L’equivoco è uno degli errori più gravi per chi aspira a essere razionale. Il termine non è di fatto negativo, indica solo che una parola può essere intesa con diversi significati (etimologia: dal lat. aequivocus, da aequus, uguale, e tema di vocare, chiamare). Spesso però ciò ingenera confusione e ambiguità fra chi dialoga. Si possono distinguere tre tipi di equivoco:
- Puro (sinonimo: ambivalenza, ambivalente) – La parola ha realmente più significati anche solo leggermente diversi. Per esempio, la disinformazione è (1) la diffusione intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte per influenzare le azioni e le scelte di qualcuno oppure (2) la mancanza di informazioni su un dato argomento che porta il soggetto a male interpretare la realtà.
- Per dolo (sinonimo ambiguità, ambiguo) – Per portare l’interlocutore sulle mie posizioni, invento arbitrariamente un significato della parola che l’altro accetta non sapendo contestare la mia fantasiosa definizione.
- Per ignoranza (sinonimo fraintendimento, frainteso) – Non conoscendo il significato, gliene arbitrariamente uno che vale solo perché a me suona bene così (errore di definizione; è come se in un esempio usassi “boa” per descrivere un “serpente a sonagli”, giustificandomi dicendo che in fondo tutti e due sono serpenti!).
Esempio di equivoco per ignoranza
Parlando di valori che rendono stimabile una persona, non è raro sentirsi rispondere: il rispetto. Basta consultare un dizionario e si scopre che rispetto vuol dire “atteggiamento di stima e deferenza verso qualcuno o qualcosa”. Molti confondono il rispetto con la tolleranza. Si può tollerare una persona che riteniamo stupida, ma non si può rispettarla!
Non è difficile capire che il semplice parlare di rispetto è la prova più evidente che non so elencare le cose veramente importanti perché io stimi una persona. L’esaltazione del rispetto è cioè uno dei classici modi con cui non si fa lo sforzo di chiarirsi le idee, conservando però il diritto di critica a posteriori (tu non hai rispetto per…). Pensiamo a un genitore che debba educare un figlio. Cosa gli dirà? “Figliolo, il valore più grande che devi avere è il rispetto”. Se il ragazzo ha un barlume di intelligenza, chiederà: “ma rispetto per cosa? Se il mio amico Mario, che fa lo spacciatore, mi offre uno spinello, lo devo accettare perché lo rispetto? Devo quindi rispettare chi ruba? Chi stupra la mia compagna di classe mentre il professore è abbioccato alla sua cattedra? Devo rispettarti anche se hai tradito la mamma con le tue dodici segretarie, hai fregato il tuo socio e ti diverti a torturare il gatto del vicino? Ho capito: il valore più importante è il rispetto perché così posso fare ciò che voglio”.
Stesso discorso capita a volte con la parola “onestà” (che viene confusa con “legalità”). Sono classici casi in cui una persona pretende che l’altro la capisca pur parlando in… una lingua diversa.
Di solito all’errore raziologico di definizione segue una difesa per risentimento e la persona colta in fallo replica all’infinito e, anziché cercare di capire le sue lacune, tenta di confondere ancora più le acque.

L’equivoco può portare il dialogo su strade completamente errate
Causa e cura degli equivoci
Chi incorre in errori di definizione non ha una mentalità scientifica. Magari vincerà il Nobel per la letteratura, sicuramente avrà letto molti libri, molto probabilmente è abituato a parlare (bene), accontentandosi però solo del suono delle parole, senza arrivare alla sostanza.
Regola – Quando un termine è al centro del vostro discorso, prima di continuare chiedetevi: ma so definirlo? Non è per caso qualcosa di vago che io adatto strada facendo, mentre parlo?
Per capirci, provate questo test con i vostri amici: tutti sanno che il cerchio è l’area racchiusa da una circonferenza, ma cos’è la circonferenza?
Ho scoperto che, nonostante il concetto di circonferenza sia di uso comune, persone con 75 lauree (umanistiche) non sanno definirlo e partono… per la tangente, usano il linguaggio dando per scontato che gli altri sappiano già cosa vogliono dire. Tralasciando quelli che usano riferimenti… circolari (la circonferenza è ciò che racchiude un cerchio e il cerchio è ciò che è racchiuso da una circonferenza), la risposta più aulica che mi è stata data è quella di un professore di lingue: “è la rotondità di un’arancia”. L’equivoco è evidente perché di fatto stava definendo una sfera.
Non ho avuto il coraggio di chiedergli di definirmi la sfera…