Una definizione unica e oggettiva di intelligenza non è possibile. Non a caso i test per la misurazione del Q.I. (quoziente d’intelligenza) sono stati fortemente ridimensionati dalla semplice considerazione che è possibile definire diversi tipi di intelligenza. Per esempio, Gardner ne ha definiti otto, a partire da quella classica, la logico-matematica (sulla quale erano basati i primi test per la valutazione del Q.I.). Gardner ipotizzò anche una nona forma, quella esistenziale, in grado di capire i problemi dell’esistenza. Ampliando il lavoro di Gardner, appare ovvio definire ben più di otto forme di intelligenza. Per esempio, la definizione di intelligenza matematica potrebbe essere affiancata anche da quella scacchistica; come si sa, grandi matematici furono scacchisti mediocri e quindi l’intelligenza logica o quella matematica non sono in grado di spiegare da sole le potenzialità di un soggetto negli scacchi. Con la definizione di intelligenza esistenziale il lavoro di Gardner è però interessante perché permette di introdurre una variabile che pesa le varie definizioni.
Ambito di applicazione
Consideriamo per esempio Bobby Fischer (1943-2008), grande campione degli scacchi. Molti scacchisti lo ritengono una persona geniale, intelligentissima. Eppure molte sue scelte di vita furono disastrose, sicuramente evitabili da parte di una persona veramente intelligente, scelte che francamente potremmo definire stupide. Qual è stato il suo grande limite? Che il suo essere intelligente fu limitato alle sessantaquattro caselle della scacchiera. Al di fuori dell’ambito scacchistico era una persona veramente mediocre. Stessa cosa non può dirsi di altri campioni degli scacchi come Capablanca, Botvinnik, fino ad arrivare a Karpov, Kasparov, Kramnik, Anand o Carlsen. Questi personaggi furono, o sono, grandi sulla scacchiera, ma sono stati in grado di vivere anche nel mondo reale, affermandosi anche in altri campi con risultati che si potrebbero tranquillamente attribuire a una persona definita, secondo il senso comune, intelligente.
La variabile che vogliamo introdurre per pesare le varie intelligenze dovrebbe essere ora chiara.
Una forma di intelligenza è tanto più importante quanto più è vasto il suo ambiente di applicazione, giudicato ovviamente in modo oggettivo.
Per uno scacchista che non ha che gli scacchi nella vita, Fischer potrebbe essere la persona più geniale dell’universo, mentre per una persona che, oltre agli scacchi, vive anche nel mondo reale, sicuramente no.
Così un grande fisico ha un ambiente di applicazione della sua intelligenza un po’ più vasto di quello di uno scacchista, ma comunque resta abbastanza limitato: se mentre studia i muoni, la moglie lo tradisce con il suo migliore amico, il figlio si droga, il cane (per lasciare quella famiglia squinternata) si abbandona sull’autostrada, colleghi mediocri gli passano davanti nel lavoro ecc., risulta molto difficile ritenerlo una persona “furba” e, quindi, sempre secondo il senso comune, “intelligente in generale” (mentre lo è sicuramente nel suo particolare).
L’intelligenza esistenziale
Poiché l’ambito più esteso è la vita di tutti i giorni, ecco che l’intelligenza esistenziale ipotizzata da Gardner diventa sicuramente quella più importante.
Essa è la comprensione della realtà che ci circonda.

La definizione della Treccani dell’intelligenza la descrive come il “complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni”, ma anche come la capacità di comunicare e adattarsi
Naturale ora chiedersi come studiare l’intelligenza esistenziale. Compito di questyo studio è affidato alla raziologia. per chi non volesse leggersi tutto l’articolo, ecco il risultato:
L’intelligenza esistenziale ha come fattori l’intelligenza logica, l’intelligenza matematica, l’intelligenza statistica e la personalità equilibrata. La raziologia studia questi fattori.