Alzheimer (morbo di)
Gravissima patologia neurodegenerativa che deve il nome al neuropatologo Alois Alzheimer che all’inizio del XX sec. ne descrisse per primo le caratteristiche. Il morbo di Alzheimer è causa di una grave degenerazione del tessuto cerebrale; il processo è lento, ma sfortunatamente è progressivo e inarrestabile. La malattia provoca la perdita delle capacità intellettive, con conseguente grave menomazione della vita sociale e affettiva.
Tipico dell’età avanzata, ne è colpita circa la metà delle persone oltre gli 85 anni. Il morbo di Alzheimer a insorgenza precoce è piuttosto raro; insorge solitamente nell’arco di tempo che va dai 30 ai 65 anni.
A tutt’oggi, le cause della malattia restano sconosciute. Sono stati identificati però fattori che sembrano essere predisponenti; fra questi i più comuni sono l’età, il sesso (le donne hanno probabilità lievemente superiori di sviluppare la malattia), la genetica e la storia familiare.
I sintomi iniziali sono decadimento mnemonico, turbe dell’orientamento e perdita delle capacità cognitive e il morbo è caratterizzato da una progressiva necrotizzazione delle cellule cerebrali corticali, con lesione dei centri preposti al pensiero (ippocampo) e al raziocinio (corteccia).
Una diagnosi certa di morbo di Alzheimer è, a tutt’oggi impossibile in vita; è quindi più corretto parlare di probabilità o di possibilità di malattia. La certezza diagnostica infatti è possibile solo dopo l’autopsia che, nel caso di Alzheimer, rileverà la presenza di placche amiloidi nel tessuto cerebrale. Quando si sospetta la presenza della patologia è comunque possibile avvalersi di alcuni test clinici, di tipo neuropsicologico o radiodiagnostici (TAC cerebrale), soprattutto per escludere la presenza di altre patologie che possono dare sintomatologia simile a quella che si registra per il morbo di Alzheimer.
Attualmente non esiste una cura della malattia. I farmaci, se somministrati ai primi stadi, ne rallentano la progressione.
Amnesia
Alterazione che provoca una parziale o completa incapacità nel ricordare avvenimenti passati; viene classificata quindi fra i cosiddetti disturbi della memoria.
In base alla dimensione temporale possiamo distinguere fra amnesia anterograda e amnesia retrograda.
Si parla di amnesia anterograda quando il soggetto non è in grado di ricordare eventi che si sono verificati prima di un trauma (per esempio un grave incidente stradale) o di una patologia.
Con amnesia retrograda ci si riferisce alla difficoltà o all’incapacità del soggetto di ricordare eventi o informazioni immagazzinate dal momento in cui si è verificato l’evento traumatico o si è avuto l’esordio della patologia scatenante; generalmente il soggetto è incapace di ricordare eventi avvenuti in tempi recenti, mentre la memoria relativa ad accadimenti passati è generalmente buona. Può essere relativa sia alla cosiddetta memoria a breve termine che alla memoria lungo termine.
Le amnesie relative alla memoria a breve termine sono quasi sempre associate a qualche altro tipo di disturbo (per esempio disturbi mentali o dell’apprendimento), mentre le amnesie relative alla memoria a lungo termine sono un problema abbastanza diffuso nella popolazione.
L’amnesia globale è un quadro clinico severo nel quale si riscontrano sia l’amnesia anterograda che l’amnesia retrograda; di fatto si verifica la perdita dei ricordi di vecchia data e non si è in grado di assumerne di nuovi. Le cause possono essere molteplici (fortissimi stress, gravi eventi patologici ecc.). Può essere transitoria o stabile.
Aneurisma cerebrale
Dilatazione circoscritta dei vasi arteriosi intracranici. La dilatazione, in genere sacciforme, deriva da uno sfiancamento progressivo di una piccola parte della parete dell’arteria, nel punto in cui viene a mancare la lamina elastica interna. Nel tratto dove si è venuto a formare un aneurisma, la parete arteriosa è più sottile del normale e conseguentemente molto più fragile; questa fragilità aumenta decisamente il rischio che l’arteria vada incontro a rotture.
L’aneurisma cerebrale è un evento relativamente poco frequente (circa un caso ogni 10.000 persone); raramente si manifesta durante la prima decade di vita. In circa un terzo dei casi dei casi l’esito è fatale; un altro terzo dei soggetti muore entro breve tempo o comunque sopravvive riportando gravi deficit; il rimanente terzo sopravvive senza riportare alcuna conseguenza o comunque con deficit di poco conto.
Predisposizioni familiari a parte (invero rare), sono numerosi i fattori secondari scatenanti; fra i più importanti ricordiamo l’ipertensione arteriosa, l’abuso di alcolici e superalcolici, l’uso di sostanze stupefacenti, infiammazioni cerebrali, gravi traumi cranici ecc.
Spesso gli aneurismi sono asintomatici. La sintomatologia diviene invece importante nel caso di rottura della sacca aneurismatica che solitamente si verifica improvvisamente e senza sintomi premonitori; tra i vari sintomi e segni ricordiamo la cefalea, disturbi a livello visivo, convulsioni, problemi nella deambulazione e disturbi del linguaggio.
Non sempre la scoperta di un aneurisma avviene dopo la sua rottura; in alcuni casi, infatti, lo si individua durante l’esecuzione di esami diagnostici eseguiti per altri motivi.
Nel caso si sospetti la presenza di un aneurisma intracranico si dovranno eseguire specifici accertamenti fra cui TAC encefalica e angiografia encefalica (necessaria per la certezza diagnostica).
La terapia specifica per il trattamento dell’aneurisma è comunque il trattamento microchirurgico il cui scopo è quello di escludere la sacca dell’aneurisma dalla circolazione arteriosa.
Attacco ischemico transitorio (TIA)
Deficit neurologico caratterizzato da temporaneità e reversibilità; è provocato da una riduzione transitoria dell’afflusso di sangue al cervello.
Un attacco ischemico transitorio ha molto in comune con l’ictus cerebrale; la differenza sostanziale è che nel primo il danno neurologico non è permanente, ma transitorio e reversibile.
Nella gran parte dei casi, i TIA sono provocati da processi arteriosclerotici a carico delle carotidi e/o delle arterie cerebrali. I principali fattori di rischio sono rappresentati da ipertensione arteriosa, diabete, familiarità, fumo di sigaretta ecc.
Fra i segni e i sintomi che si registrano più comunemente in caso di TIA vanno ricordati i disturbi del linguaggio, la perdita temporanea (pochi secondi) della vista, formicoli a livello di arti superiori e/o inferiori, sonnolenza, vertigini, bocca storta ecc.
La diagnosi è quasi sempre anamnestica; il medico, infatti, può diagnosticare un TIA basandosi solo su quanto riferito dal paziente.
Cefalea ed emicrania
La cefalea è uno dei più diffusi disturbi a livello mondiale. Il termine cefalea è piuttosto generico e con esso si fa riferimento a un quadro doloroso a carico della testa le cui cause possono essere le più varie.
Fra le forme di cefalea più importanti va ricordata l’emicrania, un disturbo particolarmente diffuso; la sua incidenza varia in base al sesso (l’80% dei casi riguarda soggetti di sesso femminile) e all’età (la fascia maggiormente interessata dall’emicrania è quella che va dai 20 ai 50 anni).
Esistono due tipi di terapia per l’emicrania: terapia acuta (anche terapia abortiva) e terapia preventiva. Entrambe prevedono l’assunzione di farmaci.
La terapia acuta consiste nell’assumere farmaci ad azione antidolorifica durante l’attacco doloroso e agiscono interrompendo la sintomatologia in corso; la terapia preventiva consiste invece nell’assunzione regolare di farmaci allo scopo di ridurre la gravità e la frequenza degli attacchi.
Coma
Stato dell’organismo causato dalla distruzione traumatica di aree della corteccia cerebrale o del tronco encefalico, caratterizzata da limitata capacità di risposta alle stimolazioni esterne. Le cause possono essere diverse. Esistono diverse forme di coma, a secondo delle capacità residue di reazione e del livello di coscienza; il coma vigile precede una riduzione di responsività agli stimoli; il coma normale o semicoma è caratterizzato da perdita di coscienza; il coma profondo precede la perdita totale di risposta agli stimoli con inizio dell’alterazione delle funzioni vegetative; nel coma dépassé, o morte cerebrale, si ha una compromissione delle funzioni ed è totale e irreversibile.
Corea
Còrea è un termine generico con il quale si fa riferimento a diversi tipi di patologie che inducono nei pazienti movimenti improvvisi e involontari del corpo; assenti durante il sonno vengono acuiti da freddo, fatica ed emozioni. Accanto a forme diffuse (corea di Sydenham e corea di Huntington), ne esistono altre molto rare.
La corea di Huntington è una gravissima malattia degenerativa che insorge in età adulta. È causata da atrofia e degenerazione dei gangli della base e della corteccia cerebrale con iperproduzione di dopamina.
La corea di Sydenham (detta anche ballo di San Vito o corea infettiva o reumatica) è un’encefalite che compare in soggetti con patologie reumatiche, passate o presenti, di solito nell’infanzia. Guarisce in pochi mesi, spesso con postumi come tic, tremori, labilità emotiva ecc. Possibili le ricadute e le recidive, specialmente in gravidanza.
Manuale di cultura generale – Medicina – Disturbi e patologie neurologici (A-C) – Continua