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Multimedialità

La moderna informatica ci ha abituato alla visualizzazione dei dati in forma grafica, per esempio alla visualizzazione di file di testo con icone raffiguranti dei fogli, directory come cartelle, file audio con icone di altoparlanti ecc.

Accanto a queste semplici applicazioni di interfaccia, vi sono programmi più complessi di grafica computerizzata, dalla realtà virtuale 3D ai videogiochi.

La grafica può essere vista come una parte dell’aspetto multimediale della moderna informatica, in cui la rappresentazione delle informazioni viene fatta usando più di un mezzo di rappresentazione (testo, grafica, immagini, video ecc.).

Un’immagine digitale usata in informatica, e visualizzabile sul monitor di un computer, è una rappresentazione digitale di un’immagine bidimensionale. Ne esistono di due tipi: immagini a matrice di punti (o pixel contrazione di pixel element), dette anche immagini raster e immagini vettoriali.

Nelle immagini di tipo raster, l’informazione visuale è costruita da una matrice di punti. Il numero di righe e colonne di tale matrice costituisce la risoluzione dell’immagine. Per esempio, un formato standard di un’immagine è di 640×480 pixel.

Ogni pixel è rappresentato da un numero, che codifica l’informazione a livello di grigi o colori dell’immagine. Per un’immagine a colori, un metodo comune di rappresentazione del colore è lo spazio RGB (da Red, Green e Blue), ove ogni colore è rappresentato da una combinazione di una componente rossa, verde e blu, secondo la stessa sensibilità all’intensità cromatica dell’occhio umano. Pensando di assegnare un byte per ogni componente di un colore, lo spazio necessario per memorizzare un’immagine digitale in formato matriciale cresce enormemente al crescere della risoluzione spaziale, fino ad arrivare a parecchi Mbyte. Per questo motivo, si sono affermati algoritmi di compressione in grado di ridurre lo spazio necessario per memorizzare un’immagine. Tali algoritmi possono essere con o senza perdita di informazione, a seconda che l’immagine compressa, una volta decompressa e visualizzata sullo schermo, contenga o un’informazione ridotta oppure, al contrario, la stessa informazione dell’immagine originale non compressa.

Il più famoso algoritmo e formato di compressione di immagini con perdita di informazione è il JPEG, acronimo del Joint Photographic Experts Group, il gruppo di esperti che si occupa appunto di algoritmi di compressione di immagini e che ha definito tale formato. Pertanto, i file con suffisso .jpg sono file di immagini digitali in formato raster compresse con l’algoritmo JPEG.

Nell’algoritmo è possibile specificare un fattore di qualità che indica quanta informazione si perde nella compressione. Il fattore di qualità è un numero da 0 a 100, ove con 0 si indica la massima compressione raggiungibile (e quindi la peggior qualità) e con 100 la compressione senza una perdita di fatto visibile di informazione. Il fattore di qualità più usato (e quello impostato di default in molti programmi di image editing) è 75 o 80, un buon compromesso tra la perdita di informazione e la qualità.

Ecco un esempio di un’immagine digitale compressa con un fattore 75%, 10% e 1%. Come si vede, l’algoritmo JPEG è particolarmente efficiente, in quanto la perdita di informazione comincia a essere visibile solo per fattore di qualità molto bassi (10 e 1), mentre l’immagine al fattore 75 è di fatto indistinguibile dall’originale, ovvero senza distorsioni percepibili dall’occhio umano.

Questa è la ragione per cui l’algoritmo JPEG si è imposto di fatto come lo standard attualmente nel campo delle immagini digitali. Le dimensioni di tali file sono rispettivamente 714, 166 e 130 kbyte, a fronte di per un’immagine originale di partenza di 3.166 kbyte.

Altri formati di immagini digitali di tipo raster sono BMP (non compresso), PNG, GIF e TIFF (tutti e tre compressi, ma senza perdita di informazione come nel caso del JPEG).

L’inconveniente delle immagini di tipo raster è la limitatezza della risoluzione, che provoca artefatti e perdite di dettagli non appena si cerca di ingrandire un’immagine per aumentarne la risoluzione spaziale. Per ovviare a questo inconveniente, si possono utilizzare immagini vettoriali, in cui l’informazione visuale non viene definita punto per punto, ma come risultato di linee o forme geometriche, anche complesse, a cui si attribuiscono proprietà, come il colore, lo spessore ecc.

Le immagini vettoriali hanno il grande pregio di poter essere ingrandite a piacere senza perdere in risoluzione, perché l’informazione può essere “ricreata” alla risoluzione voluta partendo dalle equazioni matematiche che definiscono le figure geometriche. Le immagini vettoriali sono tipiche delle applicazioni della grafica, in cui operazioni di zoom devono essere compiute velocemente e senza l’introduzione di distorsione: si pensi per esempio alle immagini di un videogioco, con repentini cambi di scena e passaggi tra primi piani e riprese a campo medio o lungo.

Il principale svantaggio delle immagini vettoriali è che la loro generazione necessita di parecchia potenza di calcolo, a causa delle notevoli operazioni matematiche alla base delle equazioni di generazioni delle varie curve e forme geometriche. Per questo motivo sono nati dei processori dedicati alla grafica, in grado di eseguire istruzioni particolarmente adatte alla generazione (renderizzazione) e alla manipolazione delle immagini vettoriali. I processori grafici e l’hardware necessario per l’elaborazione di immagini vettoriali sono spesso integrati nelle workstation o nei Personal Computer di fascia alta, o possono essere acquistati separatamente per fare elaborazioni molto veloci e complesse, specialmente nel settore dei videogiochi e della realtà virtuale 3D.

La realtà virtuale si basa sulle più avanzate tecnologie informatiche per simulare ambienti e proiettarli su monitor o visori specializzati, dando l’impressione all’utente di essere veramente immerso in tale realtà, generando stimoli visivi o sensoriali in grado di ingannare i sensi dell’essere umano e far sembrare “vera” una realtà solo ricreata al computer.

Negli ultimi anni si va affermando anche la realtà aumentata, che consiste nell’aggiungere informazioni, spesso tridimensionali, a immagini effettivamente riprese a partire da ambienti reali, a cui vengono aggiunti particolari per arricchire l’esperienza sensoriale dell’utente. L’esempio più conosciuto di realtà aumentata è il gioco di Pokémon GO, in cui si può dare la caccia a mostriciattoli immersi nell’ambiente reale dallo schermo dello smartphone.

 

Manuale di cultura generale – Informatica – La multimedialità – Continua

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