Lo sciopero generale ha sollevato molte polemiche. A prescindere da chi abbia ragione, è ormai evidente che il cosiddetto “sciopero generale” ha solo una valenza politica e spesso, come nel caso italiano, è frutto di una profonda irritazione per non essere al controllo del Paese.
Oggi lo sciopero generale non ha senso perché i tantissimi settori economici hanno problematiche talmente diverse che è assurdo pensare a una rivendicazione comune: di fatto lo sciopero generale boccia la politica economica del governo, ma così facendo rivela la sua partigianeria e diventa uno strumento di lotta politica.
Ormai lo sciopero ha senso solo se è settoriale (come quello delle tessitrici in Bangladesh o degli operai del settore auto negli USA), solo così ha una valenza sociale. Uno sciopero generale non farà altro che avvelenare il clima politico già decisamente teso e trasformerà gli schieramenti in soggetti che non potranno parlarsi perché di fatto non fanno che insultarsi. Che senso ha confrontarsi, dialogare, quando tu mi ritiene un imbecille, un incapace o, peggio, un soggetto eticamente discutibile?

Questa persona non si occupa di politica, ma odia il proprio lavoro. Secondo voi, aderirà allo sciopero?
Interessante poi la proclamazione dello sciopero al venerdì. Si tratta di un tentativo un po’ truffaldino di aggirare la regola della manifestazione: quando la minoranza è in difficoltà organizza una manifestazione dove porta magari un milione di persone in piazza e si autoreferenzia come maggiorana del Paese, senza notare che quelli che sono rimasti a casa sono molto di più. Nelle manifestazioni si può barare sui partecipanti, gonfiando un po’ le cifre, ma nulla più. Con lo sciopero generale al venerdì si “induce” allo sciopero anche chi semplicemente vuole fare un week-end lungo; esattamente quello che succede nelle scuole dove studenti per nulla politicizzati, ma con poca voglia di studiare, “aderiscono” per andare a zonzo.