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Studiare il latino

Studiare il latino fa parte sicuramente di una cultura umanistica, ma sottrae molto tempo e risorse alla formazione di una moderna mentalità scientifica. Questo articolo boccia senza appello l’esagerata importanza data allo studio di questa materia e rischia di essere molto impopolare perché chi lo ha studiato tende comunque a sopravvalutarlo con una logica di comodo (ciò che so vale) e perché esistono molti luoghi comuni (il latino apre la mente, il latino aiuta a imparare a ragionare) che sono diventati a torto inattaccabili. Queste sono per esempio due “motivazioni” di un fan del latino:

  1. Conoscere la lingua che ha originato la lingua che quotidianamente si parla secondo me è fondamentale.
  2. Non solo: conoscere la letteratura che tanta parte ha avuto nel formare le letterature romanze è molto utile.

Nella (1) si dovrebbe spiegare il perché di quel “fondamentale”; se è vero per un professore di letteratura, non è certo vero per tutti. Ma, ciò che è grave, è che, se la (1) fosse vera, sarebbe necessario conoscere anche il greco, nonché l’arabo ecc. Venendo alla (2), io non vedo proprio quell’utilità: se non si lavora in un campo prettamente umanistico, lo studio del latino non ci aiuta a trovare lavoro, a trovare un partner affidabile, a trovare veri amici, a capire il mondo. Venendo al problema generale, studiare il latino:

a) non è condizione sufficiente per lo sviluppo della razionalità del soggetto. Non sviluppa una mentalità scientifica, ma umanistica, completamente staccata dalla valutazione quantitativa della realtà. Non sviluppa né il senso statistico, né l’esperienza del soggetto. Ha una debole componente logica, decisamente sopravvalutata, tanto è vero che moltissime persone “brave in latino” commettono banali errori logici, per esempio non sanno nemmeno distinguere fra condizioni necessarie e/o sufficienti.

b) non è condizione necessaria. Ciò è banalmente provato dal fatto che molte persone in altri Paesi sono altamente razionali senza aver studiato il latino.

Unendo a) e b), non è difficile scoprire che esistono tantissime altre materie migliori del latino per lo sviluppo della razionalità del soggetto, materie che sono fra l’altro decisamente più utili. Le precedenti riflessioni ci permettono cioè di concludere che studiare il latino è una condizione debolmente facilitante per la qualità della vita del soggetto, ma ci sono molte altre materie che sono “più facilitanti”: se io avessi dedicato all’inglese anche le ore che ho dedicato al latino, ora lo parlerei molto meglio di quanto sappia fare e ciò mi sarebbe stato “veramente” utile.

Una considerazione tratta dall’esperienza: non ho mai sentito qualcuno lamentarsi del fatto di non aver studiato (o di non aver studiato abbastanza bene) il latino, a riprova della sua scarsa utilità nella vita.

Concludendo: il latino ha senso solo per chi ne potrà fare un uso professionale. Fosse per me, lo abolirei da tutte le scuole, escluso il liceo classico. Ovviamente, se uno lo ama, fa bene a studiarlo come io gioco a scacchi o corro.

Studiare il latino

Lo studio del latino è considerato uno dei capisaldi della cultura italiana

P.S.: Per evitare il sospetto che anch’io parli per logica di comodo, in latino andavo bene. In uno dei primi compiti in classe in seconda liceo con il nuovo professore (grande persona) presi un voto mediocre; lui mi chiese come mai avessi voti altissimi nelle altre materie e fossi appena sufficiente in latino. Gli risposi appunto che ritenevo il latino superato. Lui mi disse: “Forse hai ragione, ma per affermarlo devi prima essere bravo in latino!”. Aveva ragione e qualche mese dopo con un bel nove gli riproposi l’argomento e ne parlammo a lungo: l’impressione che ricordo è che, se lui ora leggesse questa pagina, sarebbe d’accordo. Per tutto il liceo continuai ad avere 9, ma la mia valutazione sul latino, non mutò.

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