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Telelavoro

Telelavoro è un termine sul quale si potrebbe discutere molto a lungo. In effetti, non è semplice darne una definizione esaustiva, soddisfacente e condivisibile; la necessità di trovare una definizione del genere non deve sembrare un mero vezzo accademico perché quando si parla di lavoro, a seconda di determinate definizioni, possono esserci determinate conseguenze sul piano legislativo piuttosto che altre; basti pensare alle notevoli difficoltà di tipo sindacale che si riscontrano nella gestione dei telelavoratori ai quali è difficile, a seconda della tipologia di telelavoro svolto, applicare normative di tipo collettivo.

Gli studi socio-economici sul telelavoro sono numerosi e i vari autori hanno fornito le proprie definizioni, alcune di esse sono fra loro simili, mentre altre divergono in modo più o meno netto.

Interessante è la definizione che di telelavoro dà R. Blainplain (della European Foundation): “Il telelavoro è ogni forma di lavoro svolta per conto di un imprenditore o un cliente da un lavoratore dipendente, un lavoratore autonomo o un lavoratore a domicilio, che è effettuata regolarmente o per una quota consistente del tempo di lavoro da una o più località diverse dal posto di lavoro tradizionale utilizzando tecnologie informatiche e/o delle telecomunicazioni“. Più stringata la definizione di telelavoro fornita dal sociologo Domenico De Masi: “Il telelavoro è qualsiasi attività svolta a distanza dalla sede dell’ufficio o dell’azienda per cui si lavora, quindi anche senza ricorrere a strumenti telematici“.

Alla definizione di De Masi si contrappone quella di Francesco Fedi (della Fondazione Ugo Bordoni) che definisce il telelavoro come “il lavoro a distanza svolto con l’ausilio delle tecnologie telematiche“.

Concettualmente il telelavoro nasce nel 1973 con le definizioni che Jack Nilles, un esperto di politica dei trasporti, dette di due suoi neologismi: telecommuting e telework.

Con telecommuting (termine che viene generalmente tradotto come telependolarismo) Nilles voleva identificare una situazione in cui era il lavoro ad essere portato ai lavoratori e non viceversa; con telework invece Nilles voleva rappresentare una qualsivoglia forma di sostituzione degli spostamenti di lavoro effettuata con l’ausilio delle tecnologie dell’informazione.

Per quanto, a un’analisi sommaria, i due termini possano sembrare riferirsi alla stessa immagine, ovvero il lavoro a distanza, dal punto di vista sostanziale vi è una notevole differenza a livello di modalità operative; mentre nel telecommuting si delocalizza l’attività lavorativa, ma non si mutano le condizioni in cui si lavora, nel telework (il telelavoro in senso stretto) si realizza una sostanziale modificazione delle modalità con le quali il lavoratore opera.

Se le definizioni possono dare adito a discussioni di vario tipo, meno incertezze sembrano esserci sul fatto che il telelavoro è, a prescindere dalle varie definizioni, una soluzione lavorativa profondamente diversa da quella tradizionale; sicuramente è una soluzione lavorativa in cui si ha una larga indipendenza dal luogo della struttura aziendale, indipendenza invece non presente qualora il lavoro venga svolto all’interno della precedentemente citata struttura.

Riferendosi alla definizione che di telelavoro dà Blainplain, è possibile affermare che esso può rappresentare un modo di migliorare in modo notevole la qualità della vita, cosa che non può dirsi dei lavori caratterizzati da pendolarismo.

Attualmente, in lingua inglese, il telelavoro è indicato con la locuzione remote working o (meno frequentemente) con il termine teleworking.

Le varie tipologie di telelavoro

Esistono diverse tipologie di telelavoro; classicamente ne vengono identificate cinque: telelavoro da casa, telelavoro mobile, telelavoro da centro satellite, telelavoro office-to-office e azienda virtuale.

La prima tipologia che analizzeremo è il telelavoro da casa (domiciliare). Come facilmente intuibile dalla terminologia, nel telelavoro da casa il lavoratore compie la propria attività lavorativa dalla propria abitazione. A tale scopo è necessario utilizzare tutti quegli strumenti tecnologici che siano in grado di fornire sia la necessaria autonomia lavorativa sia un’efficace comunicazione con il proprio datore di lavoro (o i datori di lavoro dal momento che possono anche essere più di uno).

Il telelavoro da casa può riguardare sia il libero professionista sia il lavoratore autonomo. Anche il lavoratore dipendente, in verità, può svolgere un’attività di questo tipo per la sua azienda, ma questa soluzione sembra, attualmente, essere ancora poco sfruttata.

Il telelavoro da casa è una tipologia di lavoro interessante che sembra avere dalla sua diversi vantaggi, ma non è scevra da problemi. Appare infatti subito ovvio che la delocalizzazione può creare alcuni problemi a livello di supervisione del lavoratore; quest’ultimo ha dalla sua una maggiore autonomia, un notevole risparmio di tempo e una notevole flessibilità oraria, ma corre anche il rischio, trovandosi nella sua abitazione, di confondere talvolta vita personale e vita lavorativa; tale situazione può portare, se il soggetto non sa gestire bene la situazione, a eccessi lavorativi. Un altro problema del telelavoratore potrebbe essere rappresentato, secondo quanto asserito da alcuni autori, dalla perdita di interazione sociale.

Appare chiaro, a nostro parere, che il telelavoro sa casa è un’attività tanto più interessante quanto più chi la svolge è un soggetto equilibrato. Totalmente diverso dal telelavoro da casa appare essere quello che alcuni autori definiscono telelavoro mobile.

Il telelavoro mobile è una particolare tipologia di telelavoro che interessa soprattutto determinate professioni come per esempio gli agenti di commercio, i rappresentanti o i tecnici che fanno assistenza presso altre aziende. Questi lavoratori non hanno praticamente mai una sede fissa dalla quale svolgono il lavoro, il luogo infatti dal quale tale lavoro viene svolto è generalmente la sede dei propri clienti; da qui, con l’ausilio di moderni strumenti telematici (notebook, iPad, tablet, cellulari ecc.), il lavoratore riceve e invia informazioni.

Nel telelavoro da centro satellite (anche telelavoro remotizzato) il telelavoratore si reca presso un centro adibito al telelavoro che si trova vicino alla propria abitazione. Il centro in questione può appartenere o all’azienda oppure può appartenere a un gruppo di aziende o anche a un’impresa locatrice ecc. Tali centri sono generalmente caratterizzati dal fatto che i telelavoratori possono appartenere a realtà aziendali diverse, ma hanno in comune la vicinanza del centro alla propria abitazione. Spesso tali centri sono dotati di strutture di tipo collettivo quali, per esempio, sale per le conferenze, servizi Internet, biblioteche, punti di ristoro, centri informazioni ecc.

Essendo il centro una struttura “comunitaria” può avere dalla sua il vantaggio della socializzazione fra i vari lavoratori.

Il telelavoro office-to-office è caratterizzato dal fatto che il lavoratore si trova in un ufficio di tipo tradizionale, ma è parte di un gruppo di lavoratori che è sparso in diverse parti del mondo. La collaborazione fra i diversi membri del gruppo è facilitata dalle moderne tecnologie di comunicazione che consentono una proficua collaborazione anche nel caso di notevoli distanze geografiche.

Le aziende virtuali sono aziende che offrono beni oppure servizi utilizzando le tecnologie informatiche. I processi produttivi e la fornitura di tali beni e servizi vengono realizzati grazie a un network comunicativo che mette in contatto soggetti e funzioni che possono non avere una sede stabile. Le aziende virtuali hanno dalla loro la possibilità di ridurre determinati costi fissi e di superare tutte le difficoltà che possono venire da una determinata localizzazione fisica.

A livello pratico non è sempre semplice trovare queste tipologie di telelavoro in forma “pura”; spesso infatti si assiste a una combinazione di tali tipologie, combinazioni che tentano di sfruttare al massimo i lati migliori delle varie soluzioni.

I tempi del telelavoro

È possibile classificare il telelavoro anche in base al tempo che a esso viene dedicato. Basandosi su questo parametro possiamo distinguere:

Telelavoro saltuario

Tipologia nella quale il soggetto può essere considerato sì un telelavoratore, ma il tempo che egli dedica a questa attività è relativamente basso e, dal punto di vista tecnico, è ancora un pendolare, nel senso che il suo lavoro principale è ancora nella sede dell’azienda della quale è dipendente. Il tipico esempio è il dipendente che telelavora per arrotondare lo stipendio che percepisce regolarmente dall’azienda.

L’attrezzatura per il telelavoro è ridotta al minimo indispensabile.

Telelavoro sostanziale

Il soggetto dedica a questa attività una notevole frequenza e una certa regolarità. Il lavoratore ha ancora come luogo principale di lavoro il proprio ufficio, ma una buona parte del lavoro può essere svolta anche dalla propria abitazione nella quale egli avrà a disposizione anche diversa attrezzatura da ufficio.

Telelavoro primario

È sostanzialmente il telelavoro per eccellenza; per il lavoratore, in questo caso, il telelavoro rappresenta il principale mezzo di sostentamento; l’abitazione diventa la sede dell’attività lavorativa e quindi tutta la strumentazione necessaria al telelavoro si trova al suo interno.

TELELAVORO

Secondo alcune ricerche. negli USA circa 50 milioni di lavoratori negli Stati Uniti (circa il 40% della forza lavoro attiva) potrebbero lavorare da casa almeno parzialmente

I pro e i contro

I vari studi che negli anni sono stati compiuti sul telelavoro hanno cercato di metterne in evidenza pregi e difetti valutando entrambi sia dal punto di vista del lavoratore sia dal punto di vista dell’azienda datrice di lavoro. Di seguito brevemente cercheremo di riassumere i pro e i contro più importanti che caratterizzano questa particolare forma di attività lavorativa che nel nostro Paese non sembra aver ancora preso piede, ma che potrebbe avere, se sfruttata nel modo giusto, un notevole impatto positivo sia sulla qualità di vita del singolo sia sul piano sociale; si pensi per esempio al fatto che, in caso di grandi numeri coinvolti, potrebbero esserci notevoli vantaggi in quanto a impatto ambientale (minor inquinamento e riduzione del traffico).

Dal punto di vista del lavoratore i vantaggi principali sono i seguenti:

  • riduzione (e talvolta eliminazione) dei tempi necessari agli spostamenti
  • riduzione delle spese per gli spostamenti
  • aumento del tempo libero
  • maggiore vicinanza ai familiari, agli amici e al proprio ambiente
  • libera scelta del luogo di residenza
  • gestione dell’orario di lavoro in base alle proprie esigenze.

Tra gli svantaggi vengono segnalati:

  • riduzione del tempo libero (patologia del workhaolic)
  • rischio di non distinguere adeguatamente la casa e l’ufficio
  • riduzione della vita relazionale esterna
  • incremento delle spese domestiche (aria condizionata, illuminazione artificiale ecc.)
  • minore tutela sindacale (dovuta alla personalizzazione del contratto)
  • minori possibilità di carriera a causa della minore visibilità (problema riguardante coloro che lavorano per realtà aziendali di un certo livello).

Dal punto di vista aziendale i vantaggi che vengono generalmente menzionati sono:

  • incremento della produttività
  • riduzione dei costi aziendali legata alla riduzione delle dimensioni aziendali
  • maggiore motivazione dei lavoratori
  • riduzione del numero di intermediari
  • incremento della flessibilità organizzativa.

Tra gli svantaggi si ricordano:

  • difficoltà nel gestire i lavoratori a distanza
  • incremento delle spese per le apparecchiature necessarie alla telecomunicazione
  • aumento dei costi di formazione
  • variazioni nell’organizzazione aziendale.

Riassumendo, il telelavoro è un’opportunità a cui nessuna azienda dovrebbe rinunciare, implementandolo con una personalizzazione della proposta al dipendente che esalti i vantaggi della strategia, eliminando o limitando gli svantaggi.

Telelavoro e smart working – Differenza

Telelavoro e smart working sono spesso considerati come sinonimi; in realtà non sono esattamente la stessa cosa, anche se è innegabile che vi siano diversi punti in comune. Il primo termine, come abbiamo visto, è noto da decenni, la locuzione smart working è invece diventata di uso comune a partire dall’anno 2019 in seguito alla ridefinizione di varie attività lavorative a causa della pandemia da COVID-19.

La prima distinzione che è possibile fare è quella linguistica; smart working è un’espressione inglese la cui traduzione italiana è generalmente “lavoro agile” (definizione presente anche nel sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali); si tratta di una traduzione piuttosto libera – anche se efficace – in quanto il termine smart significa in realtà brillante, intelligente, scaltro, astuto.

Il termine italiano telelavoro, invece, come precisato nel paragrafo iniziale, è reso in inglese con la locuzione remote working (lavoro da remoto è la traduzione letterale) oppure teleworking (vera e propria traduzione letterale).

A prescindere dalle questioni linguistiche, analizzando molto superficialmente la questione potrebbe sembrare corretto usare come sinonimi le due terminologie dal momento che definiscono una modalità di lavoro che si svolge da remoto con mezzi informatici (in genere un personal computer, un tablet o uno smartphone); in realtà, se andiamo più a fondo, si può ravvisare una differenza fondamentale.

La disciplina dello smart working è rinvenibile nella Legge 81/2017 che definisce il lavoro agile come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Da questa definizione si evince che lo smart working non ha vincoli di orario e di luogo di lavoro; nel telelavoro invece non è esattamente così, perché, di fatto, esso consiste nel trasferimento della postazione di lavoro del dipendente al di fuori del normale luogo di lavoro (tipicamente gli uffici dell’azienda), ma si dovranno comunque rispettare determinati orari (stabiliti a priori) e avere una postazione fissa – precedentemente stabilita – dalla quale effettuare l’attività lavorativa (tipicamente è la propria abitazione).

Come si vede, lo smart working pone meno vincoli (è più “agile”, più flessibile), anche se è comunque generalmente tenuto a garantire determinati obiettivi, cosa non sempre predeterminata nel caso di telelavoro.

Per approfondire

  • Lavoro: la teoria
  • Lavoro: le strategie
  • Precariato.

 

Manuale di cultura generale – Economia

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