Cos’è il paranormale? Nella nota enciclopedia Treccani si trovano due definizioni; la prima è relativa al linguaggio medico (ciò che non rientra nella normalità, pur non essendo anomalo), mentre la seconda recita testualmente: Nella parapsicologia, sono così definiti i presunti fenomeni psichici o psicofisici dei quali essa si occupa (per esempio la precognizione, la levitazione), in quanto non spiegabili con le normali leggi scientifiche. Conoscenza paranormale, quella che si otterrebbe per vie diverse dalla percezione sensoriale (per esempio, nella chiaroveggenza, nella telepatia ecc.); analogamente, capacità, facoltà paranormali, quelle attribuite ai medium. Aldilà della definizione meramente enciclopedica, non esiste una condivisione assoluta sul significato del termine paranormale.
Paranormale: significato
Per alcuni la definizione di paranormale ha un significato che è ristretto alle cosiddette ESP (Extra-Sensory Perception), le percezioni extrasensoriali (chiaroveggenza, precognizione, telepatia) e ad altre manifestazioni che insieme a queste sono indagate dalla parapsicologia.
Altri attribuiscono al termine paranormale significati molto più ampi includendovi per esempio tutta una serie di fenomeni non spiegati scientificamente o che la scienza non ritiene attendibili come per esempio le cosiddette esperienze extracorporee (anche O.B.E., out of body experience), ovvero quelle esperienze in cui un soggetto afferma di fluttuare esternamente al proprio corpo fisico, percependo quest’ultimo da un punto esterno a esso.
Secondo la definizione del Journal of Parapsychology il termine paranormale va riferito a tutti quei fenomeni che, in uno o più dei loro aspetti, superano i limiti di ciò che viene considerato fisicamente possibile relativamente a quelle che sono le assunzioni scientifiche del momento.
Se molti sono i cultori e gli appassionati del paranormale, certo non mancano gli scettici che giustamente contestano il paranormale con la banale, ma efficace constatazione che non esistono prove certe e oggettive in grado di sostenere la loro veridicità. La pretesa quindi da parte della parapsicologia di essere considerata come scienza appare come un’assoluta forzatura.
Per approfondimenti suggeriamo la lettura di un interessante articolo intitolato Parapsicologia: una valutazione critica scritto da Massimo Polidoro, presidente del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), un’organizzazione no-profit fondata nel 1989 il cui scopo principale è quello di indagare scientificamente e criticamente sui cosiddetti fenomeni del paranormale.
Il nostro giudizio
Qual è il nostro giudizion sul paranormale? Inutile girarci intorno:
il paranormale non è scienza.
Questa affermazione deve essere tanto più perentoria quanto più persone pseudorazionali vogliono indagarlo con metodi pseudoscientifici. In televisione abbondano trasmissioni come Voyager (RAI 2), Mistero (Italia 1) che non fanno altro che propinare verità improbabili con la stessa autorevolezza con cui trasmissioni serie discutono di scienza.
Per esempio, il sottotitolo di Voyager (Ai confini della conoscenza) dovrebbe essere cambiato in Quando si spegne il cervello, visto che il meccanismo di tutti i servizi è lo stesso che porta a credere ai miracoli: non so spiegarmi una cosa, scelgo la soluzione più affascinante, per me più intrigante.
Purtroppo nella popolazione esiste un insieme di persone che da un lato è affascinato dalla scienza, ma dall’altro non ha la voglia o le capacità di utilizzare il metodo scientifico di approccio alla realtà: dominato da un certo romanticismo, vuole arrivare a scoperte sensazionali delle quali si innamora perdutamente.
Il sottoinsieme meno colto di questo insieme di creduloni è supportato anche da fiction televisive che parlano di streghe, di medium, alieni, demoni, spiriti ecc. (Streghe, Medium, Supernatural, Ghost whisperer, Buffy, The Others ecc.) e persino da qualche articolo troppo ottimistico su riviste di divulgazione scientifica.
Paranormale: il danno globale
Il danno sociale provocato dal paranormale è notevole. Per capirlo è necessario applicare una sorta di integrale del danno singolo alla popolazione, cioè ottenere la somma totale dei danni. Se io vendo a 10.000 euro una polvere promettendo che fa volare come un’aquila, realisticamente, se trovo un compratore sono fortunato (circonvenzione di incapace): il danno sulla popolazione è di 10.000 euro al massimo. Ma se vendo un concetto fasullo a 10 euro (ricordiamo che durante una trasmissione televisiva c’è chi paga la pubblicità e il telespettatore stesso può pagare qualcosa, come canone o abbonamento) a 100.000 persone (abuso della credulità popolare) faccio un danno da un milione di euro.
In base all’integrale del danno sociale, il fenomeno del paranormale è critico quando viene supportato da fenomeni di massa. Possiamo per esempio chiederci: leggendo il romanzo di Dan Brown, Il simbolo perduto, uscito qualche anno fa, quante persone sanno distinguere i concetti scientificamente corretti da quelli falsi?

Il confine tra paranormale e magia è molto sottile
Il simbolo perduto: la trama
Il simbolo perduto (titolo originale The Lost Symbol) è il titolo della terza avventura di Robert Langdon, il personaggio immaginario creato dalla penna di Dan Brown; Langdon è stato infatti il protagonista dei due romanzi precedenti scritti da Brown ovvero Angeli e demoni (Angels and demons) e Il codice da Vinci (The Da Vinci Code), due opere che sono state anche trasposte cinematograficamente (con notevole fortuna…) con Tom Hanks nella parte di Langdon. Vediamo brevemente la trama del romanzo di Brown.
Robert Langdon è un professore universitario che lavora all’università di Harvard ed è noto per essere uno dei maggiori esperti internazionali di simbologia religiosa e di paranormale. Ne Il simbolo perduto, il protagonista si trova al centro di un’avventura che si svolge a Washington D.C. in un arco temporale di sole 12 ore. Langdon si reca nella capitale statunitense per rispondere all’appello di un suo vecchio amico massone, Peter Solomon, scienziato, storico e filantropo, che gli ha chiesto di tenere una conferenza al Campidoglio sulla massoneria.
In realtà, la convocazione non è stata realmente fatta da Solomon e, quando Langdon giunge in Campidoglio, ad attenderlo non c’è il suo amico, ma soltanto la sua mano mozzata che è stata posta al centro della sala da Mal’akh, un falso massone che si è introdotto in Campidoglio e che ha organizzato il tutto per servirsi del professore di Harvard per disseppellire un segreto che potrebbe assicurare a chi lo possiede un potere al di fuori di ogni immaginazione. Il fulcro del romanzo è un pittogramma cifrato impresso sulla Chiave di Salomone; questo pittogramma, celato in un antico documento, è probabilmente la via in grado di evocare il terribile potere che, se finisse nelle mani sbagliate, potrebbe mettere a rischio tutta l’umanità.
Langdon, che sarà proiettato in un mondo fatto di tunnel, templi oscuri e simboli esoterici, avrà a disposizione poche ore per riuscire a decifrare tutta la simbologia massonica che i padri fondatori hanno disseminato per l’intera città e poter salvare non solo il suo caro amico, ma addirittura il mondo intero. Langdon, nella sua frenetica corsa contro il tempo, sarà coadiuvato da molti personaggi; uno dei più importanti è Katherine Solomon, una delle maggiori esperte di noetica e sorella dell’amico di Langdon. Il finale della storia è abbastanza sorprendente.
Un esempio delle assurdità del paranormale
Non sono poche le panzane scientifiche disseminate nel romanzo di Dan Brown: camere termiche che permettono di vedere nel passato, il protagonista che riesce a respirare anche se è totalmente immerso in una sostanza liquida, la termocromia come strumento per decifrare messaggi segreti, significati esoterici nel celeberrimo “quadrato magico”, utilizzo disinvolto di armi elettromagnetiche, la noetica, la psico-medicina, il peso dell’anima ecc…
Fra tante cose “incerte” una non lo è: Dan Brown ha fantasticato eccessivamente su determinate questioni esagerando sia la portata di certi fenomeni sia ingigantendo le possibilità tecnologiche di determinate strumentazioni. Vero che il paranormale andrebbe oltre la scienza, ma comunque dovrebbe essere esente da contraddizioni intrinseche.
Camera termica: un modo per vedere il passato? – Ne Il simbolo perduto gli agenti della CIA hanno fra le loro attrezzature delle sofisticate camere termiche che permettono loro non soltanto di individuare una persona, ma addirittura di localizzarne la presenza nel passato. Possibile? Ovviamente no. Ma cerchiamo di capire perché.
Le camere termiche sono apparecchiature basate sul principio della luce a infrarossi. Sono sensibili all’energia termica che normalmente non è visibile all’occhio umano, anche se la percepiamo come calore. Le camere termiche sono strumenti praticamente indispensabili nelle missioni militari che si svolgono durante le ore notturne e sono in grado di localizzare corpi od oggetti che emanano calore o di registrare il passaggio del calore stesso. È per esempio possibile rilevare la traccia di calore che una persona lascia su una sedia in cui è stato seduta a lungo oppure rilevare le impronte di qualcuno che ha camminato a piedi scalzi su un pavimento freddo. È quindi possibile, in un certo qual modo, “vedere nel passato”, ma è noto che questo effetto può durare al massimo qualche minuto e quindi si parla di un passato… passato da poco. Non si possono certo avere “visioni” a medio-lungo termine. Tipica esagerazione della possibilità tecnologiche di strumentazioni sì sofisticate, ma non certo… miracolose.
È possibile respirare se siamo immersi in un liquido? – Nel suo romanzo, Dan Brown fa vivere momenti non troppo piacevoli al suo protagonista principale; a un certo punto infatti Robert Langdon si ritrova chiuso in un sarcofago che lentamente, ma inesorabilmente, si sta riempiendo di liquido. Fortunatamente per l’avventuroso professore, il liquido in questione non è acqua, ma PFC (perfluorocarburo), una sostanza densa circa il doppio dell’acqua che ha la particolarità di dissolvere al suo interno grandi quantità di gas come per esempio l’ossigeno. Langdon riesce quindi a sopravvivere.
La respirazione durante l’immersione in un liquido è quindi possibile? La risposta è: sì, perlomeno in via teorica… Sono stati effettuati esperimenti su cavie animali con esito “positivo” (sul positivo le cavie avrebbero da ridire dal momento che tutte hanno riportato lesioni polmonari…), ma il problema fondamentale è che i perfluorocarburi sono circa 2.000 volte più densi dell’aria che respiriamo normalmente, cosa che rende difficilissima la loro espulsione dai polmoni; ciò, ovviamente, crea problemi non di poco conto.
Philippe Micheau, ricercatore dell’università di Sherbrooke, nel Quebec, in Canada, ha spiegato che “non è possibile respirare in modo naturale se siamo immersi in un liquido di PFC, ovvero non è possibile compiere tale operazione se non grazie a un ausilio di tipo meccanico“. Quello che non è impossibile è il fatto che il PFC possa in futuro essere utilizzato per scopi terapeutici, ma da qui a dire che è possibile respirare tranquillamente quando siamo immersi in un liquido ce ne corre. Non lo faceva nemmeno il grande Houdini…
La termocromia è una balla? – Nel suo romanzo Dan Brown fa decifrare un messaggio segreto nascosto in una piccola piramide utilizzando la tecnica della termocromia. Tale messaggio si materializza sulle pareti della piramide allorché questa viene immersa in acqua bollente. Un miracolo della termocromia? Più che altro è una colossale panzana. Non che la termocromia non esista; il termine infatti indica la proprietà che certi oggetti hanno di modificare il proprio colore allorché si modifica la loro temperatura. Non mancano gli utilizzi pratici (segnalazione della presenza di ghiaccio sulle strade, marcature di controllo sulle bottiglie di vino che vengono esposte a temperature inadeguate ecc.) che sfruttano appunto la modificazione cromatica di certi materiali in caso di variazione termica, ma certamente siamo su tutto un altro piano dall’utilizzo che Dan Brown ha prospettato nella sua opera. Un’altra eccessiva forzatura scientifica del fantasioso scrittore statunitense che ha promosso la termocromia dal banale uso contro la frode enologica a utilizzi che si addicono al celeberrimo James Bond.
Esoterismo nel “quadrato magico”? – Una breve premessa per spiegare cos’è un “quadrato magico”. Con questi termini si vuole indicare una tabella, divisa in colonne, piena di numeri sistemati in modo tale che la somma dei numeri che si trovano in ogni riga, in ogni colonna e nelle diagonali, dia sempre lo stesso risultato (la cosiddetta somma magica).

Quadrato magico di ordine 7
Si parla generalmente di quadrati magici di ordine n, dove n indica il numero di righe e colonne. Un quadrato di ordine 3 è un quadrato a 3 righe e 3 colonne (9 caselle), un quadrato di ordine 8 ha 8 righe e 8 colonne (64 caselle).
Ne Il simbolo perduto Dan Brown fa sì che i (ben noti) quadrati magici di Albrecht Dürer (ordine 4) e di Benjamin Franklin (ordine 8) racchiudano una delle chiavi del mistero che si deve scoprire. Lo scrittore attribuisce a questi due tipi di quadrato magico significati esoterici di notevole portata e, come al solito, ha… esagerato.
È vero che, per certi versi, determinati quadrati magici sono delle vere e proprie “prodezze matematiche”, ma come ha efficacemente affermato, minimizzandone la portata, un ricercatore del laboratorio di matematica dell’università di Rouen, Gérard Grancher, “i quadrati magici sono esercizi matematici ben noti a quei milioni di persone che hanno l’abitudine di cimentarsi in questo tipo di divertimento“. Forse non sono giochini che possono divertire chi odia a morte la professoressa di matematica, ma insomma, di esoterico c’è ben poco…
Le armi elettromagnetiche esistono veramente? – A un certo punto del racconto, gli agenti della CIA si trovano costretti, per la sua pericolosità “politica”, a interrompere il trasferimento telematico di uno scottante schedario elettronico. Per farlo usano un EMP gun, un’arma che tramite impulsi elettromagnetici è in grado di provocare un corto-circuito nelle apparecchiature elettroniche disturbandone il funzionamento. Le armi elettromagnetiche esistono veramente, ma a detta degli esperti il loro utilizzo non è così comune come Dan Brown vuol farci credere. Dan Brown del resto è così, gli dai un dito e lui si prende tutto il braccio…
La noetica è una scienza? – Nella pagina iniziale della sua opera, quella dei riconoscimenti, Dan Brown scrive che tutti i rituali, le scienze, le opere e i monumenti citati nel libro sono reali. Brown si riferisce pertanto anche alla “scienza” praticata da Katherine Solomon, importante co-protagonista del romanzo ed esperta di noetica. Ma la noetica è veramente una scienza? Prima di rispondere cerchiamo di chiarirci un attimo le idee.
La noetica è una disciplina basata sul postulato che il pensiero è in grado di agire sulla materia; i suoi propugnatori considerano noetica un sostantivo sinonimo di scienze noetiche. Il termine deriva dal greco (nous significa mente) e può assumere altri significati oltre a quello precedente; viene infatti utilizzato in filosofia per riferirsi a Noesi (un concetto filosofico aristotelico e platonico) e anche per riferirsi a Noè (noetica = di Noè).
Secondo molti, la noetica non può essere considerata una scienza (e parlano infatti di noetica come di una pseudoscienza). La noetica deriva dalla parapsicologia, disciplina nata attorno agli anni ’20 sotto l’impulso di un botanico statunitense, Joseph Banks Rhine; la parapsicologia studia i cosiddetti fenomeni psi (chiaroveggenza, precognizione, telepatia, psicocinesi ecc.); questa disciplina è un fenomeno che desta un notevole interesse negli Stati Uniti, patria di Brown. Ma qual è la differenza fra noetica e parapsicologia? Secondo Yves Lignon, matematica francese autrice di numerose opere sui cosiddetti fenomeni paranormali, la differenza sostanziale sta nel fatto che “la parapsicologia si limita a fare soltanto constatazioni, ma non fornisce spiegazioni“, mentre “la noetica intende dare chiare spiegazioni scientifiche ai fenomeni psi“. I “noetici” ritengono che le persone, gli animali, le piante e gli oggetti siano tutti collegati da un ampio campo di energia quantica che permetterebbe loro di comunicare e scambiare informazioni in maniera istantanea. Affermazioni strampalate?
Non secondo i noetici che citano nientemeno che concetti propri della meccanica quantistica, una scienza che più scienza non si può. Certe affermazioni però sono considerate se non strampalate, perlomeno azzardate e forzate secondo la comunità scientifica. Secondo Thomas Durt, un fisico specializzato in ottica quantistica che opera all’università di Bruxelles, evocare, come fanno i noetici, il concetto di “intricazione” per affermare che si potrebbe comunicare a distanza a una velocità superiore a quella della luce è assolutamente scorretto e fuori dalla realtà.
Come se non bastasse, l’autenticità di certe esperienze riportate dalla noetica per affermare il proprio postulato che la mente può agire sulla materia, lascia alquanto a desiderare (pensiamo per esempio a quegli esperimenti tesi a dimostrare il fenomeno dell’imprinting). Che dire poi degli esperimenti condotti dai noetici per dimostrare che le piante sono in grado di percepire le intenzioni e le emozioni degli altri esseri viventi? E com’è scientificamente dimostrabile che, per esempio, un soggetto possa col solo potere della sua mente far crescere una pianta più rapidamente di un’altra?
Insomma, secondo la comunità scientifica, la noetica non sembra essere in grado né a livello teorico né a livello pratico di resistere a una seria analisi di tipo scientifico. Però Brown la mette al centro del suo romanzo…
La psico-medicina – Nel suo romanzo Dan Brown afferma che gli scienziati hanno “indubitabilmente provato che il pensiero umano, se debitamente orientato, ha la possibilità di influenzare la materia fisica“. Tutto da buttare? Non proprio; sicuramente la questione merita di essere approfondita. L’idea che la mente potesse agire sul nostro organismo non è sicuramente una novità, fu infatti avanzata già nel XVII secolo dal filosofo olandese Baruch Spinoza.
Non è un mistero che molti scienziati indaghino sul fatto che, per esempio, il fatto di provare sensazioni positive durante una malattia sia un qualcosa che ci aiuta a guarire. Il campo della psico-medicina è un settore di ricerca emergente e i suoi sostenitori ritengono che il corpo possa essere curato attraverso la mente. Ma attraverso quali metodi? È possibile distinguere tre modalità d’azione del corpo sulla mente: quella che interviene sullo stress, quella relativa all’effetto placebo e quella in grado di ridurre il dolore fisico.
Nel primo caso si parte dal presupposto che lo stress è un fattore che influenza negativamente lo stato di salute provocando per esempio ipertensione, indebolimento delle difese immunitarie, asma ecc. Esistono esprimenti che dimostrerebbero per esempio che utilizzando determinate tecniche di rilassamento mentale tese a diminuire lo stress, si sarebbe in grado di diminuire la pressione arteriosa.
La seconda modalità è il cosiddetto effetto placebo, argomento ampiamente approfondito nelle nostre pagine Effetto placebo e Trucco del placebo alle quali rimandiamo.
La terza modalità d’azione è quella relativa alla riduzione del dolore fisico; sono stati condotti studi in cui il medico invitava il paziente a concentrarsi il più possibile su sensazioni piacevoli o appaganti fino a che questi non diventava insensibile al dolore. Questi studi sono stati condotti su soggetti che dovevano subire incisioni di tipo chirurgico e anche su grandi ustionati. Secondo i ricercatori, i risultati sono da considerarsi incoraggianti tanto da far loro ritenere di poter estendere il campo d’azione della psico-medicina a numerose patologie. Ma non tutti sembrano concordare con tanto entusiasmo. Molti scienziati ritengono infatti che la mente possa sì agire sul corpo, ma in modo alquanto relativo; certo, l’ipnosi e la realtà virtuale, la focalizzazione su pensieri piacevoli e appaganti possono aiutare a diminuire le sensazioni dolorose e conseguentemente le necessarie dosi di anestetici, ma non possono sostituirsi completamente a essi. Anche i “successi” registrati, per esempio nel caso di soggetti ipertesi, grazie alla meditazione trascendentale, si sono ottenuti quando ancora l’ipertensione non era ancora a livelli decisamente elevati. Se la patologia è particolarmente avanzata o il dolore è decisamente importante, il potere della mente sul corpo di fatto non esiste come invece sembra sostenere con forza nel suo romanzo il fantasioso Brown.
Il peso dell’anima – Ne Il simbolo perduto Dan Brown descrive un’esperienza relativa al peso dell’anima. La questione del peso dell’anima non è un parto della fantasia di Dan Brown come qualcuno si ostina a ritenere (non diamogli tutte le colpe…), dal momento che i riferimenti sono relativi al lavoro di un medico statunitense, Duncan Macdougall che nel 1907 pesò sei persone prima e dopo il loro decesso e constatò una diminuzione del loro peso. Lo scopo del medico era quello di dimostrare la “fisicità” dell’anima che, secondo quello che era il suo parere, possiede una massa. Secondo Macdougall l’unico momento in cui era possibile pesare l’anima era quello coincidente con la sua uscita dal corpo della persona defunta (l’uomo muore e l’anima se ne “vola” via).
Il peso dell’anima sarebbe ricavabile quindi dalla differenza di peso del corpo umano prima e dopo il decesso. Macdougall pesò quindi sei persone prima e dopo il trapasso e constatò una perdita di peso di circa 21 grammi (questo esperimento ha ispirato anche il titolo di film che ha ottenuto nel 2003 un notevole successo di pubblico: 21 grams, 21 grammi). Macdougall sperimentò la cosa anche su quindici cani, ma non rilevò sostanziali differenze ponderali, cosa che lo fece concludere (probabilmente condizionato anche dalle sue convinzioni religiose) che i cani, a differenza degli esseri umani, non possiedono un’anima.
Nello stesso anno dell’esperimento, i risultati dell’esperimento di Macdougall furono pubblicati sia sul New York Times (Soul has weight, physician thinks) che sulla rivista American Medicine. Le critiche non si sprecarono (inadeguatezza degli strumenti utilizzati, differenze negli orari fra le misurazioni del peso, non considerazione di eventuali altre cause fisiologiche ecc.). Lo stesso MacDougall ammise che non fu semplice determinare con precisione l’esatto momento del decesso e che, per escludere tutti i rischi di errore, sarebbe stato opportuno condurre altri esperimenti per confermare i suoi risultati.
Nel 2005, Geraldine Fabre, presidentessa dell’Observatorie Zététique, effettuò uno studio relativo all’esperienza di Macdougall e affermò che l’errore sostanziale di quest’ultimo era soprattutto nel suo ragionamento: “Per dimostrare l’esistenza dell’anima, egli riconosce fin dall’inizio, l’esistenza di quest’ultima, affermando che la diminuzione della massa non può spiegarsi che con la sua scomparsa…“. Come non condividere l’opinione della Fabre? Comunque fra tante insicurezze una cosa pare certa: morire non è un sistema particolarmente efficace per perdere peso, perlomeno nel breve periodo…
L’inconscio collettivo può influenzare gli avvenimenti? – Inconscio collettivo, coscienza planetaria, campi di coscienza… Esiste una relazione fra determinati eventi e le emozioni che la collettività prova? Esiste negli Stati Uniti il Global Consciousness Project (Progetto di Coscienza Globale, GCP), un’organizzazione internazionale citata nel libro di Dan Brown, che intende dimostrare che determinati eventi considerati “emozionalmente forti” sono in grado di “disturbare” il funzionamento di alcuni tipi di macchine elettroniche; ci si riferisce in particolar modo ai cosiddetti generatori di numeri casuali (RNG, random number generators). È necessario innanzitutto spiegare come “lavora” il GCP.
Il GCP è stato fondato nel 1998 da Roger Nelson, uno psicologo statunitense; il progetto dispone di numerose apparecchiature RNG (circa una settantina), localizzate in tutto globo, che funzionano ininterrottamente e i cui dati vengono raccolti e controllati da un programma computerizzato e centralizzato; la loro attività è del tutto casuale, sono praticamente una versione computerizzata di “testa o croce” e rendono, secondo le statistiche, risultati pressoché identici considerando le uscite di 0 e 1.
All’inizio degli anni ’90 Nelson iniziò ad assistere ad avvenimenti o manifestazioni che vedevano coinvolte milioni di persone e notò una “minore casualità” nella serie di cifre prodotte dal suo RNG portatile, cosa che rafforzò la sua convinzione che esiste qualcosa di profondo e misterioso che unisce lo spirito alla materia; questa convinzione è quella che ha portato alla creazione del GCP, progetto attraverso il quale Nelson intende realizzare un “elettroencefalogramma planetario” che lo aiuti a dimostrare le sue tesi.
A più riprese Nelson ha fatto notare che determinati eventi emozionalmente forti hanno coinciso con un funzionamento “anomalo” delle apparecchiature come per esempio nel caso del tragico evento che sconvolse l’intera umanità: l’attentato dell’11 settembre 2001 che portò al crollo delle celeberrime Twin Towers, le Torri Gemelle, a New York. Questo è uno degli avvenimenti più noti, ma non certo l’unico, Nelson cita infatti i bombardamenti NATO del 1999 nell’allora Repubblica Federale Jugoslava oppure il sisma che sconvolse la Turchia sempre nel medesimo anno.
La domanda è: quanto queste modificazioni registrate dalle macchine nella generazione casuale di 0 e 1 sono realmente significative? La comunità scientifica è molto scettica al riguardo; in effetti dei 236 avvenimenti selezionati a partire dal dicembre del 1998 fino al gennaio del 2008, solo il 10% ha mostrato un’associazione a degli scarti statistici leggermente al di sopra della media. Un po’ pochino…C’è da chiedersi per esempio perché il celeberrimo ciclone Katrina oppure i funerali di papa Giovanni Paolo II (avvenuti entrambi nel 2005) o ancora lo tsunami indonesiano del 2004 non abbiano influenzato minimamente il funzionamento delle apparecchiature RNG.
Secondo gli scienziati è altamente probabile che i risultati siano legati al caso e non vi siano influenze esterne legate alla cosiddetta coscienza planetaria. Quello che la comunità scientifica contesta nella citata “coscienza planetaria” è la mancanza di un aspetto fondamentale: l’intenzionalità.
Secondo Alex Cleermans, un noto ricercatore belga, ciò che permette una certa eco al lavoro di Nelson e colleghi è che determinate esperienze sono un qualcosa in cui, in un certo qual modo, la maggior parte delle persone “vuole” credere, anche se la realtà sperimentale punta verso altre direzioni…

Film e libri che ruotano intorno a qualche fenomeno paranormale sono estremamente diffusi e molto venduti
Il paranormale? Alla fine sono solo soldi…
Cosa concludere quindi sul paranormale? Beh, ci sembrano interessanti e significative le parole di James Randi, figura di spicco del CSICOP, l’associazione statunitense che possiamo paragonare all’italiano CICAP:
“Il business del credere nel paranormale e nell’occulto e nel soprannaturale, tutte queste totali assurdità, questo modo di pensare medievale, io penso che dobbiamo affrontare anche questo problema e che la risposta sta nell’educazione. In gran parte sono i media a dover essere condannati per questo genere di cose. Senza pudore promuovono tutti questi tipi di assurdità perché soddisfano gli sponsor. Alla fine sono i soldi che contano. È tutto ciò di cui si interessano“.