Il transistor è un componente fondamentale dell’elettronica, sia di quella analogica, dove è usato per amplificare i segnali, sia di quella digitale, in cui è usato per controllare il passaggio della corrente, secondo la logica “binaria” ON-OFF (ON, la corrente passa; OFF, la corrente non passa). Inventato all’incirca a metà del secolo scorso, ha sostituito le vecchie valvole (per esempio quelle presenti nelle radio) ed è diventato il componente principale dei circuiti integrati moderni. Internamente, il transistor è fatto da tre strati di materiale semiconduttore, diversamente polarizzati. Un semiconduttore (come, per esempio, il silicio, il germanio e l’arseniuro di gallio) ha proprietà di conducibilità elettrica intermedie tra quelle di un conduttore e un isolante.
L’interesse suscitato da alcuni materiali semiconduttori nelle applicazioni dell’elettronica consiste nel fatto che le loro proprietà possono essere modificate in modo controllato aggiungendo piccole quantità di impurità, chiamate droganti. Le impurità possono essere di due tipi: quelle che generano nel materiale un eccesso di cariche elettriche negative (elettroni) e quelle che forniscono un eccesso di cariche elettriche positive (uguali come valore a quelle dell’elettrone, ma di carica opposta). Un semiconduttore con eccesso di elettroni è detto semiconduttore tipo n, mentre un semiconduttore con un eccesso di cariche positive è detto semiconduttore tipo p.
A differenza dei componenti visti precedentemente, che sono bipoli, il transistor è un tripolo. Ciò significa che i suoi morsetti (poli) sono tre: il collettore, la base e l’emettitore. Essi sono contrassegnati dalle lettere C, B ed E e i simboli usati per indicare il transistor in un circuito elettronico sono i seguenti:
Nella figura, accanto ai simboli circuitali, viene raffigurata la struttura interna di un transistor, come concatenazione delle giunzioni n e p. Ogni giunzione rappresenta uno “strato” di materiale semiconduttore di cui è costituito il transistor, e le lettere n e p identificano il verso della polarizzazione. Nel transistor n-p-n la corrente fluisce dal collettore all’emettitore; nel caso del transistor p-n-p fluisce nel senso opposto.
I transistor possono essere usati come elemento fondamentale di amplificatori di tensione, buffer di tensione, interruttori, semplicemente collegando, in modo opportuno, secondo schemi circuitali standard, la base, il collettore e l’emettitore a carichi di resistori o imponendo tensioni di alimentazione.
Infine, esiste un terzo tipo di transistor, detto transistor MOS o a effetto di campo, più comune nell’elettronica digitale che in quella analogica, in quanto permette una minor dissipazione di potenza. Inoltre, la moderna tecnologia dei circuiti integrati, indicata con il termine CMOS, è basata proprio sul transistor a effetto di campo.
Nel corso dei decenni, il perfezionamento della tecnologia CMOS ha permesso la realizzazione di circuiti integrati (indicati anche con la sigla IC dall’inglese Integrated Circuit) sempre più piccoli (come dimensioni), giungendo alla loro miniaturizzazione e la produzione di chip.
Un chip è un componente elettronico che comprende al suo interno un intero circuito elettronico, anche molto complesso, come il microprocessore o le memorie RAM di un computer.
La scala di integrazione che la tecnologia utilizza per la produzione industriale di chip indica l’ordine di grandezza del numero di transistor in esso contenuti. Per esempio, la scala VLSI (Very Large Scale Integration) prevede fino a 100.000 transistor in un chip, mentre la massima scala oggi possibile, la ULSI (Ultra Large Scale Integration), fino a 10 milioni di transistor.
I chip sono alla base di tutti i moderni sistemi e il crescente livello della scala di integrazione ha permesso la creazione di sistemi sempre più piccoli e più potenti; si pensi, per esempio, all’evoluzione dei telefoni cellulari o dei personal computer, la cui fortuna si basa anche sul crescente livello di integrazione dei circuiti integrati.
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