La memoria è la nostra identità poiché noi siamo quello che ricordiamo. In questo articolo cercheremo di fare un po’ di chiarezza sullo stato attuale degli studi sulla memoria, rifacendoci in gran parte all’opera monumentale di Bernard Croisile (direttore del reparto di neuropsicologia all’ospedale neurologico di Lione), Tout sur la mémoire (Tutto sulla memoria). L’opera di Croisile riassume le scoperte dell’ultimo decennio e supera le precedenti teorie sulla memoria, spesso basate sull’interpretazione di quello che accade piuttosto che sulla scoperta dei meccanismi mnemonici.
Le vecchie teorie
Come detto, cercavano di “capire” la memoria dalla descrizione dei suoi processi. Per esempio, classicamente, le fasi principali nell’elaborazione della memoria sono:
- codifica, cioè l’elaborazione delle informazioni ricevute.
- Immagazzinamento, cioè la creazione di registrazioni più o meno permanenti delle informazioni codificate.
- Richiamo, il recupero delle informazioni immagazzinate, in risposta a qualche sollecitazione.
Il modello di funzionamento della memoria, che si è maggiormente diffuso in ambito cognitivista, prevede la distinzione tra:
- memoria a breve termine (grazie ai processi dell’attenzione, elabora l’informazione attraverso una codifica principalmente fonologica e di carattere lessicale);
- memoria a lungo termine (trattiene e organizza il ricordo in modo stabile perché elabora l’informazione a livello semantico);
- memoria sensoriale (quando si è in presenza di un processo in grado di memorizzare informazioni sensoriali – uditive, visive, tattili, olfattive, gustative – per la durata di pochi secondi o millisecondi).
Gli ideatori di tale modello, detto modale (Atkinson e Shiffrin, 1968) supponevano che la ripetizione servisse a trasferire l’informazione, elaborata temporaneamente dalla memoria a breve termine, nella memoria a lungo termine. In realtà, tale modello, se descrive abbastanza bene ciò che accade in fase di memorizzazione, non è in grado di spiegare la continuità della durata del singolo ricordo. Memoria a breve e memoria a lungo termine lasciano intendere due tipi di memoria (per fare un paragone, la ROM e la RAM del computer), mentre in realtà si scopre facilmente che la durata dei nostri ricordi copre una continuità temporale, con ricordi che durano pochi secondi, altri che durano un giorno, una settimana, un mese, un anno ecc.
La memoria: nuove scoperte
I più recenti studi mostrano che la memoria… non esiste. Esistono diverse forme di memoria, ognuna con una sua funzione e tutte cooperano con l’oblio per ricostruire il ricordo. Memoria e oblio vanno di pari passo e chi soffre di amnesia è malato esattamente come i (rarissimi) casi di chi si ricorda tutto (ipertimesia, nota anche come sindrome ipertimesica; si tratta di una rarissima condizione caratterizzata dal fatto che il soggetto possiede una memoria autobiografica superiore, tale da permettere il ricordo di gran parte degli eventi vissuti nella propria vita).
Vediamo di fissare i punti fondamentali delle nuove scoperte.
Il ricordo – Non è costituito da rappresentazioni congelate nel nostro cervello per un tempo più o meno lungo, è costituito da fogli elementari (memo) che ogni volta vengono ricomposti per ricostruire il ricordo come le pagine di un libro costruiscono una trama. Ogni ricordo è un episodio di vita (anche l’aver appreso che Roma è la capitale dell’Italia!) che va ricostruito. A volte lo si ricostruisce in grande dettaglio, a volte solo per ciò che concerne l’aspetto più importante (per esempio, è molto probabile che abbia dimenticato in quale occasione abbia saputo che Roma è la capitale dell’Italia).
Supponiamo di chiederci cosa abbiamo fatto nell’estate del 2003. La risposta probabilmente non è immediata, ma, a poco a poco possiamo ricostruire che in quell’estate eravamo in montagna da nostri amici e, a poco a poco, emergeranno ricordi di quelle giornate. Oppure, se l’estate del 2003 è stata noiosissima, non riusciremo a ricordare nulla.
Il meccanismo di ricostruzione spiega perché
le persone che vivono intensamente ciò che fanno ricordano meglio di quelle che vivono con noia la loro vita.
Gli errori – Il meccanismo spiega anche come la nostra memoria può sbagliare. Non solo perché ha perso pagine del libro, ma anche perché alcune possono essere state sostituite. In particolare, nuove esperienze sul ricordo possono alterarlo: se un amico è erroneamente convinto di un particolare su quella vacanza e io lo faccio mio, ecco che la mia memoria sarà alterata, probabilmente per sempre. Già Freud segnalò il meccanismo d’errore. Un amico gli espose la sua “teoria delle nevrosi”; due anni più tardi Freud rivide l’amico e gli parlò in tutta sincerità della sua nuova “scoperta”, la “sua” teoria delle nevrosi, del tutto identica a quella dell’amico (il fenomeno si chiama criptomnesia). Un ricordo può quindi sbiadire, ma anche essere deformato.
Un’altra celebre esperienza è quella della psicologa americana Elizabeth Loftus: un certo numero di studenti dovevano lavorare al computer con l’ordine di non premere mai il tasto ALT perché avrebbe fatto andare in crash il sistema. Nessuno lo fece, ma un certo numero di computer erano programmati per andare egualmente in crash. “Perché avete premuto il tasto ALT, ve l’avevo detto!“. Il 30% degli studenti ammise di ricordarsi di aver premuto involontariamente il tasto ALT e alcuni si spinsero anche a raccontare come e perché l’avevano fatto!
I tipi di memoria
Esistono almeno 5 tipi di memoria.
- La memoria percettiva – Riguarda il ricordo delle forme.
- La memoria procedurale – Riguarda i gesti e le azioni ripetuti, come salire una scala, fare il nodo alla cravatta, andare in bicicletta ecc. Si tratta di una memoria molto solida, abbastanza legata alla nostra routine.
- La memoria semantica – Riguarda le conoscenze, è detta anche memoria dichiarativa o memoria esplicita; è abbastanza solida, ma decontestualizzata e povera di emozioni. Può essere difficile ricordarsi un concetto mai più ripreso, ma si può ricordare una poesia imparata 30 anni fa, se quest’ultima è stata ripresa periodicamente o è legata a una forte esperienza giovanile.
- La memoria episodica – Riguarda gli episodi della nostra vita, abbastanza fragile o indistruttibile, a seconda delle emozioni a cui è legata.
- La memoria di lavoro – È quella classicamente denominata a breve termine, fondamentale per l’interazione con il mondo. Molto fragile e soprattutto sensibile all’invecchiamento, all’alcol, ai farmaci, alle patologie neurodegenerative, alle emozioni.
Esistono poi altre forme di memoria; per esempio la memoria autobiografica, un miscuglio trasversale fra memoria episodica e memoria semantica, che consente di rispondere alla domanda “chi sono?”. In alcune malattie i pazienti hanno dimenticato ogni episodio della loro vita, ma non chi sono!
Come funziona la memoria
1) Il mondo esteriore ci inonda di informazioni: un rumore, un odore, la frase di un libro ecc.
2) Questa informazione segue un cammino detto circuito di Papez con lo scopo di apprendere e consolidare le informazioni ricevute. L’inizio del circuito è l’ippocampo che processa e seleziona l’informazione inviandola verso il giro cingolato; questa parte del lobo frontale la trasmette verso la parte anteriore per codificarla, cioè memorizzarla per riutilizzarla, e verso la parte posteriore semplicemente per immagazzinarla.
3) Il cervello memorizza i nostri sentimenti e le nostre emozioni attraverso l’amigdala, contigua all’ippocampo. Gestisce gli istinti (fame, sete, desiderio sessuale), è sensibile alle novità e soprattutto alle emozioni negative (chi resta traumatizzato permanentemente da un grave evento mostra un volume aumentato dell’amigdala).
4) Il circuito di Papez e quello dell’amigdala sono interconnessi. Per esempio, se si vede un bel piatto della nostra ricetta preferita (informazione sensoriale + emozione), conserveremo il ricordo dell’ottimo ristorante dove stiamo pranzando.
Il ruolo dell’oblio
Esistono pochissimi soggetti con una memoria portentosa, ma devono essere ritenuti malati esattamente come coloro che hanno dimenticato gran parte dei loro ricordi per forme più o meno gravi di amnesia. Si ricorda l’esempio di un giornalista russo, Solomon Veniaminovich Shereshevsky (noto anche come Vienamin), che, attorno al 1920, riusciva a svolgere la sua professione senza prendere appunti, semplicemente perché si ricordava tutto! Da 400 numeri consecutivi a diverse di pagine di libri appena lette. Divenuto ben presto un fenomeno da baraccone, finì per rinchiudersi in sé stesso, vittima di una “psicosi da troppa informazione”.
L’oblio serve alla nostra psiche per ricordare solo ciò che è utile o è supposto tale dalla nostra parte emotiva. Ci sono diversi esperimenti che mostrano come un depresso tenda a ricordare episodi tristi mentre un ottimista solo episodi positivi.
Come migliorare la memoria
L’esempio di Vienamin mostra che è una vera e propria fortuna che non ci ricordiamo tutto ciò che ci accade intorno. Nonostante questo ci sono ancora molti che ritengono che si “possa insegnare a ricordare tutto”.
Le tecniche – Quanto sopraesposto mostra che per ricordare qualcosa stabilmente (e non solo per qualche ora) non c’è che una possibilità: legare il ricordo a un’esperienza di vita. Per questo i vari metodi ottengono globalmente risultati molto scadenti. Se, per esempio, recito per tutta la sera una poesia, sforzandomi di ricordarla, posso riuscirci, ma, a meno che l’esperienza non sia per certi versi traumatica (in positivo o in negativo), la dimenticherò ben presto. Non a caso, le persone religiose sono solite ricordare a memoria le preghiere solo per il semplice fatto che le ripetono spesso e che per loro hanno una notevole valenza.
Tutti ci ricordiamo che la Divina Commedia inizia con “nel mezzo del cammin di nostra vita“, ma la percentuale di chi arriverà più in là crolla appena superati i primi due-tre versi. A scuola probabilmente abbiamo letto tutto o gran parte del primo canto dell’Inferno, ma poi abbiamo richiamato il ricordo solo con esperienze che si limitavano a farci rivivere solamente l’incipit.
Ovviamente le tecniche per aiutare la memoria sono molto più sofisticate e anzi prescindono dal ripetere all’eccesso. In genere danno qualche risultato sulla memoria a breve perché di fatto fanno cambiare strategia al soggetto, migliorandone l’attenzione e la concentrazione.
Al liceo mi capitava spesso di preparare la lezione avendo pochissimo tempo. Mi dicevo: “Ok, hai una sola lettura, nessuna ripetizione”. Funzionava. Il giorno dopo l’interrogazione andava benissimo. Peccato che dimenticassi tutto in fretta. Certo, se ripetevo dopo un po’, con lo stesso metodo, ricordavo di nuovo tutto, ma mai a lungo termine (le informazioni che ho ricordato a lungo termine sono relative ad argomenti che mi appassionavano: ecco il vissuto).
Nel mio caso, l’interrogazione verteva su una ventina di pagine dalle quale io estraevo cosa dovevo ricordare semplicemente sottolineando le informazioni fondamentali (penso che alla fine fossero 50-100 dati); ma con il mio metodo non sarei mai riuscito a imparare a memoria velocemente una poesia che andasse oltre le 10 righe (circa 70-80 parole).
In base a questa esperienza ho spesso scommesso con chi sosteneva di aver avuto miglioramenti dalle tecniche di memorizzazione: gli avrei dato una poesia di 50 righe che lui non aveva mai visto e 15′ di tempo per impararla; nessuno ha mai accettato la scommessa.
Il problema è legato alla quantità di informazioni. Per esempio, i metodi associativi sembrano funzionare: se devo ricordare 542406 posso legare il numero al mio anno di nascita (54), al numero civico di dove abito (24) e al prefisso telefonico di Roma (06). Poiché le informazioni associate sono molto stabili, se ricordo l’associazione (un’esperienza di vita anche questa), ricordo il numero. Il piccolo problema è che più associazioni tento di implementare, più ho probabilità di dimenticarle e, soprattutto, non ho memo abbastanza stabili da essere garanzia di ricordo.
Per memorizzare tante informazioni (quante ne servono nella vita reale) è necessaria cioè una mole comunque elevata di tempo.
Le tecniche di memorizzazione funzionano?
Basta infine applicare il Ma se… per capire che le tecniche di memorizzazione praticamente non funzionano. Proviamo a riflettere: se fosse possibile ricordare tutto con un’efficienza superiore a 10 volte quella di uno studente brillante e molto concentrato, sarebbe banale avere non una, ma dieci lauree. Chi ricorda in modo “super” non avrebbe difficoltà a preparare un esame di 300 pagine in una giornata. Cosa che non è vera.

Esistono diverse forme di memoria, ognuna con una sua funzione e tutte cooperano con l’oblio per ricostruire il ricordo
Integratori e farmaci per la memoria
Esistono farmaci o integratori che possono “rafforzare la memoria”? La risposta è: no. Nel processo ricostruttivo del ricordo è coinvolto circa l’80% del cervello con decine di sostanze biochimicamente attive: è veramente molto semplicistico sperare che una sola sostanza possa avere effetti così miracolosi su un processo così complesso. Del resto, checché ne dicano i produttori di integratori, l’esperienza dimostra che una tale sostanza non esiste.
Molte persone non sono particolarmente inclini a tenere ricordi fotografici o comunque esterni a sé, consci che ciò che non è nella memoria in realtà non esiste; altri invece se li tengono cari proprio per “ricordare” qualcosa che fa parte del loro vissuto.
I disturbi della memoria
Oltre all’amnesia e all’ipertimesia, citati nei paragrafi precedenti, esistono altri disturbi relativi alla memoria. Di seguito una brevissima descrizione di alcuni di essi.
Allomnesia – Disturbo che comporta il ricordo di un evento o di una situazione falsata. È un evento piuttosto comune che si riscontra occasionalmente nella gran parte delle persone, tant’è che lo si considera un fenomeno quasi fisiologico. A livello patologico può essere riscontrato frequentemente nelle persone affette da depressione, negli schizofrenici, in chi soffre di deliri paranoici o di altre forme di delirio.
Disnomia – In realtà si tratta di un disturbo che viene più spesso classificato fra i disturbi del linguaggio; è la difficoltà o addirittura l’incapacità di richiamare alla memoria la parola corretta quando è necessaria. Anche un soggetto normalmente sano può accusare, occasionalmente, problemi relativi al richiamo delle giuste parole; il problema diventa però di rilevanza clinica nel momento in cui la difficoltà nel richiamo delle giuste parole interferisce pesantemente sulla vita quotidiana. Esistono appositi test neuropsicologici per l’effettuazione della diagnosi. La disnomia può svilupparsi a causa di un trauma cerebrale o essere un disturbo dell’apprendimento.
Ecmnesia – Disturbo della memoria, di tipo allucinatorio, in cui la persona sperimenta i ricordi del passato come esperienze attuali; di fatto, per loro il passato si manifesta come se fosse presente. Di norma il disturbo si manifesta nei casi di epilessia temporale, nei soggetti confusi, in quelli isterici e in coloro che sono colpiti da intossicazione da assunzione di sostanze allucinogene.
Ipermnesia – Abnorme aumento della capacità di rievocare i ricordi. Il disturbo può essere transitorio o permanente; nel primo caso i soggetti colpiti sono gli individui soggetti a depressione o ad altri disturbo dell’umore; nel secondo caso si riscontra nei soggetti oligofrenici oppure in coloro che sono dotati di particolare intelligenza.