisce un compromesso con sé stesso o con altri (coniuge, parenti, amici ecc.) e perde quindi la capacità di cambiare.
Il secondo motivo è invece dovuto all’incapacità di applicarsi al cambiamento. Il termine applicarsi andrebbe sostituito con uno più preciso che vedremo dopo opportuna spiegazione. Prima una considerazione che viene dal mondo degli scacchi. Negli ultimi 20 anni, con l’avvento dei motori scacchistici che hanno permesso una migliore comprensione dell’essenza del gioco, tantissimi ragazzi, di età compresa fra gli 8 e i 12 anni, raggiungono facilmente le categorie nazionali. Poi, per tanti motivi, molti non migliorano più, ma la domanda che sorge spontanea è: come mai un soggetto di 40 anni che dedica magari lo stesso tempo del ragazzino fa una fatica terribile per migliorare (pur avendo gli stessi strumenti)? La risposta è che: non sa più studiare.
Il ragazzino non si limita a giocare le partite, a leggere libri o a risolvere quiz scacchistici con il computer, ma li studia, li vive con gli amici che hanno la sua stessa passione, ne esamina i dettagli ecc. Non si limita a leggere gli scacchi, ma li studia.

Molte persone over 40 hanno perso la capacità di studiare
Tornando alla capacità di cambiare, l’adulto trentenne o quarantenne che approccia il problema legge testi di psicologia (spesso ne legge troppi, cadendo vittima della confusione dell’eclettico), legge saggi su tanti argomenti, s’informa, ma leggere non è studiare. Un altro esempio; un “appassionato” un po’ attempato di animali legge tanti bei libri fino a ritenersi “esperto”: peccato che tantissime nozioni si perdono e alla fine quando sullo schermo del televisore compare l’immagine di un suricato, alla domanda del figlio su che animale sia, o bluffa clamorosamente buttando lì un nome a caso oppure tace in un silenzio imbarazzante: lui ha letto tanti libri, ma non ha mai studiato, non si è mai interessato dei dettagli, dei particolari, delle eccezioni come invece fa il vero esperto zoologo.
Il secondo motivo è quindi l’incapacità di studiare il cambiamento.
Il mio testo La felicità è possibile è stato venduto nelle sue diverse edizioni in oltre 50.000 copie, ma temo che al massimo il 10% dei lettori lo abbia studiato.