Ipnosi è una parola di origine greca (hypnos significa sonno) che fu introdotta nella prima metà del secolo XIX da James Braid, un chirurgo scozzese da molti considerato come il padre dell’ipnotismo. Braid utilizzò questa terminologia a motivo delle varie analogie che, in quell’epoca, sembravano esserci fra le manifestazioni del sonno fisiologico e quelle che si registravano in quella particolare condizione che si riteneva venisse indotta dai cosiddetti magnetizzatori.
Quel che è certo è che ipnosi è uno dei termini che tuttora restano avvolti da un alone di mistero perché, originariamente nati con sfumature magiche o irrazionali, si sono poi evoluti attraverso uno sforzo scientifico. Il risultato è che l’originario significato sembra ora suffragato da ricerche degne di considerazione. La stragrande maggioranza delle volte non è però così. Nel caso dell’ipnosi, l’originaria accezione del termine è stata talmente modificata dall’evoluzione scientifica che sarebbe necessario coniare nuove terminologie, anziché attribuire all’ipnosi aggettivi più o meno comprensibili (ipnosi regressiva, ipnosi evolutiva ecc.) al termine originario.
È opportuno innanzitutto ricordare la differenza fra ipnosi e ipnotismo; con il primo termine si fa riferimento a una condizione psicofisiologica particolare (trance), con il secondo si fa riferimento alla metodica e alle tecniche l’ipnotista utilizza per poter realizzare l’ipnosi.
Esistono numerose definizioni di ipnosi; secondo il significato comune è quello stato di trance in cui cade un soggetto a seguito di opportune operazioni da parte di un ipnotizzatore (anche ipnotista).
Una delle prime definizioni su base scientifica è stata quella di Milton H. Erickson (1901-1980), uno psichiatra statunitense che deve la sua notevole fama proprio ai suoi studi sull’ipnosi clinica; Erickson, infatti, è ritenuto essere uno dei più importanti ipnoterapeuti del XX secolo (l’ipnositerapia, da non confondere con l’ipnoterapia, è l’applicazione dell’ipnosi in campo terapeutico). Erickson, autore di decine e decine di ricerche sull’argomento, definì l’ipnosi come un comportamento complesso e insolito, ma comunque normale che, in determinate condizioni, potrebbe essere sviluppato da chiunque, anche da coloro affetti da problemi di salute.
La disciplina è studiata ormai da secoli, ma sono soltanto pochi decenni che, pur senza l’accordo generale, è stata introdotta nell’ambiente medico (negli ambiti psicoterapeutico, del controllo del dolore, del trattamento di disturbi a carattere psicosomatico, della cura delle nevrosi e della correzione e rimozioni di disturbi comportamentali).
In Francia, grazie a Franz Anton Mesmer (1734-1815), un medico e filosofo tedesco, l’ipnosi divenne un fenomeno culturale di massa; Mesmer riuscì a conquistare i favori della Parigi aristocratica e della corte parigina, ma il successo ebbe vita breve in quanto le sue teorie furono fortemente osteggiate dagli scienziati dell’epoca.
Anche colui che è considerato come il padre della psicanalisi, il celeberrimo Sigmund Freud, si è interessato all’ipnotismo e lo utilizzò per trattare l’isteria, ma in seguito abbandonò questo metodo ritenendolo non efficace per gli scopi che egli si proponeva.
Alle soglie del 1900, per l’esattezza nel 1889, fu organizzato il primo congresso internazionale di ipnotismo, al quale presero parte moltissimi medici e psicanalisti.
Ipnosi medica
Attualmente, da un punto di vista legale, l’ipnosi, quale intervento di tipo sanitario, può essere praticata soltanto da coloro che sono abilitati all’esercizio di una professione sanitaria.
L’ipnosi medica (o clinica) è una tecnica con la quale il medico induce nel paziente uno stato di coscienza modificato (il cosiddetto stato ipnotico, una sorta di condizione di dormiveglia) allo scopo trattare determinati disturbi e ridurre le sensazioni dolorose.
Attraverso delle associazioni e/o suggerimenti di vario tipo, lo specialista aiuta il soggetto a capire, accettare e gestire quelle situazioni che gli causano sofferenza.
Va precisato quindi che lo scopo dell’intervento non è quello di curare una malattia, bensì far sì che essa sia meno dolorosa e debilitante; in altri termini se ne vuole ridurre l’impatto negativo sull’organismo.
Secondo J. Benhaiem l’ipnosi clinica è utile “ogni volta che una persona vive male ciò che gli succede. Può aiutare a vivere un momento difficile”. In altri termini, si tratta di una tecnica che aiuta il paziente a vivere meglio la propria patologia, la cui cura è demandata ad altre tipologie di trattamento. Si parte quindi dal presupposto che l’impatto di una malattia può essere decisamente peggiore se peggiore è la reazione del soggetto nei suoi confronti. Fondamentale, ovviamente, per la riuscita delle sedute è la “voglia di partecipazione” del paziente, l’apertura del suo atteggiamento nei confronti di questa pratica.
L’ipnosi medica viene consigliata nel trattamento dei dolori acuti legati ad altre terapie, al parto, alle punture, a esami clinici fastidiosi e/o dolorosi (colonscopia, gastroscopia ecc) . Sono molti anche coloro che vi ricorrono per alleviare i dolori cronici legati a condizioni patologiche quali lombalgie croniche, emicrania ecc.

Attualmente, da un punto di vista legale, l’ipnosi, quale intervento di tipo sanitario, può essere praticata soltanto da coloro che sono abilitati all’esercizio di una professione sanitaria.
Vi sono poi coloro che ricorrono all’effetto anestetizzante dell’ipnosi nel caso di piccoli interventi di chirurgia e odontoiatria.
Alcuni autori suggeriscono che un’interessante applicazione dell’ipnosi sarebbe quella del trattamento nel dolore derivante dalle terapie chemioterapiche e da interventi chirurgici invasivi. Viene inoltre suggerita per ridurre lo stress pre-operatorio.
L’ipnotismo è una metodica utilizzata da alcuni anche nel caso dei cosiddetti “interventi palliativi”.
L’ipnotismo è inoltre uno dei metodi consigliati a chi vuole smettere di fumare o di bere; è una pratica che sta riscuotendo un grande successo negli USA e in Gran Bretagna. Altri suggerimenti sono relativi al trattamento dei disturbi d’ansia e dei disturbi del comportamento alimentare.
Chi pratica l’ipnosi medica tende a distinguerla, sia clinicamente che eticamente da altre tipologie di ipnosi affermando che alla base di questa metodica vi sono precise conoscenze della neurofisiologia e della biochimica del cervello e dell’organismo umano.
Secondo alcuni studi l’efficacia è irrilevante, secondo altri arriverebbe al 60%; difficile dire se i vantati successi sono solo attribuibili all’effetto fuga (il paziente non si fa più sentire e il terapeuta lo annovera ottimisticamente fra i suoi successi).
Nota – Jean-Marc Benhaiem è medico presso il Centro di terapia del dolore dell’ospedale Ambroise-Paré di Parigi. Pratica l’ipnosi fin dai primi anni ’80 del secolo scorso e ha istituito il Diploma universitario di ipnosi medica.
Alcune considerazioni sull’ipnosi “classica”
Sicuramente ognuno di noi ha visto all’opera un ipnotizzatore, se non in uno spettacolo dal vivo, almeno in un film o in telefilm che spacciava l’ipnosi come fenomeno credibile e reale.
Occorre subito dire che l’ipnosi scientifica attuale è rappresentata da diverse correnti che hanno il compito di riportare l’inconscio a uno stato di normalità, rievocando, comprendendo ed elaborando il passato rimosso, nonché di rimetterlo al passo con il normale processo evolutivo dell’individuo. Non sono queste correnti lo scopo di questo paragrafo, quanto l’indagine se ci sia qualcosa di vero nell’ipnosi “classica”, quella in cui il soggetto in stato di trance è “in balia” dell’ipnotizzatore.
Secondo le evidenze scientifiche:
- non è assolutamente possibile ipnotizzare un soggetto senza la sua collaborazione;
- perché l’ipnosi abbia luogo è cioè necessario un accordo implicito tra ipnotizzatore e ipnotizzato, per cui lo stato di trance è comunque in parte conseguente alla volontà del soggetto;
- l’ipnosi è basata su una serie di tecniche di suggestione e di convinzione;
- non è possibile far rivivere automaticamente alla persona ipnotizzata ricordi passati.
Il risvolto pratico dei quattro punti sopraesposti è che attualmente i vari fenomeni descrivibili come ipnotici possano essere raggruppati secondo quella che Paul Watzlawick (1921-2007) definì “ipnosi senza trance”, cioè una situazione comunicativa in cui è presente un’elevata suggestionabilità, derivante dalla persuasione, dal controllo dell’attenzione e dall’inganno (Watzlawick non esitò a servirsi del paragone con le tecniche di prestigiatori e di borseggiatori).
Per chi non fosse convinto di quanto detto, basta applicare il Ma se… Se fosse possibile ipnotizzare veramente le persone in senso classico, la polizia potrebbe servirsi dell’ipnosi (in alternativa alla macchina della verità o di altri metodi rivelatisi fallimentari) per conoscere la verità su crimini irrisolti, ricostruendo fatti, trovando oggetti mancanti o persone scomparse ecc.