Molti amici del sito continuano a invitarmi per le vacanze; anche quest’anno ho ricevuto diversi inviti che ho garbatamente declinato. Vorrei però utilizzare lo scenario per spiegare ancora una volta (questa è la riedizione completamente aggiornata di una pagina di qualche anno fa) come si possa salire al top esistenziale e come molti invece si accontentino della sufficienza.
Non viaggio molto? È vero, me lo dicono in tanti, molti dei quali mi invitano di qui e di là. Ma perché dovrei farlo? Ogni giorno ho intorno a me qualcosa di bellissimo da fare, qualcosa che mi mancherebbe se fossi a New York o a Roma. So benissimo che la mia opera e il sito decollerebbero se io andassi in giro per l’Italia, se stringessi contatti politicamente importanti, se mi facessi vedere di più. Ma mi peserebbe e diminuirebbe la qualità della mia vita.
Molti si chiederanno: ma possibile che non trovi un week-end, una settimana? In effetti qualcuna ce l’ho, ma uso sempre una strategia di priorità: se ho una settimana libera la passo con mia moglie e il mio cane dove posso giocare a scacchi; perché dovrei passarla su una magnifica isoletta delle Maldive dove mi annoierei a morte e dove il cane non ci arriva perché in aereo non lo vogliono?
Non a caso nel test sui sopravviventi ho inserito la domanda:
Vinci un viaggio di una settimana, ma devi partire fra due giorni.
La risposta meno da sopravviventi è: vendo il viaggio! Perché nei prossimi due giorni ho già tante cose da fare, cose irrinunciabili perché mi danno molto. Non a caso, non amo chi non progetta le proprie giornate e arriva sempre all’ultimo momento a proporre qualcosa, dando per scontato che l’altro sia libero.
La cosa che ho capito in questi ultimi anni dal confronto fra la mia vita e quella di altri è che molti non conoscono la leggenda. Ho già spiegato in altri punti cosa intendo, ma voglio farlo da un altro punto di vista.
Supponiamo che siate ricevuti da una persona che stimate moltissimo (per esempio siete fervidi credenti e vi riceve il papa); terreste acceso il cellulare e rispondereste (come il medico Verdone in Viaggi di nozze) a questo e a quello, all’amico che vi dice che deve essere operato di emorroidi, all’altro che non sa come organizzare il week-end oppure a quello che vi manda la sua ultima immagine davanti a una gigantesca porzione di cocomero (un momento toccante, di una poesia indicibile)? Penso proprio di no, perché dal vostro punto di vista state vivendo un momento da leggenda, indimenticabile.
Purtroppo accade che per la maggior parte delle persone i contatti non lavorativi al cellulare sottolineino l’assoluta banalità del momento che stanno vivendo, rivalutato dalle emorroidi dell’amico cui sono fraternamente vicini. Non ci provano neppure a trovare qualcosa
per cui valga la pena spegnere il cellulare.

Uno scorcio sulla campagna pavese
Questa è la leggenda. Si costruisce con un’intensità massima. Vi faccio un esempio di qualche anno fa: gita a Courmayeur con una coppia di amici. Gli amici non sono gente comune, sono brillanti. Il che equivale a una battuta a ogni passo che si fa, con la gita che diventa uno sketch continuo, con l’ironia e l’autorironia che alimentano i sorrisi come un buon combustibile alimenta un fuoco caldo e invitante.
Arriviamo alla stanga di partenza del percorso, parcheggiamo e partiamo. Siamo in compagnia di decine di persone, evidentemente il percorso “merita”. Anche Dolly ne è convinta appena legge (in realtà sono io che le traduco il significato nel nostro linguaggio: un cenno affermativo del capo e un “qui c’è!”) che quella è la zona di tutela del fagiano di monte.
I bastoni no!
Nonostante le battute sulla mia veneranda età, incominciamo a superare gente, la maggior parte delle quali ha l’apparenza del vero montanaro con scarponcini tecnici che fanno impallidire le nostre scarpe da running e gli immancabili bastoni. Già, avete notato quanta gente va in montagna con quegli inutili bastoni, che di solito si limita ad appoggiare al terreno, senza minimamente usarli come spinta? Però il bastone dà dignità, li fa apparire congrui con il paesaggio, talmente congrui e coerenti che nemmeno l’Agenzia delle Entrate oserebbe mandare un accertamento sulle loro reali condizioni fisiche. Ben presto ci convinciamo che i bastoni sono il surrogato del bastone del vecchio, ma se ti serve un bastone, perché usarne addirittura due?
Qualcuno addirittura sale (sale per modo di dire perché la pendenza è talmente modesta che il percorso potrebbe essere usato anche per la gita dell’ospizio) con la bici elettrica, l’ultima trovata per far finta di essere ancora vivi.
Oltre il lago
Va beh, non siamo troppo cattivi. Finalmente si arriva al lago Combal, con Dolly che ancora si chiede dove siano tutti i fagiani di monte. Lì, davanti alla segnaletica gialla, si compiono moltissimi drammi esistenziali; la stragrande maggioranza dei gitanti cede alle lusinghe dell’opportuno bar ristorante, prima di tornare al loro albergo, sfiniti per la massacrante escursione. A questo punto dovreste aver capito la differenza fra piacevole (qualcosa di positivo che tutto sommato non resta indelebile nella mente) e la leggenda. La leggenda sarebbe il rifugio Elisabetta, un’ora più avanti.
Si prosegue, ma di fagiani di monte nessuna traccia, solo marmotte che fanno impazzire Dolly, irridendola con la fuga nelle loro tane. Arriviamo al rifugio, ma ci sono ancora cartelli gialli che indicano una casermetta, a un’altra ora di distanza. Come non andarci? Ormai sembra di essere espatriati, perché i pochi che incontriamo sono tutti stranieri, tedeschi, francesi, inglesi. Ci vorrebbe una digressione sulla coscienza sportiva dei nostri connazionali, ma sarà oggetto di una nuova nota.
Nella truppa c’è qualche crepa con Dolly che, senza fagiani, si sente ingannata e con Claudia (mia moglie) che vorrebbe sapere dove andremo a finire; con le parole giuste ricompattiamo i ranghi e procediamo arrivando al limite della neve. Certo, potevo accettare l’invito dell’amico siciliano e gustarmi una granita in centro a Palermo, comodamente seduto, ma sicuramente non sarebbe stata così buona come la neve assaggiata qui.
Arriviamo alla casermetta, dove sembra finire il nostro viaggio. C’è l’ultimo cartello giallo, ma la truppa sembra ormai appagata e dopo un veloce spuntino si sarebbe lì lì per tornare; la fazione degli irriducibili trova un inatteso alleato nella guida alpina che nella casermetta spiega ai turisti le bellezze del posto. Inaspettatamente, con la strategia della vergogna dà nuove motivazioni alle fazioni più stanche del nostro esercito: “il confine francese è a soli 15 minuti, non vorrete certo fermarvi qui?”. Messa così, non si può rinunciare e dopo un’altra salita ecco il cippo del confine sulla sommità di un nevaio che mette a dura prova le nostre scarpe da running. Il paesaggio ti fa penetrare la libertà dell’altezza nelle ossa e scrive il diairio della giornata nelle nostre menti; pure senza fagiani di monte, anche Dolly concorda che la giornata è stata speciale, indimenticabile; del resto gli innamorati non cercano di scrivere in modo indelebile il loro amore sul tronco di un albero o sulla panchina dei loro baci?
Capita la differenza fra piacevole e leggenda? Molti si sorprendono di come ricordi i tempi di gare fatte anni prima oppure ricordi tutti i fagiani di una stagione. Molti si sorprendono che dopo una partita a scacchi il maestro possa ricostruire tutta la partita: non è questione di memoria (visto che spesso non ricorda i nomi di persone che non gli interessano), è che lui “vive” la partita, mentre il dilettante “sopravvive” alla piacevole partita con l’amico.
Quindi non offendetevi se declino gli inviti, sicuramente forieri di una piacevole vacanza, ma al piacevole preferisco il super. Se hai bisogno di andare alle Maldive per sentirti speciale, beh, forse la vita che hai è a due stelle e non è certo una settimana a cinque stelle che la rivaluta. Io dalla mia casa di San Martino Siccomario vedo paesaggi incredibili, ricordo giornate fantastiche al di là della roggia che costeggia il mio giardino, faccio ogni giorno cose a cui mi costerebbe molto rinunciare.