Nella vita comune, eclettico significa la propensione a scegliere e fondere in modo positivo idee e principi di sistemi diversi. Il termine fa riferimento al termine filosofico “eclettismo” l’atteggiamento di chi sceglie in diverse dottrine ciò che è compatibile cercando una sintesi. In filosofia l’eclettismo non ebbe mai una grande importanza (si ricordi nel II sec. a.C. la tendenza a conciliare le filosofie di Platone e Aristotele) e probabilmente l’eclettico più conosciuto è Cicerone che peraltro non fu un filosofo, ma piuttosto un politico. La principale pecca dell’eclettismo è che l’azione dell’eclettico porta a un’acritica e incoerente mescolanza di elementi teorici, spesso cadendo in contraddizioni evidenti. Questo risultato porta nella vita comune alla confusione dell’eclettico.
La confusione dell’eclettico
Molte persone leggono un’infinità di libri, studiano tante strategie esistenziali, convinte (ed è vero) che ci sia qualcosa di buono in ogni testo. Peccato che quando mettono insieme tutto ottengano un mostro incoerente che, di fatto, non sa stare in piedi da solo. A questo punto ci sono tre strade:
a) riuscire a costruirsi una nuova strategia di vita che superi le precedenti (è per loro migliore); questa strada è tentata da tanti, ma solo pochissimi riescono a ottenere qualcosa di valido. Il più delle volte il tentativo resta superficiale, anche se chi lo attua è convinto di aver trovato la propria strada (come l’avventore del bar dello sport è convinto di fare una formazione della nazionale migliore di quella del C.T.).
b) Accettare una strategia, la migliore (o la meno peggio, se volete), ammettendo di essere incapaci di una sintesi superiore.
c) Continuare a ondeggiare fra una teoria e un’altra, senza vedere le contraddizioni che una sintesi delle due porta con sé, anzi senza nemmeno tentare la sintesi (a differenza di a). Se si usa un concetto della teoria A e uno della teoria B, ci sono molte probabilità che non siano del tutto compatibili, generando una confusione che, inevitabilmente, uscirà in ogni discussione che si cercherà di intavolare.
Da tante opere disgiunte, anche prendendo pezzi pregevoli, non è detto che questi combacino e il puzzle della vita resta sempre complicato e incompleto.

Leggere tanto non serve a nulla se poi non si riesce a unire il tutto in idee coerenti
Leggere tanti libri serve?
Serve finché ci si deve formare un’opinione su una determinata questione sulla quale ci si sente impreparati (punto a).
Serve finché si vuole accettare una strategia su qualcosa in cui si riconosce la propria incapacità a diventare esperti in tempi brevi.
Il primo esempio è fornito da tutte quelle letture delle materie scolastiche che ci danno le basi per capire questo o quello.
Il secondo esempio è per esempio fornito dai tanti nostri hobby: posso leggere un libro di giardinaggio o un libro sulla corsa per approcciare in modo corretto queste due attività.
Leggere libri non serve se si è solo spinti dalla curiosità di trovare risposte che pigramente vengono accettate per quel poco di buono che riteniamo portino con sé: la stragrande maggioranza delle persone è cioè nella condizione c, tanto che non è difficile imbattersi in persone che leggono moltissimo e che sono sempre in difficoltà durante una qualunque discussione, citano frasi, teorie, proposte di Tizio e di Caio senza nemmeno accorgersi che sono in contraddizione!
La domanda che ognuno dovrebbe farsi è:
Leggo un libro di politica (religione, sociologia, cultura… qualsiasi materia), mi ritengo abbastanza esperto da avere una mia opinione in proposito?
Se no, va bene. Se sì, beh, allora farei meglio ad avere una strategia più efficiente.
Strategia più efficiente significa andare al succo del libro, leggendo un’intervista con l’autore, una sua pagina di presentazione sul suo sito Internet ecc. Per chi ha già una propria opinione conta soprattutto conoscere l’approccio top-down dell’altro piuttosto che perdersi nei meandri dei dettagli.
In sostanza, leggere serve per formazione e per informazione, non serve per poter dissertare sull’opera con conversazioni da bar. Lasciamo il mestiere dei critici ai critici.