Do ut des è una nota frase latina la cui traduzione in italiano può essere resa con “do affinché tu dia”. Nel diritto romano era uno dei quattro cosiddetti “contratti innominati” (gli altri tre erano do ut facias, facio ut des e facio ut facias); il do ut des indicava la permuta, ovvero la dazione di una cosa in cambio della dazione di un’altra.
Oggigiorno l’espressione è utilizzata con un significato più generico, di solito con connotazione non particolarmente positiva, per riferirsi a uno scambio di favori effettuato per un proprio tornaconto o, in altri termini, a un favore effettuato in previsione di riceverne uno a propria volta o, comunque, di ricevere un adeguato contraccambio.
“Sarebbero stati scelti in base alla regola del do ut des, uno scambio di favori tra commissari, i vincitori del concorso per l’abilitazione scientifica nazionale all’insegnamento nel settore del diritto tributario” (Ansa, settembre 2017).
“I commissari si sono già riuniti un paio di volte o ognuno ha portato i suoi o dei suoi amici. Ognuno ha chiesto e tutti hanno dato agli altri. Insomma c’è stato un do ut des“. E quando il ricercatore si ribella, non si scompone: “È il vile commercio dei posti. Ti ritiri per mantenere integra la possibilità di farlo in un secondo momento“. (Huffington Post, 26/09/2017).
Nei Paesi anglosassoni lo stesso concetto viene espresso con una diversa espressione latina: quid pro quo.

La frase do ut des (do perché tu dia) è oggi usata, con una connotazione non particolarmente positiva, per riferirsi a uno scambio di favori effettuato per un proprio tornaconto
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