Se vi dico “Bel Paese” cosa vi viene in mente? Spero che molti pensino all’Italia con cui questa locuzione viene spesso indicata poeticamente. Pochi sapranno riferirla a Dante o a Petrarca; alcuni acculturati potranno ricordare l’omonima opera di Stoppani che alla fine del XIX sec. ebbe grande successo.
Purtroppo ci saranno quelli che non potranno fare altro che ricordarsi il formaggio della Galbani. Quale sia la percentuale di questi poveri diavoli non è dato a sapere, ma sono sicuro che è alta.
L’impressione nasce dalle risposte ai quiz che stiamo pubblicando nel sito. Avevo suggerito a Daniele, il mio redattore, di inserire nelle risposte anche un “non lo so” perché, in fondo,
la persona intelligente ammette la propria ignoranza, non s’inventa delle risposte.
I decerebrati che fanno? Non usano l’ultima opzione e con grande sicurezza sparano risposte incredibili.
Pensano che il lago più grande d’Italia sia il Lago Maggiore (“certo, di geografia non so nulla, ma io sono furbo, se si chiama Maggiore “una ragione ci sarà!”).
Molto gettonati anche i nuovi abitanti di Caltanissetta, ovvero i caltesi e i calatafimesi (“come sopra, la mia furbizia mi spinge a capire facilmente che il nome degli abitanti deve iniziare per C, solo un cretino sceglie nisseni”).
La montagna più alta degli Appennini? (“ovvio, non può che essere il Cimone, la grande cima. Non mi si può fregare!”).
E così via. Notate come la presunzione di essere furbi e di fare a meno della cultura faccia compiere scelte sbagliate (le stesse di chi si fa fregare in questo o in quello).
Capita la morale? Non è l’ignoranza che causa i problemi perché spesso il buon senso sopperisce alla carenza di informazioni.
È la superbia che mischiata all’ignoranza crea un mix esplosivo che fa scegliere strade sbagliate
e alla fine la gente resta fregata nel lavoro e nella vita privata.
Morale: la cosa più penosa non è tanto l’ignoranza degli italiani (del resto confermata da diverse statistiche europee) quanto la superbia degli ignoranti. Ogni volta che incontro il pubblico su questo o quell’argomento trovo l’ignorante di turno che, senza basi specifiche, mi vuole vendere la sua ricetta perché “lui ha capito tutto”. Lo so, “è facile vivere in un mondo di stupidi”, ma l’orizzonte del Paese diventa sempre più nero, se le cose non cambiano.
Per capirci, anni fa ci fu la meteora Di Pietro; molti italiani credettero in lui come sinonimo di quell’onestà che doveva cambiare il Paese. A prescindere dalle idee, quello che non funzionava nel personaggio era la sua scadente caratura culturale che, di fatto, lo rendeva inaffidabile appena le cose diventavano “difficili”. Oggi le cose non sono cambiate con una classe politica che probabilmente farebbe una figuraccia nei nostri quiz, ma che s’illude di dirci come l’Italia diventerà grande.
Senza cultura si sottovive: tutti sanno usare il cellulare o muoversi su Facebook, ma quanti sanno usare (bene) un foglio Excel? Magari semplicemente per calcolare le tasse che si dovranno pagare, senza cadere dalle nuvole quando il commercialista comunicherà l’importo.
La superbia dell’ignoranza è quella che spinge la gente a illudersi che si possa cambiare vita alle slot machine o al Gratta e vinci, che si possa predire e quindi migliorare la propria esistenza ascoltando in tv le parole di un astrologo, che porta a dire che il malocchio e la superstizione sono fatti provati. Fin qui molti rideranno, sentendosi immuni, ma inutile essere immuni dal colera se poi si prende la peste. Così molti pseudointelligentoni credono alle più allucinanti teorie solo perché le hanno lette su Internet, che i vaccini causano l’autismo, che l’omeopatia cura veramente ecc. Osservate quante pubblicità demenziali trovate in Rete: impara 27 lingue in poche ore, dimagrisci 20 kg in una settimana, guadagna e diventa ricco da casa tua ecc. C’è gente che vive su queste cose, sulla pollaggine della gente e, credetemi, ci vive alla grande; come anni fa Vanna Marchi, ma in modo legale. Tempo fa un mio buon conoscente voleva dimagrire. Che fa? Chiede consiglio, legge un mio libro? No, ordina su Internet l’ultimo ritrovato, pillole magiche., Ora è 10 kg più di prima. E lui ha un titolo di studio, fornitogli da quella scuola che continua a sfornare asini, contenta che agli esami di maturità ci sia il 99% di promossi.
Molti potranno non essere ancora convinti che la cultura non serva e che non è vero che è l’olio con cui si lubrifica il cervello. Bene provate a vedere i danni che nella popolazione fa ancora oggi il romanticismo. Per chi non lo sapesse la metà degli episodi di stalking è attribuibile a una personalità romantica. Eppure se chiedete alla gente quale parola preferisce fra romanticismo e tecnologia, a pelle, molti risponderanno la prima. Assenza totale di cultura. Sì, perché chi ha un po’ di cultura sa benissimo che romanticismo e qualità della vita non vanno a braccetto.
Provate a studiare le grandi opere liriche, sbocciate nell’età romantica. Dipingono una vita allucinante, dominata da concetti come amore e patria che non sono ideali, ma macigni che affondano la gente. I protagonisti muoiono praticamente tutti con un elenco che sembra la strage dell’11 settembre: Radames, Aida, Andrea Chénier, Carmen, Falstaff, Manrico e il Conte di Luna, Mimì, Tosca e Mario Cavaradossi, Edgardo e Lucia, Manon, Madama Butterfly, Norma, Otello, Desdemona, Tonio e Nedda, Gilda, Salomè, Tannhäuser. A una persona equilibrata le trame appaiono ridicolosamente tragiche.
Insomma anche il mio cane, dopo aver studiato un po’ il romanticismo, conclude che è “roba da sfigati”, ma nella popolazione rimane un cult tanto che la sdolcinata pubblicità di Telethon non trova niente di meglio che far dire a una mamma con il figlio malato “che lei dovrebbe insegnare a suo figlio solo a sognare”, come “solo”? E il resto della vita chi lo insegna al povero figlio? Con una mamma così, per forza che i geni si sono rifiutati di fare il loro lavoro.
Quindi, ultimo consiglio a ruota libera, la prossima volta, non dite alla persona che amate “ti amo da impazzire”, ma semplicemente “ti voglio bene”.