Le trappole cognitive (bias cognitivi) sono errori tipici del processo di scelta dell’individuo, descritte dalle neuroscienze a partire da metà anni ’70. Chi vuole un saggio veloce su cosa sia una trappola cognitiva, può consultare l’articolo sui bias cognitivi. Oggetto di questo articolo è invece l’interpretazione che viene data di queste trappole cognitive e soprattutto la generalizzazione a tutta la popolazione, interpretazione e generalizzazione fatte da chi le lega indissolubilmente a processi cerebrali che tutti attuerebbero. Niente di più sbagliato: purtroppo anche le neuroscienze sono vittime del delirio di onnipotenza secondo il quale si tende a spiegare ogni cosa entro i confini di ciò che si conosce. In realtà,
esiste una significativa percentuale della popolazione che è immune dalle principali trappole per il semplice fatto che è… diventata intelligente.
Esiste cioè una forte correlazione fra essere intelligenti (praticamente!) e non essere vittima frequente di trappole cognitive. Al più
gli esperimenti neuroscientifici hanno dimostrato che non è certo la cultura che sta alla base dell’intelligenza dell’individuo, quanto il saper rimuovere trappole che naturalmente accompagnano il funzionamento del nostro cervello.
Come un atleta allena i suoi muscoli così una persona dovrebbe allenare il proprio cervello!
A dire il vero, i primi successi delle teorie neurobiologiche sembravano mostrare forti limiti al potere della raziologia o, più comunemente parlando, della razionalità. Sembrava (ved. Intelligenza emotiva) che negli uomini vi fosse un mix di affetti e ragione e che nell’equilibrio di queste due componenti stesse la giusta soluzione del vivere. Una posizione sostenuta da molti “romantici razionali”, ma sicuramente molto confusa e difficilmente interpretabile.
In realtà, nella popolazione c’è una classe di persone che, al di là della media, sa gestire benissimo i propri sentimenti con la ragione senza per questo essere insensibile; guarda caso, sono anche coloro che vivono meglio, sanno capire il mondo e, a partire dalle loro condizioni iniziali, minimizzano i problemi.
Trappole cognitive: l’esperimento fondamentale
L’esperimento cardine che ha confermato quanto precedentemente detto lo si deve a B. De Martino e R. J. Dolan (University College, Londra) ed è stato pubblicato su Science (agosto 2006).
I due ricercatori hanno studiato l’effetto cornice su un gruppo di studenti monitorandoli con la risonanza magnetica funzionale, una tecnica che consente di seguire l’attività cerebrale in linea, mentre si pensa. Poiché si deve prendere una difficile decisione, si vede che l’amigdala (la regione del sistema limbico che processa le emozioni come la paura) si attiva. Se ci si fermasse qui, i sostenitori dell’intelligenza emotiva avrebbero ragione: molte nostre decisioni sono influenzate dalle emozioni. In realtà, i due ricercatori hanno scoperto altro: in molti studenti era anche attivata la corteccia prefrontale (quella parte del cervello deputata alla razionalità) e tale attivazione era tanto maggiore quanto più il soggetto era immune dall’effetto cornice (cioè non si faceva ingannare) e si mostrava coerente.

Le trappole cognitive sono distorsioni che si possono evitare con l’allenamento
L’esperimento ha importantissime ricadute sulla valutazione del rapporto ragione-emozione:
- non è vero che è più razionale chi ha maggiori capacità cerebrali in tal senso. Tali capacità devono essere “attivate”. L’equivalente dell’atleta che, se non allenato, pur possedendo molte doti naturali, non ottiene granché.
- Limita il ruolo dell’emozione nella nostra vita e ha distrutto posizioni ormai antiquate:
- il vecchio razionalismo che pretendeva che tutti, naturalmente, potessero con la ragione arrivare a ogni forma di conoscenza.
- Le recenti correnti neurobiologiche secondo le quali emozione e ragione devono cooperare.
In realtà vale la gerarchia di Albanesi espressa come:
la ragione delimita i percorsi entro cui le emozioni (quella vere e profonde) possono esprimersi con la massima libertà e senza pericolo alcuno.
Tale situazione è presente nelle persone più equilibrate e più performanti nella comprensione di ciò che accade attorno a loro. In base ad a) la raziologia è quella scienza che sviluppa al meglio (cioè più positivamente) il rapporto fra ragione ed emozione. In base a b) sottolinea la necessità di definire e promuovere nel soggetto la personalità ottimale se si vuole potenziare al massimo la sua razionalità.