Penso che tutti abbiano visto in televisione la tradizionale corsa dei tori che si svolge nelle strade di Pamplona per i tradizionali festeggiamenti di San Firmino.
“Nove giorni di baldoria, balli, canti. Ma anche di corride, di paura e di sangue nella corsa forsennata dei tori, appena liberati dalle stalle, e di irresponsabili* che sfidano le loro corna lungo un percorso transennato 848 m fino all’arena, l’encierro”. Ogni anno ripropongo il mio giudizio negativo su questa tradizione; oggi vorrei anche arricchirlo di ulteriori considerazioni (la sindrome del domatore, vedi sotto).
Tornando a Pamplona, fra i partecipanti (e fra i feriti) molti turisti che evidentemente amano farsi del male.
Cosa ci può essere dietro questa antica esibizione? Probabilmente il desiderio di mettersi alla prova, dimenticando che
chi ha bisogno di provare il proprio valore in realtà non vale nulla.
Si noti che migliorarsi è umano (anche per il semplice vivere meglio), ma non certo per dimostrare agli altri o a me stesso di valere qualcosa: per esempio, se ottengo una promozione, guadagno di più, ma il giudizio sulla mia persona resta immutato!
La prova di coraggio è tipica delle società e delle sette in cui la qualità della vita del singolo è comunque sottomessa a ideali presunti nobili e dal valore infinito (concezione romantica). Il coraggio visto come aspetto irrinunciabile della dignità umana, anche quando, senza nessun motivo, si rischia di peggiorare la qualità della propria vita. È un po’ come correre a fari spenti nella notte: si proveranno anche sensazioni splendide, l’adrenalina che sale a mille, ma che aggettivo dare a questo comportamento? Scegliete voi, ma non siate indulgenti. In genere la persona “coraggiosa” pensa che non ci sia nessun pericolo, che a lui, giovane e forte, non toccherà mai, con un ottimismo che gli trasferisce un senso di immortalità. Lo stesso senso che pervadeva un mio conoscente, spericolato alpinista, oggi su una sedia a rotelle.
La sindrome del domatore
Vorrei però leggere la tradizione di Pamplona anche alla luce di tutti quei comportamenti in cui c’è di mezzo un animale che viene in qualche modo “domato”. L’animale è il mezzo con cui affermare la propria forza (un po’ come il pugile usa un altro essere umano, se volesse provare la sua forza basterebbe dedicarsi al lancio del peso, dove però verrebbe meno la “prova di coraggio”).
Ecco quindi che la presenza dell’animale domato coniuga da un lato la prova di coraggio e dall’altro la prova di forza (necessaria per gestire la situazione). Le personalità coinvolte sono quella violenta, quella romantica e quella irrazionale, ovviamente in misura diversa a seconda del soggetto e della situazione.
Un altro esempio della sindrome del domatore è il palio di Siena dove non c’è nessuna logica nel mettere in pericolo la vita di cavalli e fantini correndo in un luogo assurdo per una corsa ippica. Non si tratta solo di una condanna animalista (sacrosanta), ma anche di una condanna dell’irrazionalità di chi plaude a questa manifestazione.

Ernest Hemingway la raccontò nel suo romanzo Fiesta (Il sole sorgerà ancora)
La sindrome del domatore non si verifica solo al circo o nelle tradizioni, ma è sotto agli occhi di tutti con le migliaia di cani di razze pericolose esibiti come agnellini perché il proprietario “sa gestirli”. Che senso ha prendere un cane (che magari addestrato correttamente diventa buonissimo) che comunque si ha difficoltà a gestire fra la gente perché di grande mole o semplicemente perché genera paura? Non sono certo un pauroso, ma se sto correndo sull’argine e vedo un cane di grande mole libero non sono così fesso da corrergli incontro solo perché il decerebrato padrone mi grida che “non fa nulla” (con forza calma, mi fermo e lo obbligo a metterlo al guinzaglio, come dovrebbe essere per legge, dimostrandogli che, con un cane simile, viene comunque limitata la sua libertà d’azione perché non può certo pretendere di limitare quella degli altri**).
Domatori di tutto il mondo, non usate gli animali per credervi immortali, forti, invincibili.
*(ho fatto un copia/incolla dalla notizia dell’agenzia di stampa, ma non ho potuto non sostituire impavidi con irresponsabili – N.d.D.)
** in genere il proprietario non è certo un criminale (i criminali non portano a spasso il cane), ma una persona normale che s’illude di essere un navy seal solo perché “controlla” un cane di razza comunque associata alla forza.