Questo articolo trae spunto da una bufala che è stata riportata come commento nella mia pagina Facebook. Il mio fan riportava la ricetta di Shakespeare per la felicità (“Sono sempre felice, sai perché? Ecc.). Frasi condivisibili, anche se un po’ scontate e generiche, a volte potenzialmente fuorvianti (“non permettere a nessuno di umiliarti o offenderti”, quindi il mio partner mi tradisce e io lo uccido!) perché la ricetta della felicità non si può certo racchiudere in frasi a effetto.
Il problema non è però il contenuto del messaggio, bensì che il testo citato fosse attribuito a Shakespeare. A me è parso subito chiaro che, per il linguaggio usato (fra l’altro il concetto di autostima è stato ampliato solo nel XIX sec. dopo gli studi di James), non fosse affatto di Shakespeare. Per rispetto al mio fan, gli ho semplicemente chiesto in quale opera fosse citato il brano; il mio fan spontaneamente ha poi fatto una ricerca ed è arrivato alla verità: il brano risale alla pagina Facebook di Eros Ramazzotti (2013) dove il nostro ha copiato il brano in italiano e in inglese. Non vi annoio con il fatto che per ulteriori indagini si può cercare il testo in inglese (I’m always happy, you know why?) trovando la vera storia della fake quote.
L’importante è che impariate due cose da questo aneddoto.
Fallacia ab auctoritate – Tutti sanno che si tende (commettendo un grosso errore razionale) a dare maggiore autorevolezza a una “verità” se espressa da una fonte autorevole: “l’ha detto la televisione”, “l’ho letto sul giornale”. Una versione più subdola della fallacia è quella che usavo ai tempi del liceo quando partecipavo a dibattiti scolastici, negli oratori o volevo stupire professori poco preparati che pensavano che io leggessi valanghe di libri: se dovevo esprimere un mio concetto lo attribuivo a un personaggio famoso o a uno addirittura inventato: “non so, non sono d’accordo, l’importanza storica del Risorgimento è messa in dubbio persino dal Pomellato”. Il povero interlocutore forse avrebbe messo in dubbio la mia tesi, ma come poteva mettere in discussione la tesi del Pomellato, rivelando la sua mostruosa ignoranza sull’esistenza dello stesso (che in effetti non esiste)? A Ramazzotti non sembrava vero di poter sembrare coltissimo con una bella citazione di Shakespeare e ad altri diffusori del brano non sembrava vero di propagare una perla di saggezza che condividevano senza il timore di essere smentiti (“l’ha detto Shakespeare”).
La pretesa delle fonti – Questa è forse la parte più importante dell’articolo che linkerò spesso a chi mi chiede le fonti di ciò che ho detto. Sovente chi vuole contestare una tesi, pretende le fonti perché da un lato non sa trovare contraddizioni in ciò che contesta e dall’altro spera che la materia sia frutto solo dello scrivente. In realtà questa richiesta rivela che il richiedente è una persona che sa solo chiedere, ma che non ama studiare o che ha una personalità molto vecchia in contrasto con la tecnologia dominante.
Infatti, il procedimento giusto sarebbe quello di cercare in Rete una confutazione (cosa peraltro banale) e poi sostenere il dialogo mostrando contraddizioni o errori. Pretendere le fonti significa di fatto non essere in grado di smentire ciò che si vorrebbe contestare con una ricerca ad hoc.
Esempio: se io sostengo che Napoleone vinse a Lipsia, bastano una decina di secondi per scoprire che sto dicendo una sciocchezza.
Quindi, non pretendete le fonti, ma cercate errori e documentateli al vostro interlocutore, ovviamente usando siti attendibili.