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Illusione della certezza

Molti studiosi (Fischhoff, Thinès, Costall, Butterworth ecc.) hanno evidenziato che la mente umana tende a vedere la certezza anziché l’incertezza, la causa e l’effetto invece della semplice correlazione (illusione della certezza). Uno dei motivi per cui, erroneamente, le capacità razionali di un soggetto vengono legate alla sola logica è che la logica è la scienza della certezza per eccellenza. Sembra che l’uomo abbia bisogno di certezze (non a caso l’ansia nasce dal mancato controllo della situazione in cui si è). Quando questo bisogno resta del tutto inconscio non viene sottoposto a nessuna critica e genera una serie di problemi.

  • Sottomissione all’autorità. I classici “ah, se l’ha detto la televisione” oppure “ah, se l’ha detto il medico” sono esempi di come si preferisca credere ad autorità che “non possono sbagliare” piuttosto che esercitare il proprio spirito critico. Ricordiamo che Kant riteneva che minorità fosse l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro.
  • Irrazionalità. I soggetti meno razionali cadono vittima di superstizioni, magie, divinazioni, astrologia; persino la religione, il più delle volte, non è che una ricerca della certezza.
  • Santificazione delle paure. Anziché smontare le paure, poiché la gente vuole certezze, le vengono date con aggettivi come “assolutamente sicuro”, “straordinariamente efficace”. Vedasi l’effetto placebo.
  • Promesse impossibili. L’illusione della certezza è usata nella pubblicità che tende a usare testimonial e slogan che rimuovano ogni incertezza: “funziona, provalo anche tu!”, “garantito da…” ecc.

L’illusione della certezza è tipica di chi ha avuto un’educazione rigida, ma positiva: le certezze in fondo hanno avuto qualche risultato, perché non continuare ad applicarle? È tipica anche del violento che la usa per imporre le proprie idee; appartiene anche al semplicistico che si perde nella complessità delle sfumature della realtà; è infine tipica dell’idealista (un concetto trasversale nelle personalità, anche se prevalentemente romantico)) che in fondo di certezze vive. Basti notare come nei forum, certe persone, di solito razionalmente mediocri, si illudono di risolvere interrogativi complessi e incerti usando frasi del tipo “sicuramente”, “è ovvio che nessuno può contestare che” ecc.

L’illusione della certezza nasce dal non capire che la gran parte degli scenari della vita reale sono incerti.

L’illusione della certezza non è che il tentativo di ricondurre tutto a concetti come vero o falso, giusto o sbagliato, sì o no ecc. Sembra cioè che gli uomini si trovino bene in un mondo logico a due valori (0 e 1) nel quale poter stabilire deduzioni che conducano ad altre verità. La raziologia mostra che nella realtà la maggior parte degli scenari in cui ci muoviamo sono incerti e che dobbiamo sostituire la certezza con la coerenza decisionale.

Per l’illusione della certezza in campo finanziario si veda il paragrafo finale.

La legge di Franklin

Prima di continuare ad approfondire le conseguenze dell’illusione della certezza, occorre precisare che la raziologia non incorre nella posizione opposta, espressa pittorescamente dalla legge di Franklin: niente è certo, a parte la morte e le tasse.

A parte che razionalmente l’espressione è scorretta (esistono gli evasori totali!), la legge è spesso usata in varie discipline per sottolineare l’assoluta mancanza di certezze. In realtà, se viene impiegata in scenari a probabilità piccole, mi può aiutare a capirli meglio e a non sbagliare, ma diventa un boomerang in scenari a probabilità piccolissime, una sorta di blocco razionale. Si pensi a questo semplice scenario: ho una pistola a tamburo a sei colpi con un colpo nel tamburo. Che probabilità ho di rimanere ucciso dopo il primo colpo di una roulette russa? La risposta ovvia è: 1/6.

Chi applica la legge di Franklin inizierebbe a chiedersi quante sarebbero le probabilità che la pistola s’inceppi, che la pallottola sia difettosa ecc. Alla fine, mancando di questi dati, non se la sentirebbe di decidere.

Illusione della certezza

L’illusione della certezza non è che il tentativo di ricondurre tutto a concetti come vero o falso, giusto o sbagliato, sì o no ecc.

I pregiudizi

Studiamo il comportamento di una persona che tende ad avere “certezze”, sempre e comunque. Cosa si nota?

A livello personale sicuramente una tendenza ad agire per dovere anziché per piacere. La morale per esempio può diventare molto rigida perché la certezza, di fatto, impedisce ogni revisione critica. La vita diventa un po’ meccanica perché le certezze diventano dogmi cui non si può disobbedire. L’ideologia politica diventa granitica e il dialogo con la controparte diventa difficile (del resto se sono certo che la mia ideologia è l’unica giusta che dialogo a fare?). Si diventa intolleranti e si formano pregiudizi. Spesso si appare vecchi proprio perché i giovani certi pregiudizi hanno imparato ad abbatterli dopo averne verificato l’assurdità.

Il meccanismo con cui si formano i pregiudizi (qui il termine non è usato nella comune accezione negativa, ma semplicemente con il significato di “fase iniziale del giudizio”) è strettamente correlato con la certezza: se sono certo che fumare fa male, se vedo Tizio che fuma, automaticamente scatterà un giudizio negativo sulla sua persona ancora prima di averne valutato la personalità; Tizio partirà quindi, per esempio, con un –10 nella mia scala di valori.

Così in campo religioso un ateo riterrà, consciamente o inconsciamente, bigotto un credente se è “certo che Dio non esiste”; idem dicasi di un credente che per fede “è sicuro che Dio esista”; non potrà che partire con una valutazione negativa di una persona che è agnostica. Ovviamente le convenzioni sociali faranno in modo che il giudizio non si manifesti apertamente, ma è abbastanza ovvio che se una persona è contraria a una mia certezza non posso apprezzarla pienamente. Se io sono certo che le azioni della XYZ saliranno, ecco che valuterò negativamente un promotore finanziario che mi consigli di lasciar perdere le azioni e di investire in titoli di Stato.

Il pregiudizio fuorviante si forma quando la “nostra” certezza non ha nulla di oggettivo o di provato (a differenza del caso del fumo dove io posso vantare molte conferme a sostegno della mia posizione), diventa un handicap che noi attribuiamo a una persona senza un motivo oggettivo. Un esempio: se io sono “certo” che chi delinque non potrà mai redimersi, avrò un pregiudizio fuorviante verso tutti coloro che escono dal carcere una volta scontata la pena.

L’errore nel dialogo

L’illusione della certezza è un errore tipico di chi vuole trovare verità in scenari di rischio o addirittura incerti; pensiamo per esempio a tutti quei consigli che diventano ordini perché chi li dà pretende che in uno scenario incerto la sua soluzione sia quella “giusta”, quella “corretta”. Il classico esempio della madre che dice al figlio “non andare a giocare a pallone perché con questo tempo prenderai l’influenza” non è che la trasformazione di uno scenario incerto (al più esprimibile come rischio soggettivo: “secondo me hai l’X% di probabilità di prendere l’influenza) in uno certo.

L’illusione della certezza innesca poi un errore di dialogo molto comune: avere come argomento della discussione qualcosa su cui, di fatto, non è possibile arrivare a una certezza condivisa da tutti (pur avendo assiomi comuni, quindi è un errore diverso dall’errore assiomatico) perché la decisione comunque dipende dagli obiettivi, dall’interpretazione dei dati, dai pesi dei vari fattori e dalle priorità in gioco.

Il giocatore di carte – Un aneddoto chiarirà l’errore. Estate; in un bar all’aperto, un gruppo di ragazzi discute animatamente sull’istituzione di un corso di educazione civica nella scuola parallelo al corso di storia. In particolare, due contendenti si affrontano con pareri opposti, entrambi apparentemente razionali (l’importanza della materia da un lato, ma anche l’inutilità di un corso non obbligatorio, la cui frequenza si basa unicamente sulla scarsa coscienza civica della media degli studenti). Ecco che a un certo punto scatta l’illusione della certezza: ognuno “vuole” dimostrare che l’altro sbaglia. Per farlo, i toni salgono, ci si attacca a ragionamenti contorti e impossibili, si perde lucidità. Alla fine, da un gruppo di uomini che stanno giocando a carte si alza un rimprovero. I ragazzi si zittiscono, ma uno dei due contendenti educatamente, ma con fermezza, fa presente che “sono questioni importanti, molto di più di una partita a carte, che loro discutono per arrivare a una soluzione giusta, fondamentale per la loro scuola”. Uno dei giocatori, con altrettanta calma e altrettanta fermezza, risponde in dialetto: “non so cosa sia giusto o cosa sia sbagliato, a me basta non dire stupidaggini” (il termine originale era molto più forte). L’ultima parola riportò i ragazzi alla realtà, facendo loro capire che si erano incamminati su quei sentieri dove non si fa altro che parlare del sesso degli angeli.

Quindi un comportamento corretto nel dialogo è:

  1. avere una nostra idea ed esporla (possibilmente una sola volta, usando lo strumento dell’arringa finale: occorre parlare non all’altro, ma a un’ipotetica giuria, una sola volta, come in un’arringa finale che deve rimanere scolpita nelle menti dei giurati);
  2. ascoltare quella dell’altro;
  3. non criticare l’altro perché lui sbaglia e noi abbiamo ragione, ma semplicemente mostrando le contraddizioni che l’altrui tesi porta con sé. Per evitare l’errore dell’illusione della certezza è opportuno utilizzare la regola della contestazione: non pretendo che la mia posizione sia l’unica accettabile, ma nella tua rilevo i seguenti problemi. Se non ne ha, beh… riflettiamo sulla nostra.

L’illusione della certezza in finanza

Rifiuto dell’incertezza

In campo finanziario l’illusione della certezza si trasforma nel rifiuto dell’incertezza (fenomeno spesso che coesiste con la falsa cultura e la non conoscenza delle leggi della statistica), anche a costo di inventare spiegazioni fittizie che confondono la causalità con la correlazione o la coincidenza. L’incertezza che caratterizza i mercati finanziari va accettata come un dato di fatto: i mercati sono, in larga misura, espressione della psicologia delle masse e, come tali, sottoposti a ondeggiamenti ed eccessi. Metodo, disciplina e pazienza consentono di individuare l’ordine in mezzo al caos. I guru, se competenti ed esperti, vanno ascoltati, ma solo come fonte di riflessione e ispirazione. Anche perché è sempre possibile trovarne due su posizioni contrapposte. E anche perché pure loro sono sottoposti al fattore moda: poiché sono in tanti a pontificare e a dire di tutto, sarà sempre possibile trovare qualcuno che può affermare di avere effettuato la previsione giusta. Ma non vi è alcuna garanzia che anche la prossima lo sarà.

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