Nemo propheta in patria (nessuno è profeta in patria) è un’espressione latina tratta dalla frase Nemo propheta acceptus est in patria sua (Nessun profeta è gradito nella sua patria) e riferita nei quattro Vangeli come pronunciata da Gesù in Nazareth in riferimento all’accoglienza piuttosto fredda tributatagli dai suoi conterranei durante la liturgia della sinagoga.
L’espressione è tuttora utilizzata per esprimere la difficoltà che le persone hanno nell’emergere in ambienti a loro familiari dando per scontato che in ambienti estranei sarebbe meno difficile far valere le proprie capacità. La si usa anche per lamentare il fatto che il proprio operato non venga apprezzato proprio da coloro che si hanno più vicini (amici, colleghi, familiari ecc.).
(“È lui il siciliano più votato dell’anno. Su tutti. C’era da aspettarselo, perché è l’uomo in grado di conquistare qualunque media, di tenere a battesimo il successo di qualunque specie di spettacolo di intrattenimento. Rosario Fiorello commenta così l’elezione per le preferenze espresse dai lettori di Repubblica: «È bello sfatare la massima che recita Nemo propheta in patria. Essere votato dai miei “conterroni” mi dà una soddisfazione enorme»”; la Repubblica, 31 dicembre 2011).
La frase viene anche citata da Giordano Bruno nell’ultimo capitolo del De Magia.

Nemo propheta in patria (nessuno è profeta in patria) è un’espressione latina tratta dalla frase Nemo propheta acceptus est in patria sua (Nessun profeta è gradito nella sua patria) e riferita nei quattro Vangeli come pronunciata da Gesù.
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