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Informazione soft

In tutti quei casi in cui il messaggio più importante legato all’informazione è in una variabile, si fa informazione soft quando si stiracchia la variabile, proponendo come valore auspicabile della variabile la soluzione che meno scontenta l’interlocutore. Consideriamo il flusso dell’informazione: X->Y. Se X è corretto, Y lo percepisce correttamente, ma l’applicazione di X non dà i risultati sperati. L’informazione è cioè soft (leggera). Per capire perché esiste, si deve considerare che un’informazione di bassa qualità può essere diffusa a fini

  • commerciali
  • ideologici (politici, religiosi, filosofici ecc.)
  • di visibilità (fama, successo, carriera ecc.).

Se si è corretti o comunque si possiede una moralità tale che impedisce di superare un certo limite di illegalità, il trasmettitore dell’informazione può cercare di trasmettere un messaggio che “comunque ottenga dei risultati”, magari amplificando le aspettative del ricevente, alzando la priorità di qualche oggetto della trasmissione del messaggio. Espresso in termini così astratti può sembrare tutto complicato, ma facciamo un esempio pratico.

Un esempio – Per dimagrire occorre fare un po’ di sport; non è necessario essere campioni, basta fare 20′ di attività fisica al giorno.

Lo dicono moltissimi nutrizionisti, penso in buonissima fede, ma con risultati deludenti. Il loro ragionamento (invero molto semplicistico) si basa sul fatto che camminare 20′ al giorno è meglio di niente. Durante un recupero delle ripetute sulla ciclabile cittadina, sono stato avvicinato da un signore in sovrappeso che dopo qualche chiacchiera mi ha detto: “mi hanno consigliato di camminare per almeno 20′ al giorno, ma dopo un mese non sono dimagrito un etto; significa che il mio peso è questo!”. Capito? L’informazione soft ha sortito l’effetto contrario! Il nutrizionista ha alzato oltre misura l’importanza del camminare (bastano 20′), ha illuso il soggetto che è partito in quarta con il suo programma sportivo, salvo poi ritornare nella sua totale sedentarietà, disilluso dai risultati. Di informazione soft il mondo del benessere è stracolmo.

Da chi ti dice di bere almeno due litri di acqua al giorno, a chi pensa di salvare il tuo cuore controllando il colesterolo (salvo poi scoprire che esiste quello buono o che persone con il colesterolo basso hanno problemi perché esistono altri fattori di rischio), a chi ti invita ad abbuffarti di frutta e verdura (sperando che in questo modo le calorie totali diminuiscano) ecc. In campo sportivo fa per esempio informazione soft chi ti invita a usare il cardiofrequenzimetro per “non esagerare” oppure chi ti invita a correre piano perché così si bruciano i grassi. Nessuna di queste informazioni è palesemente errata, anzi. Ma sono ottimistici i risultati che si spera ne derivino. Per andare incontro al ricevente (che magari non vuole fare fatica, non vuole investire tempo ecc.), una semplificazione eccessiva del problema, un ottimismo immotivato, insomma: scientificità ZERO.

Una ricerca di E. Loftus (apparsa su Social Cognition, febbraio 2004) ha dimostrato che l’associazione di concetti negativi al cibo (per esempio: “sei intollerante alla pasta”) ne riduce ampiamente l’uso. Ha dimostrato, senza volerlo, l’efficacia a breve termine dell’informazione soft: demonizzo i grassi e la gente ne mangia di meno; peccato che si butti sugli zuccheri e non si ottenga granché.

La motivazione – Perché si usa l’informazione soft?

  • Perché il target a cui ci si rivolge è Soft People, non in grado di recepire un’informazione globale che metterebbe in crisi l’esistenza del soggetto (esempio di informazione soft statale in campo sociale: “gioca al SuperEnalotto e cambia la tua vita”; in effetti se si vince è vero, ma quante sono le probabilità di vincere? Sarebbe più corretto dire a moltissime persone: visto che non sei sveglio, non lavori sodo, non hai un buon titolo di studio, non sei figlio di …, dovrai lavorare tutta la vita per un tozzo di pane!).
  • Perché il trasmettitore del messaggio vuole con l’informazione soft avere la massima audience.

Questi sono i motivi per cui nutrizionisti o preparatori atletici continuano a ripetere storielle per bambini…

Alcuni esempi.

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