Il senno di poi consiste nel ritenere che la semplice conoscenza del passato ci porti a credere di avere una sua comprensione pressoché perfetta. Con il senno di poi si spiegano eventi negativi, anche se non si è in grado di estrapolare regole che consentano di migliorare la nostra esperienza. L’illusione della certezza ci spinge a motivare il passato in modo tale da sostenere: “chiunque l’avrebbe previsto se solo avesse avuto un po’ di cervello”. Il senno di poi rassicura perché, di fatto, rende illusoriamente prevedibile il futuro. Purtroppo gli esperti sono bravissimi a spiegare cosa è successo, salvo poi… non azzeccare mai cosa accadrà. Il senno di poi è cioè la versione peggiore dell’esperienza, quella che non solo non aiuta, ma distorce il passato impedendoci di comprendere il futuro. Un esempio di questo rischio è evidenziato dal noto studio del Cleveland Metropolitan General Hospital condotto su 160 soggetti. Il primo gruppo doveva individuare le probabilità delle diagnosi associate a un quadro clinico. Un secondo gruppo aveva lo stesso compito, ma lo svolgeva avendo a disposizione la diagnosi corretta. Nel primo caso la diagnosi esatta era stata scelta dal 30% dei soggetti mentre nel secondo dal 50%. Questa situazione spiega perché persone che di fatto possono utilizzare informazioni di colleghi più bravi di loro tendono a sopravvalutarsi.
Un caso classico è quello del terremoto in Abruzzo (2009). Uno studioso sostenne che il terremoto era prevedibile, che lui era stato in grado di prevederlo e lo aveva anche annunciato prima che accadesse; alla base della sua previsione fornì una spiegazione scientifica che non convinse la comunità scientifica tanto che lo studioso venne denunciato per procurato allarme. Nell’opinione pubblica molti lo ritennero ingiustamente messo al bando, ma la comunità scientifica e le autorità non fecero che evidenziare l’errore (senno di poi) alla base della previsione. Infatti lo studioso in realtà si era ripetutamente sbagliato e solo l’emotività suscitata dal terremoto e il desiderio di trovare una soluzione al problema (come accade per il cancro o altre gravi calamità) confluirono nel senno di poi con la semplicistica convinzione che “già, si poteva prevedere; bastava ecc.”.
Questi i fatti:
- da metà gennaio 2009 l’Abruzzo è soggetto a piccole e medie scosse (l’Italia è per il 45% territorio sismico).
- Lo studioso prevede un terremoto il 29 di marzo con epicentro a Sulmona (60 km da L’Aquila)
- Il 25 marzo ci ripensa e a una tv locale dice che con la fine di marzo lo sciame sismico sparirà.
- Nel giorno della profezia, a Sulmona non si verifica alcun disastro, solo una serie di piccole scosse.
- Lo studioso telefona alle autorità di Sulmona dicendo che nel pomeriggio ci sarà il disastro.
- Se le autorità gli avessero dato retta, Sulmona sarebbe stata evacuata, una parte degli sfollati sarebbero stati trasferiti a L’Aquila e forse sarebbero state vittime del vero terremoto (6 aprile). Per aver sconvolto senza motivo la città sbagliata, lo studioso è stato denunciato per procurato allarme.

Un celebre detto recita “Del senno di poi son piene le fosse”
Del resto se alla base del suo ragionamento non ci fosse il senno di poi, ma veramente la sua attrezzatura fosse in grado di predire con certezza i terremoti perché non girare il mondo salvando migliaia di vite umane, pubblicando sul proprio sito Internet date e luoghi dei terremoti, da quelli minori a quelli catastrofici?