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Frasi celebri, motti e modi di dire

Questo file contiene buona parte di frasi celebri, motti e modi di dire che sono stati pubblicati sull’homepage del sito.

La pubblicazione quasi giornaliera delle frasi celebri, con relativa spiegazione, ci è sembrata una proposta piacevole e interessante e, i fatti, a giudicare dalle molte e-mail di approvazione che abbiamo ricevuto in proposito, ci hanno dato ragione. Del resto non siamo i primi ad aver avuto un’idea del genere dato il gran numero di pubblicazioni sull’argomento. Abbiamo comunque cercato di metterci del nostro, in primo luogo effettuando un’accurata selezione e, in secondo luogo, cercando di approfondire, senza essere troppo pedanti (per non usare un termine più colorito), i concetti che stanno dietro a tutte quelle frasi e a tutti quei modi di dire che, è il caso di dirlo, hanno brillantemente superato la prova del tempo.

Se l’iniziativa è di vostro gradimento e vi sono frasi celebri che vorreste fossero pubblicate in quanto le ritenete particolarmente interessanti e meritevoli di approfondimenti, segnalatecele scrivendo a: ufficiostampa@albanesi.it

Nota – Le frasi, i motti e modi di dire non sono riportati in ordine alfabetico, ma in ordine di pubblicazione.

Acqua alle corde – Frase pronunciata durante il trasporto dell’obelisco di piazza San Pietro (XVI secolo). Il papa Sisto V aveva pubblicato un editto che imponeva che nessuno parlasse durante l’operazione, ma Benedetto Bresca di San Remo vedendo che le corde che reggevano il monolito si allungavano, non curandosi della minaccia papale, gridò la famosa frase. L’operazione riuscì felicemente e il papa lo ricompensò.

La frase (anche nella variante Acqua alle funi) è attualmente in disuso, ma in alcune occasioni viene ancora utilizzata allo scopo di esaltare il coraggio o la risolutezza di qualcuno di fronte a una difficoltà, anche se ciò potrebbe comportare pesanti conseguenze personali; implica anche la necessità dell’azione.

Alle calende greche – Frase usata da Augusto e rivolta a quelli che non pagano mai o non mantengono promesse (la frase per intero è ad kalendas graecas soluturos, cioè intenzionati a pagare alle calende greche). Oggi si usa soprattutto con il significato di “mai”; questo significato deriva dal fatto che le kalendae erano presenti solamente nel calendario romano (il primo giorno di ogni mese) e non esistevano invece nel calendario greco; ragion per cui, posticipare un pagamento fino alle calende greche significava destinarlo a una scadenza che, di fatto, non esisteva.

Il dado è tratto – Traduzione della celeberrima locuzione latina alea iacta est, frase che Svetonio attribuisce a Cesare il quale l’avrebbe pronunciata mentre questi si accingeva a passare il fiume Rubicone (piccolo fiume che in epoca romana segnò per qualche tempo il confine tra Italia e la provincia della Gallia Cisalpina).

In alcune edizioni la frase è riportata nella sua forma imperativa iacta alea esto (si getti il dado); oggi l’espressione viene utilizzata quando si sta prendendo una decisione importante dalla quale non si potrà più recedere.

Errare è umano, ma perseverare è diabolico – La locuzione latina è errare humanum est, perseverare autem diabolicum. L’origine è incerta; in letteratura si trovano molte espressioni simili; una fonte spesso citata sono i Sermoni di Sant’Agostino d’Ippona che riportavano humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere (errare è stato dell’uomo, ma è diabolico perseverare nell’errore per superbia); altre fonti sono le Epistole di San Girolamo (errasse humanum est) e i Sermoni di San Bernardo. Al di là delle fonti, il significato della frase è cristallino; è proprio dell’uomo sbagliare, ma la consapevolezza di ciò non può diventare il motivo per perseverare nello sbaglio, ma deve trasformarsi in un mezzo per imparare dall’esperienza evitando l’errore il più possibile.

Divide et impera – Locuzione latina che significa dividi e comanda; si tratta di un motto che la tradizione attribuisce a Filippo II di Macedonia, ma la sua origine non è del tutto certa. Essenzialmente sta a significare che seminare l’odio fra i popoli soggiogati, giova a chi li domina. Nell’antichità evidenziava una politica cara agli imperatori romani che avevano capito che poter regnare più facilmente sui popoli da loro sottomessi fosse utile impedirne la coalizione rendendoli rivali fra loro. Il motto è tuttora utilizzato negli ambiti politico e sociologico e indica la strategia che ha come fine il mantenimento di una determinata posizione di potere favorendo la divisione fra forze dell’opposizione. Curiosamente, la locuzione è utilizzata anche in ambito informatico e fa riferimento a un metodo di risoluzione di un problema; questo viene suddiviso in sottoproblemi meno complessi e si continua fino al momento in cui non si ottengono problemi più facili da risolvere; combinando le soluzioni ottenute si arriva poi a capo del problema originario.

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