La spaziatura categoriale è un errore indotto da una proposta di valutazione non continua dei dati. Molto spesso capita di suddividere un insieme di dati in categorie; gli stessi voti scolastici ne sono un esempio. Ebbene, molti soggetti sono influenzati dalle categorie scelte per descrivere un fenomeno. Nell’errore di spaziatura categoriale si sommano l’effetto ancora e l’avversione agli estremi. L’errore è tanto più evidente quanto più le categorie non sono equispaziate perché interviene anche l’euristica delle disponibilità: se un sottointervallo dell’intervallo è più dettagliato degli altri, mediamente attirerà maggiormente l’attenzione.
Si supponga, per esempio, di chiedere a un campione di esprimere il gradimento di un servizio. Nel primo caso la scelta è espressa con un voto da 1 a 10; nel secondo (non equispaziato perché abbiamo un solo voto negativo) con insufficiente, sufficiente, buono, ottimo, eccellente. Coerentemente con gli studi di Slovic e Monahan si scoprirebbe che la valutazione del servizio è maggiore nel secondo caso; molti intervistati si sono lasciati trascinare con un effetto ancora (e dai maggiori dettagli) verso le categorie più numerose e, per avversione agli estremi, la media dei giudizi è centrata in esse. Il risultato globale è che se con la prima valutazione (da 1 a 10) si otteneva in media 5, probabilmente con il secondo tipo di valutazione si raggiungerebbe la sufficienza.