La luce è la radiazione dello spettro elettromagnetico che viene emessa da atomi eccitati e si propaga a una velocità di circa 300.000 km/s. Quando colpisce la retina dell’occhio, produce il fenomeno della visione e dei colori dell’iride. Le radiazioni elettromagnetiche della luce hanno una frequenza compresa tra 400 e 700 nm circa; i limiti dello spettro visibile all’occhio umano non sono uguali per tutte le persone, ma variano soggettivamente.
La varietà di colore che l’occhio percepisce è data dalla variazione della lunghezza d’onda della luce. I colori di base sono quelli presenti nell’arcobaleno e quelli in cui viene scomposto un fascio di luce bianca che attraversa un prisma, ossia i colori viola (corrispondente alla lunghezza d’onda più piccola), indaco, blu, verde, giallo, arancione e rosso (lunghezza d’onda maggiore).
Le prime ipotesi sulla natura della luce furono azzardate dai filosofi greci. Nel 1690 Huygens sostenne che la luce fosse data da un moto ondulatorio dell’etere, materia elastica che riempie tutto lo spazio. Nella sua opera Ottica, Newton ne diede la prima vera spiegazione scientifica, sostenendo che la luce è determinata dal movimento di corpuscoli di materia che sono emessi dai corpi e viaggiano con velocità diversa a seconda del mezzo che attraversano, seguendo traiettorie rettilinee. I fenomeni della riflessione e della rifrazione erano a sostegno dell’ipotesi corpuscolare. Negli studi successivi del XIX sec., Fresnel e Young riproposero la teoria della natura ondulatoria della luce: i fenomeni che essa doveva spiegare erano l’interferenza, la diffrazione, la polarizzazione, difficilmente interpretabili dalla teoria corpuscolare. La natura della luce fu poi approfondita da Maxwell che, con la sua teoria elettromagnetica della luce, con la quale venivano unificati tutti i fenomeni elettrici e magnetici, dimostrò che la luce è costituita da oscillazioni del campo elettromagnetico.
La velocità della luce fu per la prima volta determinata nel XVII sec. dall’astronomo danese Rømer per mezzo di osservazioni delle eclissi dei satelliti di Giove. La costanza della velocità della luce è un fondamento basilare della teoria della relatività di Einstein che si basò, per enunciarla, sullo storico esperimento di Michelson-Morley del 1887: il fallimento del tentativo da essi escogitato per misurare la velocità della luce relativamente all’etere portò sia ad abbandonare il concetto di etere sia all’affermazione della costanza della velocità della luce e con essa di tutte le radiazioni elettromagnetiche.
Gli studi successivi relativi all’assorbimento e all’emissione di energia e la conseguente scoperta della fotoelettricità e di altri fenomeni, portarono alla formulazione della teoria quantistica. Secondo questa teoria, ipotizzata da Einstein, la luce è descritta come un aggregato di singole particelle, i fotoni.
La meccanica quantistica risolve l’apparente contraddizione tra la natura ondulatoria e quella corpuscolare, unificandole in un’unica teoria. Secondo questa teoria le onde elettromagnetiche sono il mezzo di trasporto dei fotoni e rappresentano la probabilità che un dato fotone ha di trovarsi in un punto dello spazio in un dato istante di tempo. Il fotone, o quanto di luce, trasporta una quantità discreta di energia che è funzione della sua frequenza tramite una costante di proporzionalità, la costante di Planck. Il dualismo onda-corpuscolo è quindi l’approccio del fisico moderno, consapevole che, a seconda del tipo di esperimento, la luce può comportarsi ora come un pacchetto di onde, ora come un aggregato di corpuscoli (fotoni).
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