Il legame fra alimentazione e sport è spesso sovrastimato, almeno questa è l’impressione che si ricava dalle tante mail che ci giungono sull’argomento. In questo articolo, utilizzando i risultati più recenti della ricerca, vediamo di fissare, quindi, una volta per tutte, le regole che legano questi due fattori del buon stile di vita. 1) Per lo sportivo non esiste il modello alimentare per eccellenza. Basta una sana ed equilibrata alimentazione. Non hanno pregio le solite considerazioni del tipo che Tizio è arrivato all’oro olimpico seguendo il tal modello alimentare. Se si considerano i campioni olimpici e mondiali si scopre che seguono tanti modelli alimentari diversi. Ciò significa che esistono top runner (il concetto è comunque valido anche per altre attività sportive) che mangiano mediterraneo, altri che si nutrono a zona o in modo iperproteico, altri che hanno un’alimentazione orientata all’ovolatteovegetariano ecc. Questa è la migliore conferma che una posizione equilibrata come quella della dieta italiana è la più realistica possibile. Purtroppo, nell’ansia di un miglioramento spesso impossibile, l’atleta sposa un certo regime alimentare, sicuro che questo lo porterà ai massimi vertici. Nella prima fase lavora in modo maniacale su dettagli spesso insignificanti come qualche grammo di proteine in più o in meno, poi, o evolve verso una visione più equilibrata e un’educazione alimentare, oppure rimane invischiato in considerazioni inutili e astratte. 2) Non si deve mangiare oltre il dovuto solo perché si teme di non avere energie o di avere carenze vitaminiche.
Poiché le reazioni che producono energia coinvolgono centinaia di sostanze è ottimistico (per usare un termine non offensivo) sperare che, fornendo tanta sostanza X, si possa avere più energia. Poiché X è legata a Y, Z, K, ecc.; se le sostanze Y, Z, K sono in quantità normale è inutile fornire X in megadose. È per questo motivo che cibi specifici non funzionano. Questo punto è importante perché rende evidente che l’alimentazione e l’integrazione sono importanti solo se c’è carenza accertata (come nel caso di una maratona corsa sotto il sole, dove c’è carenza accertata di acqua! Carenza che invece è solo supposta per una corsettina di 30′ nel parco!). E le carenze sono molto rare perché in genere provocano sintomi che non consentono una prestazione sportiva (per esempio le carenze vitaminiche provocano patologie abbastanza gravi e riconoscibili). Assumere acqua e zucchero prima di una prova (a prescindere da considerazioni sul tipo di carboidrato assunto, lo zucchero) non può essere interessante (a parte l’effetto scaramantico) perché si dà per scontato che l’atleta arrivi con scorte di carboidrati (scorte che comunque non si possono aumentare oltre una certa quantità) sufficienti a sostenere per lo meno l’impegno di un’ora. Idem sui pomodori secchi: sono ricchi di potassio, ma se il soggetto fosse carente di potassio avrebbe addirittura problemi cardiaci.
3) Una sana alimentazione deve fornire la giusta dose di calorie e la giusta ripartizione di macronutrienti, soprattutto la giusta dose di proteine.
In quanto sana, sicuramente sono soddisfatti tutti i vincoli di base circa i micronutrienti; se il soggetto pratica agonismo intensamente o ha una certa età si può pensare all’uso di un’alimentazione più nutraceutica o all’uso di particolari integratori.
Per quanto concerne le calorie è importante da un lato non eccedere (il grasso serve in pochissimi sport), ma è importante anche non seguire modelli ipocalorici; ogni sportivo dovrebbe conoscere il suo esatto fabbisogno calorico.
Dal momento che il consumo calorico quotidiano dipende dalla quantità di calorie bruciate con l’attività fisica, è di fondamentale importanza sapere come fare a calcolare i consumi calorici relativi a quest’ultima. Per quanto riguarda la corsa (una delle attività sportive migliori per il mantenimento del peso o per il dimagramento) è necessario premettere che il consumo, checché molti siano portati a ritenere il contrario, non dipende dalla velocità alla quale si corre.
Esiste una formula di facile comprensione e rapida applicazione che può aiutarci a determinare i consumi del running. Tale formula sfrutta la cosiddetta approssimazione di Margaria che quantifica in 1 kcal il consumo per ogni kg di peso e per ogni km percorso. Quindi, per calcolare il consumo della corsa in kcal (lo chiameremo C) sono sufficienti tre dati: peso del soggetto in kg (P), distanza percorsa in km (d) ed efficienza della corsa (k); l’efficienza della corsa è una costante che varia da individuo a individuo e oscilla tra 0,8 e 1,2; utilizzando la citata approssimazione di Margaria si può attribuire a k il valore di 1. A questo punto, per determinare il consumo della corsa è sufficiente eseguire la moltiplicazione seguente: C=P*d*k (o, più semplicemente C*d, dal momento che k è uguale all’unità). Esempio: un soggetto di 70 kg che corra per 10 km consuma 700 kcal (70*10). Per approfondimenti si rimanda alla lettura dei seguenti articoli: Calorie e sport e Corsa: consumi energetici.
Per quanto riguarda le proteine è importante non eccedere. Se si assumono troppe proteine, infatti, quelle in eccesso vengono trasformate in grassi di deposito e le scorie sono eliminate come urea con sovraccarico del rene che deve purificare il sangue dall’urea per la sua successiva eliminazione con le urine.
Sul fabbisogno proteico di un sedentario i vari autori sono sostanzialmente concordi: per un adulto è di 0,83 g di proteine per kg di peso corporeo, secondo la formula FP=0,83*P.
Le cose cambiano quando si introduce una correzione per l’attività sportiva o lavorativa. Uno studio relativamente recente ha indicato che, per esempio, per i body builder, l’integrazione corretta per mantenere l’equilibrio dovrebbe essere di 1,2 g per kg di peso, mentre per gli atleti di fondo di 1,6 g. Approfondimenti sull’argomento sono reperibili nel nostro articolo Proteine, paragrafo Il fabbisogno proteico.
4) Dai primi tre punti risulta chiaro che l’atleta non deve cercare l’alimentazione che lo mandi in paradiso, ma deve soprattutto evitare quella che lo manda all’inferno!
Ecco perché la dieta italiana è importante! Perché rivoluziona il modo di pensare il rapporto fra alimentazione e sport. Se pensiamo anche alla considerazione finale del punto a), è chiaro che:
non si deve cercare cosa mangiare per andare più forte, ma cosa si deve evitare per non peggiorare il proprio stato fisico!
Quanti sono gli sportivi che prendono ottimisticamente integratori e poi non leggono le etichette dei cibi e scelgono per esempio quelli con grassi vegetali idrogenati o con margarina (e quelli con oli vegetali o grasso vegetale nelle prime posizioni). Sono sostanze che ingannano le membrane cellulari e provocano un peggioramento delle loro prestazioni. Poiché le membrane sono fondamentali nei processi fisiologici è chiaro che un atleta non può permettersi di mangiare a colazione biscotti contenenti margarina o farsi servire in un fast food un bel piatto di patatine fritte con olio di colza raffinato e parzialmente idrogenato.
5) Troppi sportivi danno un’eccessiva importanza a mangiare prima dello sforzo per “avere energie”. Se si considera che i tempi di digestione possono essere molto lunghi (anche ore) si capisce che il cibo assunto poco prima dell’attività fisica non andrà a finire in energia che quando lo sforzo sarà terminato! E lo sforzo risulterà penalizzato dalla digestione in corso.
Approfondimenti sull’argomento sono reperibili nel nostro articolo: Pasto pregara.

Per chi pratica sport non esiste il modello alimentare per eccellenza, è sufficiente una sana ed equilibrata alimentazione
Alimentazione e sport: mangiare male
Piuttosto che raggiungere la perfezione alimentare è quindi importante capire quando si mangia male.
Due sono le condizioni che identificano chi mangia male:
- a) peso forma non corretto
- b) glicemia alta
A queste occorrerebbe aggiungere anche le altre due condizioni:
- c) trigliceridi alti
- d) indice di rischio cardiovascolare (colesterolo totale/colesterolo buono HDL) superiore a 5.
In realtà, la pratica dimostra che se si fa sport in modo serio e non sono verificati i punti a) e b), è praticamente impossibile (cioè qualunque schifezza si mangi) ricadere in c) e d). Questo è un concetto molto importante che sfugge a buona parte della classe medica.
ERRORE MADORNALE – “Lei deve mangiare meno grassi, niente uova ecc. ecc.”.
POSIZIONE CORRETTA – “Lei deve seguire un regime ipocalorico, dimagrire di x kg e fare sport”.
Venendo ai due punti incriminati, per il primo rimandiamo all’articolo Peso e corsa, mentre per il secondo è ovviamente importante che il soggetto abbia una ripartizione dei macronutrienti corretta. Per una trattazione completa rimandiamo alla dieta italiana (teoria). Qui basti dire che si può parlare di tre condizioni, sedentario, sportivo e supersportivo. Ovviamente si tratta di condizioni difficili da codificare* se non si considera la fattispecie. Per questo la regola 14 della dieta italiana lascia una certa libertà:
(14) La ripartizione giornaliera ideale – Carboidrati: minimo 45%, Proteine: minimo 15%, Grassi: minimo 25%. Il restante 15% deve essere personalizzato in base al grado di sedentarietà del soggetto.
I protein burner (cioè coloro che normalmente hanno già una glicemia inferiore a 80) possono avere un 5-8% di proteine in più; la relativa quota va tolta dai grassi.

In molte palestre si spinge spesso su un’alimentazione basata su diete iperproteiche e ipercaloriche
Gli errori da evitare
1) Assumere troppe calorie (obiettivo A)
Può sembrare banale, ma è l’errore più grave. È per esempio assurdo vedere runner in sovrappeso che dopo l’allenamento assumono integratori a base di carboidrati o calorici reintegratori salini per “recuperare prima”.
2) Non mangiare dopo l’allenamento (B)
Mentre è molto difficile che il runner non assuma la quantità corretta di carboidrati (di solito ne assume troppi, ricadendo nell’errore 1), è abbastanza frequente che commetta errori circa le modalità di assunzione. Non mangiare dopo l’allenamento rende più difficile la ricostruzione delle scorte di glicogeno. La ricerca dimostra che i tassi più elevati di risintesi del glicogeno si hanno infatti in individui che assumono carboidrati nelle due ore successive all’attività. Se non ci si nutre nelle prime due ore i tassi di ricostituzione del glicogeno saranno decisamente più bassi. Non è però il caso di usare integratori, basta la normale alimentazione.
3) Assumere troppi carboidrati (A e B). Se si assumono troppi carboidrati inevitabilmente si finirà per eccedere con le calorie (per esempio un’eccessiva integrazione premaratona si trasforma solo in un inutile aumento di peso corporeo). Se si assumono nell’immediato pregara di una gara su una distanza breve (fino a 15 km) non si farà altro che bloccare il rilascio del glicogeno, fatto non compensato dall’incremento di glucosio circolante. Per gare brevi il runner ha già tutta l’energia che gli serve, deve solo usarla.
4) Assumere sempre carboidrati con indice glicemico troppo basso (B)
I cibi con alto indice glicemico sono stati demonizzati da ricerche che hanno confuso il ruolo dell’insulina, ritenendolo sempre negativo. Se ciò è vero a scorte di glicogeno ripristinate, è invece scorretto nel dopo gara o nel dopo allenamento. Frutta e verdura non sono perciò alimenti preferenziali rispetto a pasta, pane, pizza, come il fruttosio non è preferenziale rispetto a zucchero e miele: dipende da quando si assumono i carboidrati. Lontano dalle gare e dagli allenamenti impegnativi è meglio moderare il carico glicemico (nota: il concetto di indice glicemico è stato più correttamente sostituito da quello di carico glicemico che è il prodotto dell’indice per la quantità di alimento assunta), mentre dopo una gara o un allenamento è meglio usare cibi ad alto indice glicemico con un carico glicemico complessivo non minimale.
5) Assumere poche proteine (C)
Di solito il runner non è solito seguire diete decisamente iperproteiche o integrazioni alla body builder di proteine. Il problema è opposto: un’alimentazione troppo povera di proteine (inferiori al 15%) rende difficile la ricostruzione muscolare dopo lo sforzo e non insegna al corpo a utilizzare le proteine come supporto energetico (protein burning). È abbastanza inutile seguire una dieta ipoproteica e fare uso di integratori; a prescindere dalla qualità degli stessi (spesso non eccelsa e comunque variabile nel tempo, essendo il valore biologico massimo quanto più il prodotto è fresco), è molto complesso ricostruire perfettamente lo spettro proteico ottimale.
6) Assumere pochi grassi (A e B)
Basato sul concetto errato che per dimagrire basta limitare i grassi, questo errore rende difficile (soprattutto per chi ha il metabolismo rallentato dall’età) limitare le calorie perché i grassi sono un alimento molto saziante. Inoltre limitare i grassi significa avere come fonte prioritaria di energia i carboidrati che vengono sprecati anche per attività a bassa intensità. La percentuale di grassi non dovrebbe scendere sotto al 20%.
7) Usare a sproposito integratori salini (A)
Si veda l’articolo sugli integratori salini.
* Per sportivo si intende chi si allena da 3 a 6 ore alla settimana (tempo reale di esercizio). Per supersportivo chi supera tale tempo (per esempio un maratoneta, un ciclista o un triathleta).