Volo pindarico è una locuzione utilizzata per indicare, in negativo, in riferimento a un discorso parlato o scritto, un passaggio rapido, senza una chiara connessione logica, da un argomento a un altro, oppure un’azzardata digressione da quello che è l’argomento principale della discussione.
(“Il terzo atto del romanzo è un volo pindarico nel Seicento, in una casa di campagna dove un gruppo di donne seleziona erbe“; 5 maggio 2016, La Stampa“).
Spesso e volentieri, però, questa raffinata locuzione viene usata a sproposito, attribuendole un significato improprio, generalmente quello di “non farsi illusioni”, “restare con i piedi per terra”, un’interpretazione decisamente arbitraria, sicuramente errata.
(“…Tutto però sembrava complicarsi proprio per la rottura tra Borriello e Foschi. Al punto che si sarebbe potuta ipotizzare una virata di Lo Monaco sullo stesso Borriello. A fermare ogni volo pindarico, però, c’è l’ingaggio dell’ex attaccante di Milan, Juventus e Roma“; la Repubblica, 28 dicembre 2012”).
L’espressione può comunque essere utilizzata anche con valenza positiva; il saper compiere voli pindarici, infatti, indica la capacità di saper saltare da un argomento all’altro, mostrando notevoli capacità digressive, mantenendo un filo conduttore nel discorso.

Raffigurazione del busto del poeta greco Pindaro
Volo pindarico – Origine del modo di dire
L’espressione fa riferimento allo stile enfatico del poeta greco Pindaro (518 a.C. – 438 a.C.; personaggio importante per la letteratura greca, ma poco apprezzato ai suoi tempi per le sue idee conservatrici, sia in politica sia nella religione), caratterizzato da cambiamenti molto improvvisi, da passaggi repentini, invero non sempre semplici da intendere, con i quali era solito introdurre degli episodi del mito classico nelle proprie odi.