Lo spirito critico è la propensione a esaminare ogni concetto o situazione in profondità. In ambito filosofico, nella sua versione più positiva è collegato alla zetetica (dal greco zetein, cercare) che, secondo la definizione originale di Émile Littré (1872), è il metodo di cui ci si serve per arrivare alla ragione delle cose. In realtà, il termine zetetico fu usato precedentemente per caratterizzare il metodo degli scettici che aveva come fine la ricerca della verità. Nel XVII sec. il filosofo inglese Herbert di Cherbury adottò questo termine (zeteticus) per indicare l’insieme delle sue regole proposte per la ricerca della verità. Nel 1876 il grande enciclopedista Pierre Larousse la identificò con il metodo scientifico: “… indica una sfumatura molto originale dello scetticismo: è lo scetticismo provvisorio, è praticamente l’idea di Cartesio che considerava il dubbio come un mezzo e non come un fine, come un procedimento preliminare, non come un risultato definitivo”. Secondo la zetetica, quindi, il dubbio è un mezzo e non un fine. Questo concetto ci permette di distinguere nella popolazione:
- lo zetetico – usa lo spirito critico positivamente (come mezzo provvisorio)
- lo scettico (nell’accezione usuale di chi dubita di tutto, sospendendo il giudizio su ogni cosa) – usa lo spirito critico come mezzo definitivo
- il bastian contrario – usa lo spirito critico negativamente per smontare ogni concetto che gli viene sottoposto. Il bastian contrario diventa spesso un eraser. Gli eraser possono essere persone insoddisfatte o insofferenti; altre volte semplicemente sono persone dotate di una falsa cultura che non hanno capito che, prima di attivare la propria ira contro un concetto, dovrebbero studiare. Nei vari casi la caratteristica comune è la condanna senza appello di qualcosa, a prescindere dai suoi pregi: esempi sono la condanna totale della politica, della giustizia, della medicina, delle banche e chi più ne ha, più ne metta. L’eraser è abituato a vedere il bachettino nella mela e la butta tutta; poiché da piccolo mi hanno insegnato che “non si butta niente”, io preferisco scoprire se c’è una parte della mela che è mangiabile e gustarmela dopo aver buttato il marcio.
Importanza dello spirito critico
L’azione dello spirito critico si attua su tutto ciò che ci circonda: ogni cosa ha un perché. Per cosa si intende “tutto ciò che esiste, reale o astratto”. Per alcuni, se la cosa è un’azione, il perché sarebbe piuttosto complicato da spiegare (la vecchia “causa” Aristotelica), ma in questa sede la discussione sarebbe piuttosto accademica. Di fatto si trovano persone dotate di notevole spirito critico, pur se di cultura modesta, a riprova del fatto che avere spirito critico significa chiedersi il perché a prescindere dal fatto che si riesca realmente a definirlo. Lo spirito critico ha anche una funzione protettrice perché è ciò che ci rende oggettivi e ci impedisce di fare scelte partigiane o comunque talmente emotive da non essere giustificabili. Vediamo alcuni esempi.
Nella cultura lo spirito critico serve per capire e non semplicemente per conoscere. In particolare ci salva dalla falsa cultura.
Nell’esperienza da altri ci serve per evitare la seminformazione od ogni forma di inganno (vedasi la pubblicità). Sicuramente tutti concordano sul fatto che prima di firmare un contratto lo si debba leggere attentamente. Analogamente, chi ha un buon spirito critico non accetta acriticamente l’esperienza altrui.
Nei rapporti interpersonali lo spirito critico ci serve per capire veramente gli altri. Sapere il perché una persona si comporta in un certo modo ci aiuta a completare la descrizione delle sue azioni. Un buon psicologo è colui che capisce ciò che fa muovere le persone che ha attorno senza cadere in grossolani errori. Chi non ha spirito critico verso gli altri viene facilmente ingannato, nel lavoro e negli affetti.
Lo spirito critico è fondamentale anche per conoscere noi stessi, conoscenza senza la quale la nostra vita non è migliorabile. Ci si potrebbe chiedere: ma perché devo chiedermi il perché delle mie azioni, se vivo bene una certa situazione? L’analogia classica è quella dell’esame di prevenzione. Vivere bene un certo momento non significa stare bene. L’analisi critica delle cause che ci spingono a fare determinate scelte ci rassicura sul fatto che siano buone scelte, ora e in futuro, che non sottintendano “patologie nascoste”.
Pensiamo a come sia poco produttiva la situazione del permaloso (persona tendenzialmente poco propensa ad adottare lo spirito critico su di sé) che reagisce esageratamente a una critica altrui. A volte è spiacevole rendere conto agli altri dei nostri comportamenti ed è più facile adottare una difesa per risentimento e pretendere di non essere giudicati nelle nostre scelte. Anche ammesso che ciò sia un nostro diritto, gli altri non dovrebbero essere che lo stimolo per la nostra coscienza a render conto dei nostri comportamenti almeno a noi stessi.
Riassumendo,
chi ha spirito critico capisce più facilmente il mondo e quindi migliora la sua intelligenza.

Lo spirito critico è un potente strumento di comprensione della realtà e può essere allenato
Educare lo spirito critico (senso critico)
Per educare lo spirito critico, cioè per sviluppare il proprio senso critico si possono seguire due strade. La prima, completa, è molto simile a una laurea e passa attraverso una piena comprensione della raziologia. La strada non è difficile, ma può essere lunga per chi parte da zero.
Ecco allora la seconda strada che consta di quattro semplici armi.
Prima di illustrarle, occorre premettere che è fondamentale il livello culturale su cui si porta la discussione. Supponiamo che si debba valutare una proposizione P che Tizio ci vuol propinare.
Con una scarsa cultura, è molto facile cadere vittima di chi ci vuol far credere qualunque cosa. Per cui, da un lato invitate l’interlocutore a spiegare le cose in modo divulgativo, senza trincerarsi dietro a paroloni e a teorie che sa che voi non sapreste gestire; a questo punto l’interlocutore può dirvi che siete ignoranti sulla materia in questione, ma questo comporta che è lecito rispondergli che, sì, può essere vero, ma allora non si può credergli sulla parola. Dall’altro lato evitate di lasciarvi coinvolgere in concetti, magari introdotti proprio da voi, che non maneggiate perfettamente (in quest’ottica può essere interessante capire cosa si intenda per falsa cultura). Le quattro armi che indicheremo non vi consentiranno di valutare ogni proposizione P che vi verrà sottoposta, ma sicuramente vi porteranno nuove conoscenze.
Ma se… L’arma per smascherare proposizioni P che portano a palesi contraddizioni. Si veda l’articolo corrispondente.
Perché? Se possibile, chiedete il perché. P=”il glutine fa male”. Qui ha senso chiedere perché. Alla risposta dell’interlocutore si ricomincia: perché? E così via finché le vostre conoscenze e il vostro buon senso ve lo permettono. Nel momento in cui un’affermazione successiva (“perché provoca uno stato di infiammazione cronica”) è demolita da un eventuale Ma se… (“ma se fosse vero, tutti avrebbero problemi intestinali, cosa che non è vera”), anche tutto il ragionamento del nostro interlocutore si dissolve come una bolla di sapone, non è credibile.
Come? – Non sempre il perché è il quesito più adatto. A volte conviene chiedere come? Per esempio, P=”investendo oculatamente è possibile guadagnare il 10% all’anno”. La domanda giusta in questo caso è: come? Parte nuovamente il ciclo di domande dove perché e come si alternano finché siamo soddisfatti o l’interlocutore cade in contraddizione.
Quanto? – Tutti gli scenari che possono coinvolgere numeri non sono credibili senza i numeri che li descrivono. P=”Questa cura ha migliorato la sopravvivenza dei malati di glioblastoma“. D’accordo, di quanto? Ricordatevi l’aneddoto dell’oncologo (lo trovate alla fine dell’articolo).