Senza infamia e senza lode è un modo di dire usato molto frequentemente nella lingua italiana; chi usa questa espressione lo fa per descrivere qualcosa di mediocre, incolore, anonimo, che non presenta particolari difetti, ma allo stesso tempo non ha nemmeno qualità che siano degne di nota. Con il medesimo significato lo si usa anche in riferimento a una persona.
(“Kroldrup 5,5 – Il solito. Una partita con poche sbavature, una gestione del tempo e del pallone senza sbalzi. Fa il suo senza infamia e senza lode, ma piano piano cala inevitabilmente“; la Repubblica, 18 settembre 2010).
(“Non ci si aspettava molto, dalla prima serata del Festival di Sanremo di Carlo Conti. E nulla è arrivato. Tutto liscio come l’olio, senza infamia e senza lode, senza errori e con pochissimi picchi“; Il Fatto Quotidiano, 11 febbraio 2015).
(“«Tosca» domenicale al Carlo Felice di Genova. Il primo atto sta passando senza infamia e senza lode, nel senso che Maria José Siri e Diego Torre cantano bene, anche molto bene, ma sono appassionanti come un torneo di curling“; La Stampa, 14 maggio 2019).
Origine del modo di dire
È dantesca l’origine di questo usatissimo modo dire; nel canto III dell’Inferno troviamo infatti questi versi pronunciati da Virgilio:
«Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo».
Coloro che «visser sanza ‘nfamia e sanza lodo» sono i cosiddetti ignavi, ovvero i vili.

Il modo di dire “senza infamia e senza lode”, di origine dantesca, è usato per descrivere qualcosa di mediocre, senza particolari difetti, ma anche senza qualità degne di nota.