Il clerodendro è un arbusto perenne per lo più a portamento rampicante che può essere coltivato anche come albero. Il termine clerodendro è l’italianizzazione del nome del genere Clerodendrum; quest’ultimo appartiene alla famiglia delle Lamiacee; in passato, il genere era attribuito invece a quella delle Verbenacee. Ne esistono piante decidue e o sempreverdi (come il Clerodendrum thomsoniae, molto usato in appartamento). La specie più nota di questo genere è il Clerodendrum trichotomum, o clerodendro giapponese.
Classificazione – Genere: Clerodendrum; famiglia: Lamiacee.
Origine – Asia e Africa.
Habitat – Il genere Clerodendrum è molto vasto e gli habitat possono variare anche molto a seconda delle specie; il Clerodendrum trichotomum, specie acclimatatasi nel nostro Paese, è presente dal livello del mare fino a 800 m di quota in terreni freschi, umidi e profondi.
Usi – Le piante di clerodendro sono usate per lo più come elementi singoli in giardini e aiuole, ma le foglie trovano applicazione anche in erboristeria per le loro proprietà ipotensive.
Etimologia – Il nome del genere, Clerodendrum, deriva dal greco kléros, sorte, destino e déndron, albero: il significato è quindi albero del destino.
Curiosità – La prima comparsa del clerodendro nel continente europeo risale alla fine del XVIII sec. quando furono introdotte due specie da serra, Clerodendrum chinense e Clerodendrum squamatum, provenienti dalla Cina.

La pianta di Clerodendrum thomsoniae è sempreverde e produce fiori dal calice bianco candido e i petali rosso cremisi
Clerodendro – Coltivazione
Il clordendro è una pianta arbustiva; i suoi rami possono raggiungere 3-4 metri di altezza, crescono fino alla base del tronco e sviluppano foglie ovali con lunghi piccioli e la pagina inferiore ricoperta di una sottile peluria. I fiori, che sbocciano a grappoli sugli apici dei rami, sono piccoli e a stella, con cinque petali rossi e bianchi. Sono inoltre altamente melliferi e attirano perciò le api. La fioritura avviene a partire dall’estate fino ad autunno inoltrato, quando si sviluppano i frutti: piccole bacche di colore blu circondate da un calice rosso acceso, che rendono questa pianta molto decorativa anche d’inverno. Le bacche sono commestibili per gli uccelli ma velenose per l’uomo, in caso di ingestione.
Vita – Pianta perenne.
Dimensioni – Altezza: 4 m; larghezza 4 m.
Tempo altezza massima – 30 anni circa.
Esposizione – L’esposizione ideale per il clerodendro è in un luogo luminoso e soleggiato. Teme il freddo il vento invernale, perciò nelle regioni con inverni molto rigidi è necessario proteggere l’apparato radicale con un’adeguata pacciamatura organica alla base della pianta. Per gli esemplari giovani, è bene prevedere una protezione anche per la chioma in inverno, con teli traspiranti.
Temperatura – Tollera temperature comprese tra -10 e 40 °C.
Terreno – Il clerodendro cresce bene in qualsiasi tipo di terreno ma è preferibile metterla a dimora in un terreno umido, ricco di materia organica e ben drenato.
Fioritura – Da fine giugno sino ad autunno inoltrato.
Annaffiatura – Le annaffiature devono essere regolari durante il periodo vegetativo fino all’autunno, poi devono essere praticate solo quando il terreno è secco, e sospese del tutto in inverno.
Concimazione – Dalla primavera all’autunno il terreno va arricchito con concime granulare a lento rilascio, per favorire una fioritura rigogliosa.
Potatura – La potatura del clerodendro va fatta in autunno, recidendo i rami fino a circa 50 cm dalla base per favorire lo sviluppo di nuovi rami, ed eliminando i polloni basali. Nel periodo vegetativo, invece, sarà necessario eliminare via via i fiori appassiti, per stimolare la pianta a produrne di nuovi fino all’autunno.
Se invece si intende far crescere il clerodendro come albero, è necessario fare una potatura di formazione: eliminare tutti i rami fino a che il fusto principale non raggiunge l’altezza di circa 2 metri, sviluppando la chioma, da potare poi a seconda della forma e delle dimensioni desiderate.
Moltiplicazione e impianto – La riproduzione del clerodendro si può ottenere per semina, per talea o per divisione dei polloni basali.
La semina si effettua in primavera, ponendo i semi in un contenitore protetto al caldo con terriccio specifico, fino alla comparsa dei germogli, che rende possibile lo spostamento in vaso. È il metodo più lento e non garantisce che le nuove piantine siano identiche alla pianta madre.
La talea invece va realizzata prelevando porzioni di rami lunghe circa 15 cm, sempre in primavera, e ponendole a radicare in un miscuglio di sabbia e torba in un contenitore tenuto a temperatura costante (circa 18°). Una volta sviluppate le radici, le nuove piante possono essere messe a dimora anche direttamente in piena terra. La messa a dimora va fatta preferibilmente in primavera e se si hanno più piante è opportuno distanziarle di almeno 1 metro fra di loro.
La divisione dei polloni basali, infine, si effettua in primavera o in autunno, staccando i rami più vigorosi che si sviluppano dalla base della pianta e trapiantandoli o in un cassone freddo o direttamente nel terreno, avendo cura di prelevare anche il pane di terra che avvolge il loro apparato radicale.
Questo arbusto può essere coltivato anche in vaso, purché sufficientemente largo e profondo, ponendo sul fondo uno strato di sabbia per garantire il drenaggio del terreno. In vaso, la pianta va annaffiata più abbondantemente, anche in inverno, ed è consigliabile aggiungere all’acqua di irrigazione del concime liquido in primavera e in estate. Una volta all’anno, in primavera, deve essere effettuato il rinvaso in un vaso più grande.
Malattie – Le principali minacce alla salute del clerodendro sono le cocciniglie, il ragnetto rosso e il marciume radicale causato dal ristagno idrico. In primavera è possibile applicare alla pianta prodotti antiparassitari preventivi per proteggerla durante la fioritura.

Se vengono strofinate, le foglie del clerodendro (nell’immagine Clerodendrum trichotomum con bacche blu e fiori rosa) emettono un piacevole profumo
Nota – Quando sono italianizzati, i nomi delle piante (rosa, geranio, clerodendro ecc.) vanno in minuscolo; restano maiuscoli quando si usa la corretta dicitura botanica che vuole il genere in maiuscolo e la specie in minuscolo: Rosa alba. Per alcune diffuse piante c’è confusione fra grafia italiana e latina. Per esempio, photinia o fotinia? La grafia latina è ormai usata anche nel linguaggio comune e si scrive photinia in minuscolo. Nel linguaggio comune esiste cioè la doppia grafia, piracanta e pyracantha.