Ieri è stato uno di quei momenti in cui ho sentito l’importanza dell’avere tempo per amare. Ero a caccia, pioveva di brutto, ma sapevo che i fagiani forse sarebbero usciti dalla zona di rifugio in cerca di spazi aperti dove farsi scivolare addosso la pioggia.
Ormai a fine novembre con quel tempo non avrei trovato nessuno, perché i cacciatori sono gente che vuole apparire tosta, ma in realtà è spesso scarsissima, fisicamente parlando.
Di fagiani ne ho trovati tanti, quanti un cacciatore spesso ne trova in un anno, per recuperarne uno ho dovuto guadare una roggia con l’acqua al petto, un altro l’ho inseguito a piedi nudi mentre era incalzato da Cassie che non aveva aspettato che rimettessi gli stivali (me li ero tolti per evitare che si riempissero d’acqua durante il guado) per ricominciare a cacciare, altri sono stati più furbi di noi e si sono involati lontani. Ho continuato a correre dietro al cane in boschi arati di recente e inzuppati d’acqua, a volte con i polmoni che mi bruciavano come nemmeno succede in una gara di corsa (ma qui ero più motivato!) con Cassie che ogni tanto mi dava uno sguardo perché non fossi troppo lontano. Sono tornato alla macchina e, appena salito, ho incrociato lo sguardo di Cassie: era stanchissima, ma felice; per lei la caccia è tutto, non conosce un’altra dimensione, tant’è che a Nizza in ogni aiuola cerca un fagiano e scambia i botti di fine anno per spari di caccia. I cani da caccia mi hanno insegnato cos’è un oggetto d’amore e in fondo mi hanno evitato di diventare una persona dalla vita soft. Diedi un ultimo sguardo dall’altra parte della zona, dove sicuramente il mio amico Claudio aveva vissuto una giornata come la mia.

Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere (Daniel Pennac)
A volte in queste giornate dove la gente se ne sta rintanata in città e nemmeno i contadini escono più di casa, mi sembra che noi siamo una specie in via di estinzione, perché facciamo cose folli per… nulla, secondo il metro comune; ma a noi poco importa; poco importa se a volte non sei fortunato come ieri e per tutto il giorno non vedi che acqua sopra e fango sotto perché il fatto che il prossimo cespuglio può essere quello buono ti dà energie infinite; poco importa se ti accorgi che hai le mani tutte insanguinate, sangue non del fagiano che hai appena recuperato, ma per i rovi che ti hanno massacrato senza che tu sentissi le spine perché ormai è… normale.
Tornato a casa, accendo il computer. Trovo la mail di un ragazzo di 22 anni in piena depressione, vittima di attacchi di panico, non riesce più a studiare, ha idee autolesioniste. Mi dice “ho cercato di fare tutto il possibile per studiare all’università, ma non sono riuscito. Posso comunque considerarmi una persona di valore? Come posso guardare ancora in faccia genitori, fratelli e sorelle, parenti, amici, dopo il mio fallimento?”. Una mail tristissima, non di una persona malata, ma di una persona altamente condizionata da una società imbecille e, a volte, disumana.
Chi mi segue, dovrebbe sapere cosa gli ho risposto. Se fossi stato più fragile, sarei potuto diventare come lui, se non avessi incontrato persone che mi hanno fatto riflettere, magari sarei anche riuscito a non essere un “fallito”, ma avrei speso la mia vita a dimostrare quanto valevo, senza mai metabolizzare che chi deve dimostrare di valere, spesso non vale nulla.
Quando incontro una “persona di successo”, per capire se devo stimarla o no, me la immagino con me in una giornata come quella di ieri. Mi chiedo se reggerebbe almeno 5′ o se non preferirebbe trovare una scusa per abbandonare subito. Sono sicuro che il ragazzo della mail avrebbe retto, magari si sarebbe fanciullescamente divertito. Molti vip avrebbero fatto talmente pena che forse sarebbe stato più umano sparare a loro anziché al fagiano…
Essere ricchi, avere successo non serve a nulla se non hai tanto tempo per ciò che ami.
Per approfondire: Come aumentare l’autostima