Gli errori dei genitori possono essere molti perché essere genitori non è facile, ma sorprende la superficialità con cui molti intraprendono l’impresa. Alla base c’è spesso la strategia del praticone: per imparare qualcosa, basta provarci (“sbagliando s’impara”). Il problema è che se l’errore è irreversibile non si riesce a recuperarlo e la qualità della vita degrada. Per approfondire leggete l’articolo sull’esperienza.
Come costruirsi l’esperienza
Spesso mi si accusa di parlare a vanvera di figli poiché io ho deciso di non averne. Chi fa quest’affermazione ha capito ben poco della vita (curioso poi magari il fatto che accetti, se è credente, che il papa parli di famiglia, di figli, di sesso ecc.); in particolare ha un’intelligenza acquisitiva molto scarsa; infatti dà un’importanza eccessiva all’esperienza da sé rispetto a quella da altri. Basta riflettere un attimo e si comprende immediatamente che fra l’esperienza da sé (cioè basata su quello che accade a noi) e quella da altri (basata su ciò che accade a chi ci è intorno), la seconda è decisamente più importante. Non basterebbero dieci vite per avere le stesse informazioni che possiamo desumere (gratis!) dagli errori altrui.
Del resto l’accusa che mi si muove è facilmente smontata dal fatto che sono il padre virtuale di tantissimi giovani che a me si rivolgono per le carenze dei loro genitori.
A chi ancora non fosse convinto ricordo che la grande educatrice Maria Montessori (alla quale si deve il metodo educativo omonimo) non allevò nessun figlio; non sposata, da una relazione ebbe un figlio che affidò di nascosto a una famiglia di un paesino laziale; solo dopo la morte della presunta madre, Maria Montessori si prese carico del figlio, ormai quattordicenne, facendolo passare per suo nipote.
Morale: guardatevi intorno, osservate gli errori più comuni che fanno genitori insufficienti e agite di conseguenza!
Di seguito descriverò tre errori classici. So che l’articolo (come molti nel sito) è sgradevole, ma, se volete bene ai vostri figli, mettete da parte il vostro ego e riflettete.
- L’equilibrio
- Il tempo
- L’amore.
Gli errori dei genitori: l’equilibrio
L’espressione “tale padre, tale figlio” non ha nulla di genetico in sé, ma riflette semplicemente il fatto che il genitore
- tende a replicare l’educazione da lui avuta e
- la modula con la sua personalità.
Già il primo punto è un grave errore, sottolineato da Rousseau tre secoli fa! L’errore consiste nel fatto di non capire che il mondo va avanti e dare a un figlio l’educazione che si è ricevuta 30 anni prima vuol dire penalizzarlo, un po’ come un medico che voglia curare i pazienti con una medicina vecchia di trent’anni. Cambiano gusti, tendenze, cambiano le priorità e i valori della società.
Quindi: aggiornatevi!
Il secondo punto di per sé non è un errore, ma lo diventa quando il genitore non è persona equilibrata.
Lo so, molti credono di esserlo, ma provate il test di personalità di Albanesi e scoprirete i vostri difetti.
Altri sono ben consci di avere qualche aspetto della personalità che non è proprio il massimo; i più intelligenti cercano di correggersi o, per lo meno, di non penalizzare il figlio (di solito è l’altro genitore che interviene: “non fare come papà che ecc.”).
In ogni caso avere personalità critiche è un campanello d’allarme sulle capacità educative del genitore. Di fatto, è un handicap con cui il figlio parte, in fondo parte da una condizione di povertà esistenziale.
Facciamo un esempio che ho notato tante volte. Se il genitore è svogliato, il bambino diventerà uno di quei piagnucolosi che non fanno altro che dire “mamma, fa freddo/caldo”, “mamma sono stanco, basta camminare”, “mamma, quando torniamo a casa?”, “mamma, sono stufo” ecc.
Se il genitore è apprensivo, opprimerà il bambino con un sacco di osservazioni inutili e, in definitiva, gli darà una visione del mondo non corretta. Riporto una mail:
Fra tutte le valide motivazioni che hai espresso sul tuo sito sul perché NON avere figli, secondo me ne manca una. Un figlio ti ruba il cuore. Per quanto tu sappia essere razionale, la tua felicità dipenderà per sempre dalla felicità di tuo figlio… Questo è un motivo valido per non volere figli: non sarai più veramente padrone della tua felicità. Questo “furto” a me è successo nell’istante stesso in cui ho visto mia figlia uscire dal grembo di mia moglie. È stato come essere colpiti da un fulmine. Da allora il mio cuore, i miei sentimenti, il mio stato d’animo sono legati al suo benessere in un modo che definirei irrazionale, ma potentissimo.
Ovviamente non sono d’accordo, infatti la motivazione soprariportata non l’ho messa. Penso che alla base del ragionamento ci sia l’ancora incompleta elaborazione della morte e della fine delle cose, la non accettazione di questi concetti.
Una delle condizioni per cui si possa parlare di oggetto d’amore è l’indipendenza da esso. Si fa un figlio non per sé, ma per lui, lo si educa al meglio, ma poi lo si lascia andare. L’amore non può creare dipendenze, non deve essere una medicina o peggio una droga da cui dipende la nostra felicità, deve essere disinteressato, con la consapevolezza che per qualche motivo potrebbe finire. A me è capitato due volte di scontrarmi con questo problema.
La prima volta è quando conobbi mia moglie e seppi che era rimasta orfana in giovanissima età causa la morte improvvisa di sua madre per un’emorragia cerebrale. Allora a digiuno di informazioni sul problema medico, ricordo che mi chiesi: “ma se capitasse anche a lei? Cosa sarebbe della mia vita?”. Ricordo che mi risposi subito: “Certo sarà doloroso, ma si supererà, l’unica cosa che conta è che io le dia tutto quello che posso darle”. E immediatamente divenni sereno e positivo.
Il secondo è quando è morta Cassie, la mia springer. Ancora oggi, in ogni cespuglio che batto con Kelly rivedo il guizzo bianco e nero di Cassie, in ogni punto della campagna mi aspetto qualcosa perché anni fa con l’antica compagna c’era stato qualcosa. Ma non c’è tristezza, le ho dato tutto quello che potevo e questo scalda il cuore.
Quello che voglio dire è che chi interpreta male la vita (e chi non è equilibrato lo fa) si predispone a farla interpretare male al figlio.
Quindi: guardatevi dentro e non trascurate i vostri difetti!

Chi interpreta male la vita (e chi non è equilibrato lo fa) si predispone a farla interpretare male al figlio.
Gli errori dei genitori: il tempo
Ammesso che siate equilibrati, avete il tempo per occuparvi dei vostri figli?
Anche qui la sicumera del genitore che pensa di essere il migliore del mondo porterà a una scontata risposta affermativa, senza chiedersi cosa vuol dire “tempo”. In genere si convince che è “tutto ciò che resta tolto il lavoro e i “necessari” momenti per sé”. Questa interpretazione di fatto vuol dire relegare il figlio in terza posizione dopo lavoro e sé stessi.
Proprio perché posporre i figli al lavoro significa praticamente demandare ad altri l’educazione e quindi non essere certo un buon genitore, a prescindere poi dal fatto se gli “altri” facciano o meno un buon lavoro, occorre subito precisare la differenza fra lavoro e carriera. Chi vuole fare carriera (sia uomo o donna) non potrà essere un buon genitore, a prescindere da quale sia il risultato, se cioè il figlio sia cresciuto o meno bene, per il semplice fatto che il genitore avrebbe potuto dargli sicuramente molto più amore. I casi che vengono spesso citati di ragazzi “ben cresciuti” da genitori in carriera non hanno peso perché il merito non è certo dei genitori: anche ragazzi cresciuti in un orfanotrofio possono diventare adulti molto validi!
Il lavoro
I politici voglio spingere la popolazione a fare figli dando incentivi (che rappresentano qualche percento di quanto costa realmente far crescere un figlio) oppure facilitazioni che risolvono molto parzialmente il problema.
Che l’educazione del figlio sia affidata ad altri ci sta, ma tale delega non deve influire su “come” si cresce un figlio. Invece la stragrande maggioranza dei genitori considera il figlio come un pacco di cui occuparsi solo in particolari momenti della giornata o della settimana.
Il genitore superimpegnato non sarà mai un buon genitore, inutile girarci intorno. Anche ammesso che scelga i migliori precettori per suo figlio, il figlio diventerà “figlio di altri”, non suo, un genitore “assente”.
So che molti avendo letto il termine “superimpegnato” saranno d’accordo, tanto non è la loro situazione! In realtà, ci sono altri casi che si devono esaminare nel caso di lavori “normali”.
La scelta del precettore – Rispondete subito: preferireste mandare vostro figlio in un asilo moderno, dove si insegna l’inglese e tante altre materie creative, le strutture sono nuovissime, il personale è qualificato ecc. oppure in un asilo vecchio, dove personale non qualificato si limita, pur con tanto amore, a curare i bambini facendo loro semplicemente trascorrer il tempo? Se non siete ubriachi, spero abbiate optato per la prima soluzione.
E allora: perché affidate i vostri figli ai nonni? Francamente, la percentuale di persone moderne c’è, ma è molto, molto bassa. In alternativa, date ai vostri figli un’educazione che rischia di essere indietro di almeno 50 anni. Ho notato più volte che le paure dei bambini (che i loro genitori in età adulta hanno superato) derivano dall’educazione ricevute dai nonni.
Molti mi diranno che non hanno altra scelta, che le alternative costano troppo ecc. D’accordo, ma bisogna avere la consapevolezza che si stanno penalizzando i propri figli e che quindi sarà necessario essere ancora più presenti.
Il lavoro inutile – Questo paragrafo riguarda soprattutto le donne. Il femminismo ha sicuramente avuto il pregio di porre l’attenzione sulla questione femminile e ha fatto migliorare la condizione delle donne. Ha però anche creato dei condizionamenti, tanto che oggi molte donne “si sentono realizzate solo se hanno un lavoro”. Premesso che il lavoro è una condanna sociale e che, se si potesse, sarebbe meglio non lavorare (ma dedicarsi a ciò che si ama), niente da dire per una donna che ha un lavoro concreto e interessante, di fatto è nella stessa condizione del padre. Purtroppo non è difficile trovare nella popolazione tante madri che lavorano “perché si deve”. Si cercano un lavoro part time e guadagnano alla fine quello che spendono per la gestione dei figli, fra tate e asili vari, senza contare lo sbattimento di spostare il “pacco” durante la giornata. Qualunque persona efficiente converrebbe che sarebbe molto meglio se stessero a casa a curare i propri figli.
Morale per le madri: se volete lavorare, trovate un lavoro vero, non penalizzate i vostri figli solo perché “con il lavoro vi sentite realizzate”.
Il lavoro che uccide – Avete un lavoro che vi impegna il giusto, avete scelto i migliori precettori per i vostri figli, cosa manca ancora? Che dovete avere le energie per vivere con loro quando tornate a casa. Vivere con loro significa interessarsi alla loro giornata, commentarla, trovare spunti per insegnare qualcosa, avere momenti di svago in cui divertirsi e amare questo o quello. Facile? Mah, da quello che vedo, la maggior parte dei genitori arriva a casa spesso stanca, magari anche incazzata per problemi lavorativi o, quel che è peggio, pronta a discutere con il coniuge di questo o di quello mentre il “pacco” resta in disparte a giocare con i suoi bei giochi.
Morale: se non avete la forza fisica o mentale per occuparvi dei vostri figli, vi predisponete a educarli male.

Vivere con i figli significa interessarsi alla loro giornata, commentarla, trovare spunti per insegnare loro qualcosa, avere momenti di svago in cui divertirsi e amare questo o quello
La vita privata
Sono sicuro che sul lavoro il messaggio tramesso sia abbastanza condivisibile, ma i miei detrattori insorgeranno quando parlo della vita privata.
Tralasciamo il caso disastroso in cui il figlio sia fatto da una coppia non affiatatissima; se non siete assolutamente certi di amare il vostro partner (in quel momento), lasciate perdere, perché potenzialmente esponete il figlio a crescere con genitori che litigano, che si separano, che magari finiranno per trattarlo come un oggetto di proprietà nei casi di divorzio più difficili. Il buon senso dovrebbe rendere le righe precedenti del tutto banali da recepire, ma la cronaca ci racconta di tante storie dove si è fatto un figlio in condizioni di precarietà della coppia, magari con l’assurda logica di “salvarla”.
Anche in caso di coppia affiatata ci può essere un problema. Parliamoci chiaro: troppi genitori pretendono di vivere come prima che avessero un figlio. Esempio classico è di chi porta il “pacco” fuori per momenti di evasione e si comporta come se non ci fosse (magari restando dagli amici fino a tarda notte). Qualche anno fa ad Acqui Terme alla fine del torneo di scacchi dovevamo attendere la premiazione di mia sorella; decidemmo di andare a mangiare qualcosa in un ristorante vicino. Pessima decisione, visto che era stata la stessa di una famiglia che festeggiava la domenica con la classica uscita. Peccato che i due disgraziati avessero un bambino piccolo che, povera creatura, non capiva perché dovesse essere costretto a fare una vita da grande, immobile, seduto per un paio d’ore (“e che cavolo? Solo perché hai un figlio devi rinunciare alla frutta, al dolce, al caffè e all’ammazzacaffè?”). Il risultato è che strillava a tratti, sempre più frequentemente, rivelando una spiccata dote per la musica lirica. I due disgraziati se ne disinteressavano e parlavano come se fosse figlio altrui, mentre tutti osservavano la scena con evidente pena per il “pacco”.
Si possono citare innumerevoli esempi di “egoismo genitoriale”, probabilmente dovuto al fatto che anticamente si insegnava a onorare i propri genitori, mentre modernamente sono i genitori che dovrebbero onorare i propri figli!
Genitori che passano la domenica incollati al televisore, altri che programmano le vacanze come se il “pacco” non esistesse, altri che per avere momenti di privacy ricorrono alla strategia di “portarlo dai nonni che desiderano tanto averlo con sé” ecc. Spero abbiate capito. Ma vi voglio fare un ultimo esempio.
Sono stato contattato dal sito più importante di stroller moving per stilare programmi di allenamento per runner o walker che vogliono allenarsi portando il loro bambino nel passeggino.
Francamente, trovo lo stroller running abbastanza discutibile come scelta di vita. Chi ama lo sport non può comunque premetterlo a un figlio e il passeggiare con esso deve essere fatto in funzione sua, non egoisticamente propria! Quindi niente uscite con eventi atmosferici impossibili, niente uscite troppo lunghe, attenzione durante il percorso ai suoi bisogni ecc. Lo stroller va in direzione completamente opposta, con il bambino che è un “peso” da portare durante il proprio allenamento, allenamento che è lo scopo principale dell’uscita. Inoltre, ogni persona che ama la corsa dovrebbe essere abbastanza matura da poterne fare un po’ a meno per un anno (altrimenti è una droga e quando ci si infortuna è un dramma) e comunque dovrebbe essere preponderante il nuovo amore (figlio). Lo stroller è in sostanza uno dei tanti modi con cui il figlio diventa un “pacco” da gestire al meglio.
Ora vado perché Dolly mi guarda; so che ci sono sette gradi sotto zero, che i fagiani sono ormai estinti, ma si va comunque perché sarebbe un peccato non vivere un momento tutti e tre (con mia moglie) insieme.
Gli errori dei genitori: l’amore
Ammesso che siate equilibrati e dedichiate il giusto tempo ai vostri figli, come amarli? Certamente non “dando a loro quello che vogliono” (errore educativo gravissimo); non basta nemmeno un “dedicando a loro tutto il tempo possibile” (lo studente può studiare anche 24 ore al giorno, ma essere poi bocciato all’esame).
Come detto più volte,
amare positivamente i figli s’identifica con la capacità di educarli alla vita.
A chi mi accusa di non capire nulla di figli ho già risposto nel primo di questi articoli dedicati agli errori genitoriali. Rilevo comunque che l’accusa mi arriva sempre da chi ha i figli nell’età dell’oro; quando i figli diventano adolescenti le critiche diminuiscono forse perché il genitore si rende conto che l’ottimismo sulle sue capacità educative era eccessivo e che quel cretino di Albanesi qualche ragione ce l’aveva.
Purtroppo i genitori parlano poco con i figli, non li educano abbastanza alla vita. Classicamente si fa l’esempio dell’educazione sessuale, ma in realtà il dialogo dovrebbe riguardare tutti, ripeto tutti, i temi della vita: come scegliere gli amici (e magari diventare leader del gruppo), come scegliersi i primi partner, come evitare i tanti difetti della personalità, l’importanza di questo o di quello. Insomma,
il genitore deve scrivere per il figlio un’enciclopedia della vita.
Anni fa un mio amico, grande cacciatore, mi raccontava che aveva il figlio che causava qualche problema a scuola. Un giorno lo porta a caccia e ci incontriamo. Lui mi presenta al figlio e mi dice: “mi fa un po’ disperare con la scuola, ma è un bravo ragazzo”. Lo guardo e con parole molto distaccate e un sorriso “mah, sono scelte tue, la scuola è però importante. Vedi, tuo padre lavora ancora e io questa mattina, mentre lui lavorava, ho preso un paio di fagiani. Se non avessi studiato, non avrei mai trovato un lavoro che mi ha permesso di essere in pensione da anni”.
Ora il ragazzo è cresciuto e subito dopo il diploma ha trovato un posto di lavoro e appare maturo. Non sarà stato per quelle poche parole, ma può darsi lo abbiano fatto riflettere.
In sostanza, qualunque errore che il ragazzo commette non ancora maturo può essere ricondotto a una cattiva o errata educazione.
Ci sono genitori che trascurano completamente molti argomenti, salvo poi accorgersi che erano importanti al primo grave errore del figlio.
Purtroppo non basta discutere su tutto, ma occorre farlo con il linguaggio del bambino o del ragazzo. Un atteggiamento troppo didattico non crea feeling e dipinge la figura del genitore come un noioso vecchio al di fuori della realtà attuale. Anche la propria esperienza deve essere “venduta” con esempi che il giovane può interpretare come positivi o negativi, validi anche per lui.
Il genitore deve essere un amico, un confidente: solo così può diventare un faro non oscurabile dalle tante luci fatue che ci sono attorno.