Ho acquistato “La felicità è possibile” e devo dire che mi ha aiutato in alcune piccole e grandi cose. Certo, la mia filosofia di vita era già molto simile alla tua, ma diciamo che mi hai fatto risparmiare tempo! Nel senso che credo sarei arrivata alle medesime cose che dici tu, ma magari con altri 10 anni di lavoro (adesso ne ho 32), quindi grazie, grazie di cuore! Ti scrivo però sull’articolo dei figli. Io credo che i figli si debbano fare per noi! Io ho fatto R. per me, nel senso che ero io a volere un figlio, avevo voglia di prendermi cura di una piccola creatura, avevo voglia di cambiare pannolini, di allattare, di passare il mio tempo con un cucciolino che aveva voglia e bisogno di me. Ritengo sano tutto ciò che rientra in un sano egoismo, quindi avere figli per sé, è un buon modo di amare sé stessi e gli altri. Ritengo anzi ipocrita chi dice di avere fatto figli per amore: amore per cosa? Per i figli, ma come si fa ad amare qualcosa che ancora non si conosce??? Non è possibile. Amore per il partner, ma cosa vuol dire amare il partner e fargli come regalo un figlio che non si sa cosa sia? C.
Fare un figlio per amore è come costruire qualcosa, lanciarsi in un’impresa, amare un’impresa, come scoprire una terra nuova (che quindi non si conosce). Per spiegarti il senso dell’impresa ti faccio un’analogia. Ho partecipato, con un mio amico, al recente torneo scacchistico di Jesolo. Abbiamo gareggiato nel torneo internazionale, forse sopravvalutando le nostre forze. Risultato un massacro, con molte sconfitte (6 su 9). Dopo una sconfitta io ero tranquillo, cercavo di capire gli errori e, tutto sommato, mi ero divertito. Il mio amico era arrabbiato, deluso, quasi depresso, anche se la sua autoironia lo salvava un po’. Ho capito che lui non ama gli scacchi, ma solo l’eventuale successo che ne deriva, le sensazioni immediate dopo una vittoria. In effetti ha fatto tante cose nella vita, ma tutte le ha improvvisamente abbandonate quando capiva che non poteva andare “oltre”. Per me giocare a scacchi è costruire qualcosa, capire tutto, giocare una partita “immortale”, senza errori (gli scacchisti, gente strana, non farci caso, le partite perfette le chiamano “immortali”). Forse non ci riuscirò mai, ma giocherò sempre.
Quello che voglio dirti è che le tue motivazioni vanno bene solo per i primi anni di vita del bambino, ma poi è illusorio sperare che cresca al meglio senza un grande investimento di risorse da parte tua, risorse che spesso sono in conflitto con i tuoi egoismi. Inoltre c’è il grave pericolo che tu lo veda sempre come un cucciolino e che non sappia staccartene, lasciandogli vivere la propria vita.
Apprezza la differenza. Se io ho voluto un figlio solo per “fare la madre” e cambiargli i pannolini, quando se ne andrà probabilmente proverò un senso di vuoto tremendo; se invece lo avrò fatto per l’amore di contribuire alla costruzione di una nuova vita, sarà come vedere salpare una bellissima nave che sentiamo aver costruito pezzo per pezzo. Ci sarà qualche rimpianto, ma anche la consapevolezza di aver fatto qualcosa di unico, di aver vissuto bene la propria vita.