Quanti sanno apprezzare la differenza fra anziani e vecchi? Gli anziani sono le persone con un’età cronologica sopra i 60 anni che però sono invecchiate bene, cioè hanno un’età psicologica decisamente inferiore a quella cronologica.
Nel sito troverete un articolo dove si spiega chiaramente che la vecchiaia è una colpa.
L’errore fondamentale che spesso si commette (e purtroppo è commesso anche dai media e da chi è preposto all’assistenza agli anziani) è considerare la vecchiaia come ineluttabile. In realtà
chi non ha fatto nulla per non invecchiare è colpevole della sua vecchiaia.
Nell’articolo sopraccitato si spiega perché si diventa vecchi invece di diventare anziani; si tratta sostanzialmente di una deviazione dalla retta via.
L’azione per gli anziani
Anziché azioni di tamponamento nella tarda età (che comunque migliorano assai poco la qualità della vita), è necessario far capire agli adulti che da anziani avranno ciò che hanno seminato. Soprattutto
è più produttivo insegnare alla gente a invecchiare bene, piuttosto che assistere persone invecchiate male!
Un concetto distorto è per esempio quello della solitudine degli anziani. Ma che differenza c’è tra un settantenne solo e un quarantenne? Forse che il settantenne non può avere interessi ed essere autosufficiente? Se non li ha, è perché nella sua vita non se li è costruiti o ha rincorso idoli falsi che in tarda età sono crollati. Nessuno a sessant’anni (purtroppo a volte capita già a quaranta) nel fare qualcosa ha il diritto di dire: “Sono vecchio”, quando sa che ci sono persone della sua età ancora attive, dinamiche, giovanili. Chi non ha investito parte del suo tempo a mantenersi giovane ha dissipato una parte della sua vita e non può recriminare nulla e difendersi dietro il paravento della vecchiaia.
- È pertanto disastroso pensare che il problema della solitudine degli anziani sia scontato. L’anziano solo è spesso in una di queste condizioni:non ha seguito l’evoluzione dei tempi
- non ha curato la sua salute e ora gli acciacchi della vecchiaia gli impediscono una vita di relazione normale
- non ha curato interessi e ora non ha alcun oggetto d’amore da condividere con altre persone; è difficile non essere soli se non si ha qualcosa di interessante da dire.
Per approfondire: I nonni.

In Italia abbiamo troppi anziani e pochi vecchi, con le peggiori proporzioni in Europa
La soluzione
È ovvio che non si può rimanere giovani in eterno, ma il decadimento fisico e quello psichico vanno ritardati e minimizzati avendo cura della propria vita e il massimo rispetto di sé stessi.
Oggi molte teorie mediche parlano di prolungare la vita fino a centoventi anni; i medici che le propongono non sono interessati a creare un mondo di vecchi, ma intendono allungare il periodo di attività della persona.
Interessatevi a queste teorie e scoprirete come affrontare il tempo senza esserne travolti. È ovvio che per mantenersi giovani occorre investire energie e forza di volontà, ma il premio è sicuramente una qualità della vita eccellente. Non è difficile prevedere che un quarantenne (o anche un trentenne!) che gestisce male la sua vita sarà un vecchio precoce: perché dunque aiutarlo quando per tanti decenni lui non si è aiutato, anzi spesso derideva chi seguiva un’esistenza più attenta?
Cosa fare dunque per invecchiare bene?
1) Curare la propria salute
Ovvero non fumare, non bere, non abusare dei farmaci, dormire il giusto, eseguire controlli periodici.
2) Curare la propria alimentazione
Ovvero non essere in sovrappeso.
3) Fare attività fisica
Ovvero mantenere resistente, forte ed elastico il corpo. Se non avete tempo, trovatelo!
4) Mantenere la propria autosufficienza, a qualunque costo
Ovvero non dipendere da figli, parenti ecc. pensando che siano il bastone della vecchiaia: chi cammina col bastone, prima o poi, cade lo stesso.
5) Indirizzare la propria capacità di amare verso hobby che rendano significative le giornate
Ovvero non perdere la curiosità di conoscere e di fare.
6) Frequentare persone giovani e seguire e capire l’evoluzione dei tempi
Ovvero non dire mai: “ai miei tempi…” e altre frasi patetiche. Se non impegnate un po’ di tempo ad aggiornarvi, è giusto che siate accantonati come qualunque strumento vecchio e inutile. Ricordate che è la vostra inerzia che vi ha fatto diventare inutili, non la cattiveria della gente!
Osservando come vive un trentenne, è possibile intuire come sarà la sua vecchiaia?
LE MAIL
Mail numero 1
Vi scrivo perché siete l’unica voce fuori dal coro che potrebbe capirmi.
Dopo una vita non esemplare (fumo, alcol, sedentarietà, cattiva alimentazione), mio padre ha ora problemi di salute, non gravissimi, ma, a suo dire, penalizzanti. In realtà sono aggravati dal fatto che ormai si sente vecchio e “pretende” che gli sia data tutta l’assistenza del caso. Ogni sua paura o vizio si sono ormai trasformati in una richiesta di aiuto senza il minimo sforzo di reazione.
Mia madre lo assiste, ma, adducendo il pretesto che deve anche badare alla bimba di mio fratello (perché i genitori mettono al mondo i figli e poi non hanno il tempo di curarli e li parcheggiano dai nonni per dieci ore al giorno, sabati e domeniche compresi perché “devon pur divertirsi”?), pretende da me un aiuto costante.
Io ho la mia famiglia, il mio lavoro e non posso dimenticare anni fa tutte le volte che mio padre, quando lo invitavo a fumare di meno, mi diceva di pensare alla mia salute che alla sua ci pensava lui! Ora perché vuole che ci pensi io? Cosa devo fare?
L’assistenza agli anziani è uno dei temi più gettonati dal buonismo di questa società. Purtroppo la si vede in modo ancora preistorico con il risultato che l’efficacia è nulla.
REGOLA FONDAMENTALE – Assistere un anziano vuol dire dargli tutti gli strumenti per essere autosufficiente e vivere una vita dignitosa e ancora positiva, non sopperire alla sua mancanza di autosufficienza.
La parola chiave è autosufficienza. Pensiamo a un ragazzo che non ha nessuna voglia di studiare, un lazzarone che non fa altro che marinare la scuola per passare le sue mattine a oziare in un bar. Il giudizio su di lui sarà negativo e nessuno gli prospetterà un futuro roseo. Si sta giocando la sua vita e sarà colpevole del proprio futuro scadente. Molti anziani hanno problemi di salute perché non si sono mai curati, non hanno preparato la loro vecchiaia e sono quindi colpevoli del loro presente come il ragazzo è colpevole del proprio futuro. Molti anziani non hanno mai coltivato hobby, amicizie ecc. e si ritrovano soli e arrabbiati con il mondo, ma la colpa è loro perché non hanno preparato la terza età.
La prova di quanto affermo è che una percentuale non trascurabile di ultrasessantenni vive invece bene: non è difficile riscontrare in essi persone positive (si è vecchi solo se ci si sente vecchi). Quando correndo con un quarantenne o un cinquantenne mi sento dire che l’età conta molto e che non c’è più l’entusiasmo di un tempo, capisco che quella persona invecchierà male. Né serve ricordargli che dipende da noi fare sempre le stesse cose che facevamo a vent’anni. Di solito vengo zittito con un “non tutti sono come te!”. Nota l’errore: invece di imparare da uno che si pensa sia in condizione migliore, si preferisce vederlo come una mosca rara e non significativa.
L’anziano che non è autosufficiente dovrebbe avere la dignità (se perde anche quella, cosa gli resta?) di non pesare sugli altri. Purtroppo una mentalità antica vuole che venga aiutato e accudito oltre misura; oltre a non servire a nulla perché il soggetto diventa sempre più assillante e sempre meno autosufficiente, provoca la distruzione delle vite che sono attorno. Il superato concetto che i figli devono essere il bastone della vecchiaia (che fa leva in parte sul fatto che il figlio sia di proprietà del genitore) fa a pugni con il vero amore: se ho fatto un figlio per amore perché ora per egoismo gli infelicito la vita per mesi o per anni? Si dice che un genitore darebbe la vita per il figlio: ecco, quando diventano anziani non si direbbe proprio, anzi si direbbe che la tolgono…
Una volta le persone erano piene di vizi, paure, difetti e non era consueto cercare di migliorare; era più comodo sorreggersi a vicenda, facendo spesso dei vizi delle virtù. È alcolizzato e ora ha la cirrosi epatica? Poverino, come soffre, dobbiamo stargli vicino. Fumava 30 sigarette al giorno e ora ha l’enfisema polmonare? Accudiamolo perché in quelle condizioni non può nemmeno andare a farsi la spesa. Ha il cuore malato, provato dai suoi chili di troppo? Aiutiamolo a “sentirsi più leggero”… Non fa più nulla perché si sente vecchio? Ci siamo noi che facciamo tutto!
L’unico consiglio: pensa all’esempio del ragazzo discolo e vivi la tua vita senza farti penalizzare da errori altrui! E soprattutto non ragionare con la testa di chi vive ancora nel Medioevo: la cosa peggiore che puoi fare è accettare i loro giudizi, quella più sensata è ignorarli o compatirli.
Mail numero 2
Ciao Roberto,
riguardando l’indice della sezione Personalismo sono rimasto incuriosito dalla voce nonni (non ricordavo di averla letta prima, pur essendo papà da un anno e mezzo).
Perché pensi al rapporto nonno-nipote come un lavoro in cui il nonno accudisce il nipote? Non pensi che ci possa essere una notevole componente hobbistica, ovvero che il nipote possa essere un sincero oggetto d’amore?
Mio nonno ha sempre amato andare alla sua stalla a curare le bestie, per poi regalare uova e carni fresche ai nipoti, oppure andare a caccia con i suoi figli. Mia nonna preferisce godere della compagnia dei suoi nipoti.
Che differenza vedi tra i due? Entrambi hanno un oggetto d’amore. Ciao, Cristiano.
Le tue affermazioni non sono in contraddizione con quanto ho scritto. Sicuramente “il nipote può essere un sincero oggetto d’amore”, ma negli esempi che mi hai fatto c’è una profonda differenza. Tuo nonno ha oggetti d’amore suoi (la stalla, la caccia) che poi condivide con figli, nipoti o altri; tua nonna ha un oggetto d’amore regalato da altri, i nipoti appunto. Un oggetto d’amore molto temporaneo (importante il concetto di stabilità dell’amore) e che peraltro non possiede (basta pensare a quanti genitori sono in contrasto con i nonni che vorrebbero educare i nipoti in un modo diverso da quello di mamma e papà). Rifletti su quanto ho scritto:
l’avere “tempo” per occuparsi dei figli dei propri figli vuol dire avere una vita sostanzialmente vuota.
Cosa succederà quando i nipoti, diventati grandi (in pochi anni), non presteranno più molte attenzioni alla nonna (è naturale)? Tuo nonno potrà continuare a occuparsi della stalla, ad andare a caccia, ma tua nonna? Non si tratta quindi di negare la validità di un oggetto d’amore, quanto di valutare l’invecchiamento psicologico del soggetto. E l’invecchiamento non è un fatto positivo.
L’inizio dell’invecchiamento si ha quando la persona è vista dagli altri e dalla società come qualcuno che ormai deve fare solo certe cose e lei accetta questo ruolo. Personalmente non riesco ad accettare questa situazione come inevitabile.
Uno dei nostri percorsi di allenamento passa accanto al ritrovo per anziani del paese, in mezzo a un bellissimo scenario naturale. Spesso siamo superati dal pulmino che riporta gli anziani a casa, dopo un pomeriggio trascorso nel ritrovo. Chi di noi è in crisi spesso medita di fermarsi nel ritrovo o di farsi dare un passaggio dal pulmino. Ovviamente si scherza. Ma uno di questi giorni abbiamo riflettuto sulla tristezza di una cosa di cui qualunque amministratore locale sarebbe fiero: il nostro piccolo paese ha un efficiente ritrovo per anziani! Eppure è triste. Una specie di libera uscita per persone che ormai non hanno più reali interessi, reali progetti, che hanno perso ciò che nella loro vita hanno amato e li ha coinvolti. Ora “devono” ritrovarsi fra di loro perché sono incapaci di adattarsi al mondo.
Non sarebbe meglio se ognuno di loro continuasse a curare la stalla, ad andare a caccia, a lavorare nel suo negozio, a correre nel parco con l’amico magari di 30 anni più giovane di lui?