Si definiscono motti dannunziani una serie di motti Gabriele D’Annunzio ha coniato o talvolta ripreso e/o adattato da testi antichi. Il poeta pescarese, uno dei grandi protagonisti del decadentismo europeo, è riuscito a regalare una grande fama a questi motti (spesso illustrati dal pittore e incisore Adolfo De Carolis) tant’è che ancora oggi molti di essi sono richiesti per la realizzazione di tatuaggi. Nel paragrafo successivo una carrellata di quelli più celebri.
Motti dannunziani – I più famosi
Memento Audere Semper – È probabilmente il motto più famoso del grande letterato pescarese; si tratta di un’espressione latina che significa “ricordati di osare sempre”. Per approfondimenti si rimanda a un articolo a parte: Memento audere sempre.
Iterum rudit leo – Motto latino il cui significato letterale è “di nuovo rugge il leone”. Il riferimento è al leone rampante di San Marco dipinto su uno stendardo posto sui fianchi degli aerei che attaccarono la base navale austro-ungarica nel golfo di Cattaro fra il 4 e il 5 ottobre. L’incursione (spesso ricordata come impresa di Cattaro) fu vittoriosa e valse poi a D’Annunzio la promozione al grado di Maggiore.
Semper Adamas – Questo motto fu coniato per la Prima Squadriglia Navale; è un’espressione latina la cui traduzione in italiano è “sempre adamantino”; adamantino è un aggettivo che significa “che ha le proprietà del diamante” e quindi duro, puro, splendente. Il motto fu illustrato dal pittore Adolfo De Carolis con un’immagine che mostrava un braccio possente, rigido con un dito puntato, in mezzo a delle fiamme.
Sufficit Animus – Altra espressione latina che significa “basta il coraggio”; anche questo motto, come il precedente, fu coniato per la Prima Squadriglia Navale; l’illustrazione che lo accompagnava (sempre di Adolfo De Carolis) mostra lo sperone di una nave sorretto da ali d’aquila.
Bis Pereo – Bis Pereo significa “muoio due volte”; questo motto non è stato coniato da D’Annunzio; è infatti il motto funebre di Giuliano l’Apostata (Flavio Claudio Giuliano, imperatore romano); lo scrittore pescarese lo riprese e lo scrisse sul messaggio che fu lanciato da un aereo su Pola il 21 agosto 1918. In breve la storia; D’Annunzio era scampato fortunosamente a un bombardamento nemico che aveva provocato la rottura di un suo prezioso vaso di Murano che teneva sul comodino; in seguito i cocci furono avvolti in un drappo tricolore e lanciati su Pola insieme al motto e diverse bombe; con il motto D’Annunzio voleva manifestare il suo dolore per la perdita di un’opera d’arte di grande valore.
Più alto e più oltre – Si tratta di un motto contenuto in un discorso d’incitazione per gli aviatori scritto dal Vate il 24 maggio del 1917. La frase fu incisa in un cerchio che aveva nel centro il motivo di una grande ala. L’esortazione è piuttosto chiara: compiere grandi e difficili imprese.
Cominus et Eminus Ferit – Per questo motto (che significa “da lontano e da vicino ferisce”), D’Annunzio si rifece a quello (Cominus et Eminus), di Luigi XII, re di Francia che aveva come stemma l’istrice (c’era la credenza che l’animale potesse lanciare i suoi aculei da lontano). Il motto fu disegnato da De Carolis e rappresenta un’aquila che lancia sei saette e ai cui piedi c’è un cartiglio con la scritta in questione. Lo stemma fu disegnato sulla carlinga della Squadra della Comina.
Ardisco Non Ordisco – Motto in italiano che, espresso più modernamente, significa “oso e non faccio congiure”. È contenuto in un discorso contro il presidente americano Thomas Woodrow Wilson che voleva negare Fiume all’Italia; scrisse D’Annunzio:
“Ardisco non ordisco è il motto italiano da opporre inaspettatamente agli orditori. L’ho trovato scritto intorno all’elsa di una daga. L’ho preso per me, e per i miei. Ma oggi è di tutti. Oggi è nell’aria, oggi fischia nei quattro venti d’Italia. E lo vogliamo fermare, lo vogliamo incidere in una pietra del Campidoglio. È gemello di quell’altro che fu da me scritto […] Memento audere semper. Fiume lo conosce, Fiume nostra se ne ricorda, essa che vorrebbe ardere d’incendio vero come si strugge di vero amore, se noi ci piegassimo alla vergogna“.
Non piegare di un’ugna – Ugna è una variante arcaica di unghia; l’espressione fu pronunciata da D’Annunzio nel corso di un discorso tenuto a degli ufficiali italiani nel novembre 1917 dopo la disfatta di Caporetto (citta slovena) che ebbe fra l’altro ebbe in Italia notevoli conseguenze politiche (cadde il governo) e militari (il generale Cadorna fu sostituito dal generale Diaz).
Osare l’inosabile – È il motto dei Marinai d’Italia riportato nel messaggio che D’Annunzio scrisse, usando un inchiostro indelebile, e poi chiuse in tre bottiglie dette “beffarde” che furono lasciate nella baia di Buccari dopo un’incursione dei motoscafi armati siluranti della Regia Marina contro un naviglio austro-ungarico (febbraio 1918). La vicenda è nota come “beffa di Buccari”. Dal punto di vista prettamente militare, l’episodio è considerato poco più che irrilevante, ma ebbe il merito di risollevare il morale in patria, duramente provato dalla sconfitta di Caporetto.
Nel messaggio il poeta si faceva beffe” degli austriaci che avevano messo sulla sua testa una taglia di ben 20.000 corone.
Tramite recto – Come molti altri motti dannunziani, anche questo ricorre alla lingua latina (la traduzione italiana è “per la diritta via”); fu coniato per secondo stormo della Squadriglia Navale di cui D’Annunzio aveva il comando. L’immagine associata al motto, e dipinta sulla fusoliera degli aerei da bombardamento, era quella di un grifalco, ritenuto il più nobile di tutti i falchi da preda; nell’immagine si vede il rapace mentre sta piombando ad ali aperte sulla preda.

Sono definiti motti dannunziani una serie di motti che Gabriele D’Annunzio ha coniato o talvolta ripreso e/o adattato da testi antichi.