Cosa si intende per “alimenti ultraelaborati”? In base alla classificazione NOVA, gli alimenti sono suddivisi in quattro gruppi in base al loro grado di elaborazione: alimenti lavorati poco o per niente, ingredienti da cucina, alimenti trasformati, alimenti ultraelaborati.
La categoria di alimenti “non lavorati o minimamente lavorati” comprende frutta, verdura, legumi, latte, uova, carne, pollame, pesce e frutti di mare, yogurt, cereali (riso bianco e pasta) e succo naturale. Il sale, lo zucchero, il miele, l’olio d’oliva, il burro e il lardo sono elencati nella categoria degli “ingredienti lavorati”, mentre i “cibi trasformati” includono formaggi, pane, birra, vino, prosciutto tradizionale stagionato e pancetta.
Gli alimenti ultraelaborati includono bibite dolci o dolcificate, bistecche vegetali ricostituiti con l’aggiunta di additivi, salsicce, maionese, patatine, caramelle, pasticceria e barrette di cioccolato, liquori, alimenti scaldati ad alta temperatura (per esempio una pizza preparata a 400 °C), alimenti troppo ricchi di sale ecc. Ciò che rende un cibo ultraelaborato è per esempio l’aggiunta di coloranti, conservanti, emulsionanti, dolcificanti. Di per sé, questi additivi magari non sono nocivi, ma la loro aggiunta indica chiaramente l’intenzione di ottenere un prodotto molto diverso da quello originale.
In altri termini,
un alimento ultraelaborato è un cibo che non entrerebbe mai nel piano alimentare di una sana alimentazione.
Nella ricerca pubblicata a fine maggio 2019 sul British Medical Journal (condotta da ricercatori francesi sui 105.000 soggetti adulti francesi, di cui il 79% di sesso femminile, con un’età media di 43 anni. appartenenti alla coorte francese NutriNet-Santé, monitorati tra il 2009 e il 2018) ha mostrato una correlazione fra l’impiego di questi alimenti e l’aumento del rischio di malattie cardiovascolari; già in precedenza altre ricerche avevano mostrato le associazioni tra il consumo di cibi ultraelaborati e il rischio di cancro, mortalità, sintomi depressivi e disturbi digestivi funzionali.
Anche in questo caso però analizzando i numeri, diventa molto difficile trasformare la correlazione in una causa. Infatti, un aumento assoluto del 10% degli alimenti ultraelaborati nella dieta è stato associato a un aumento del 12% del rischio di malattie cardiovascolari a livello globale (13% per malattia coronarica e 11% per malattie cerebrovascolari).
Non a caso anche le ricerche precedenti potevano avere un grande impatto emotivo, ma numericamente erano abbastanza simili a quella citata; per esempio, una ricerca pubblicata su Jama Internal Medicine (gennaio 2019) ha mostrato che a un aumento del 10% di cibi ultraelaborati nella dieta era associato un aumento della mortalità del 15% (per capirci, se un 65-enne ha in media una probabilità di morire nell’anno del 5%, con un aumento del 10% di cibi ultraelaborati tale probabilità arriva al 5,75%)
Il fatto che il rischio di morte per incidente cardiovascolare aumenti del 12% (attenzione al trucco delle percentuali relative) diventa veramente ininfluente nella ricerca di nessi causali perché non si può escludere (anzi, è molto probabile) che chi usi cibi ultraelaborati non sia comunque attento alla propria salute anche per altri fattori importanti; per esempio chi usa cibi ultraelaborati, spesso più appetibili e più calorici, è maggiormente incline al sovrappeso, condizione questa già legata certamente a un rischio maggiore di mortalità.
La riduzione dei cibi ultraelaborati è cioè uno dei fattori di interesse alla propria salute e uno dei fattori di una sana alimentazione e quindi di un buon stile di vita.