Il quoziente d’intelligenza (o quoziente intellettivo), spesso indicato con le sigle QI o IQ (acronimo dei termini inglesi Intelligence Quotient) è un indicatore che viene sfruttato per definire il livello di intelligenza di un soggetto; sostanzialmente si tratta di un punteggio che viene ottenuto attraverso dei test d’intelligenza. I risultati dei test per il quoziente d’intelligenza sono sfruttati in vari ambiti; vengono per esempio utilizzati dagli psicologi e dai neuropsichiatri infantili per identificare la presenza di eventuali deficit intellettivi nei bambini, in modo che, se tali deficit sono presenti, genitori e insegnanti possano impostare un percorso educativo ad hoc. Test per la misura del quoziente d’intelligenza sono stati (e vengono tuttora) usati anche da molti Paesi nel corso delle visite di leva. Non mancano nemmeno gli esempi di grandi e medie aziende che utilizzano, insieme ad altre prove, i test per il quoziente d’intelligenza per la selezione del personale.
Di norma, i test che misurano il quoziente d’intelligenza chiedono di risolvere un numero determinato di problemi in un tempo stabilito a priori (alcuni danno un tempo totale, altri danno un tempo limite per ogni gruppo di problemi). La gran parte di questi test è costituita da domande su vari argomenti; si testano la memoria a breve termine, la conoscenza del lessico, la visualizzazione spaziale, la velocità di percezione, il ragionamento aritmetico ecc. È importante riuscire a standardizzare i test del quoziente d’intelligenza; per farlo li si sottopone a un campione rappresentativo della popolazione cercando di calibrarli in modo tale da ottenere una curva gaussiana (distribuzione normale), anche se va precisato che alcuni test utilizzano deviazioni standard diverse.
A seconda del test, il punteggio che un soggetto consegue può cambiare nel corso della sua vita.
Quoziente d’intelligenza e i test d’intelligenza: da Cattel a Wechsler
Di test d’intelligenza si iniziò a parlare verso la fine del XIX sec. grazie a J. M. Cattel, psicologo statunitense, il primo a parlare di “test mentale”, ma la vera svolta arrivò grazie a due francesi, Binet e Simon, che nel periodo tra il 1905 il 1908 crearono, su incarico del Ministero dell’Istruzione, un test che doveva servire a distinguere gli alunni che potevano frequentare la scuola con buon profitto da quelli che invece avrebbero avuto maggiori difficoltà e, quindi, necessitavano di un approccio diverso alla didattica; praticamente si voleva misurare l’abilità nell’apprendere.
Il test misurava varie abilità: attenzione, percezione, memoria e linguaggio; gli ideatori avevano selezionato per ognuno dei vari livelli di età (si andava dai 3 agli 11 anni) delle prove (item) che, nel corso della prova preliminare, venivano risolti da circa il 50% dei soggetti di una determinata età. I bambini iniziavano il test con gli item relativi alla propria età cronologica; nel caso in cui queste prove fossero state superate, si passava agli item più complessi, altrimenti si scendeva a quelli più facili, fino a quando non si raggiungeva un livello base (tutte le prove proposte venivano superate) e un livello massimo (ovvero, nessuna delle prove proposte veniva superata). La proporzione delle prove superate consentiva di calcolare l’età mentale (espressa in mesi).
Il concetto di quoziente d’intelligenza fu introdotto più tardi, da L. Terman, uno psicologo statunitense che lavorava come docente alla Stanford University, che apportò alcune variazioni al lavoro di Binet e Simon; il QI veniva ottenuto attraverso il rapporto tra l’età mentale e l’età cronologica moltiplicato per 100.
L’età mentale veniva stabilita sottoponendo il soggetto a test formati di una serie di prove caratteristiche per ogni età: se, per esempio, un bambino di 6 anni riusciva a superare le prove previste per la sua età, l’età mentale corrispondeva a 6 (ed era coincidente con quella cronologica), se era in grado di superare solo quelle per i 5 anni, la sua età mentale era uguale a 5. In linea di massima un soggetto nella norma, per definizione, aveva un quoziente d’intelligenza pari a 100.
In base ai criteri definiti da Terman, un soggetto con un’età mentale di 11 anni e un’età cronologica di 10 avrebbe un quoziente d’intelligenza di 110 (11 diviso 10 dà 1,1 che moltiplicato per 100 fa 110).
Valori di quoziente d’intelligenza inferiori a 100 indicano invece un deficit intellettivo più o meno severo.
Il test, spesso detto Stanford-Binet, fu standardizzato su un campione di soggetti statunitensi. Per quanto sia stato revisionato molte volte, resta uno strumento di valutazione tuttora molto sfruttato.
La prima vera rivoluzione però arrivò negli anni ’40 del secolo scorso, grazie a D. Wechsler, ideatore della prima scala per la misurazione dell’intelligenza, strumento più volte rivisto e che, nelle sue versioni per bambini e adulti, è uno dei metodi più utilizzati a livello mondiale per la misurazione del quoziente d’intelligenza.
Quoziente d’intelligenza e scala Wechsler
In base alla scala Wechsler, viene fissato un punteggio medio di 100 e una deviazione standard di 15; i risultati ottenuti da un soggetto che viene sottoposto al test di intelligenza vengono messi a confronto con quelli che sono stati ottenuti da un campione standardizzato per fascia d’età.
Nel nostro Paese, i test d’intelligenza più utilizzati per la rilevazione del quoziente d’intelligenza sono le scale Wechsler per adulti (WAIS) e per bambini (WISC e WPPSI).
Di seguito un’indicazione di massima dei punteggi:
- QI = 130 e più: nettamente superiore;
- QI = 120-129: superiore;
- QI =110-119: medio–superiore;
- QI = 90-109: medio;
- QI = 80-89: medio-inferiore;
- QI = 70-79: al limite della deficitarietà;
- QI = 69 e meno: ritardo mentale.
Sapete quale era il quoziente d’intelligenza di Einstein?
Sapete quale era il quoziente d’intelligenza di Stephen Hawking?
Si può davvero misurare l’intelligenza?
I test per il quoziente d’intelligenza sono, come già accennato, sfruttati in diversi settori. Tuttavia, non hanno solo propugnatori, ma anche molti detrattori.
Da sempre ci si chiede, infatti, se sia veramente possibile misurare l’intelligenza; domanda annosa alla quale non è facile rispondere. Come spieghiamo nel nostro articolo Intelligenza, dare di questa una definizione unica e soggettiva non è per niente facile e la semplice considerazione che ne esistono diversi “tipi” (basti pensare alla teoria delle intelligenze multiple formulata da Gardner) ridimensiona molto la portata dei test per il quoziente d’intelligenza. Purtuttavia, tali test, con tutti i loro limiti, possono risultare molto utili per valutare con buona approssimazione alcune sotto-capacità specifiche.

I test per il quoziente d’intelligenza sono sfruttati in diversi settori. Tuttavia, non hanno solo propugnatori, ma anche molti detrattori
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