I rimedi fitoterapici non sono esenti da rischi; se è verissimo che la fitoterapia è una disciplina degna di attenzione quando viene maneggiata da scienziati dotati di spirito critico e comunque con competenze approfondite e diversificate, è altrettanto vero che, quando è gestita da personaggi (della scienza ufficiale o no, delle industrie farmaceutiche o delle erboristerie ecc.) il cui unico scopo è vendere un concetto o un prodotto, può diventare un’arma estremamente pericolosa.
Purtroppo il concetto che “il naturale non può far male”, anziché appartenere solo a mentalità superficiali e pressapochiste, domina ancore le menti e i discorsi di chi è alla ricerca di una soluzione semplice (o semplicistica?) per migliorare la qualità della nostra salute.
Scopo di questo articolo è quello di far conoscere i rischi generali di chi utilizza rimedi fitoterapici e fare alcuni esempi particolari riguardanti alcuni prodotti di larga diffusione che sono attualmente sotto accusa per la loro inefficacia o addirittura per la loro dannosità.
Rimedi fitoterapici: i rischi generali
Scopo di questo elenco non è demonizzare la fitoterapia, ma sottolineare come un prodotto fitoterapico sia del tutto equivalente a un farmaco, sconfessando l’opinione, purtroppo ormai diffusa, che “con le erbe è meglio”.
Le interazioni con i farmaci – Molti preparati vegetali sono veri e propri farmaci e come tali interagiscono con quelli tradizionali e fra di loro, provocando gravi problemi.
L’iperico, per esempio, interagisce con la pillola anticoncezionale (riducendone l’effetto) e con la ciclosporina (usata per esempio come antirigetto nei trapianti); l’aglio e il ginkgo biloba interagiscono con l’aspirina, aumentandone l’effetto con il rischio di emorragie.
Le controindicazioni – Alcune sono elencate nella seconda parte dell’articolo; per chi non ci arriva, ricordiamo che il rabarbaro assunto per lunghi periodi dà proteinuria ed emoglobinuria (perdita di sangue con le urine), problemi cardiaci e neuromuscolari; il ginseng dà ipertensione, irritabilità, fino a effetti estrogeno-simili come dolore al seno e sanguinamento vaginale; la valeriana provoca dipendenza con conseguente insonnia, riduzione del battito cardiaco e aritmie; lo psillio può provocare blocchi intestinali ecc.
Al centro antiveleni di Milano sono circa 300 all’anno le intossicazioni da rimedi fitoterapici.
Le allergie – A dimostrazione di come non sia vero che tutto ciò che è naturale è buono, molti prodotti provocano allergie. Tutti conoscono ormai la propoli (o “il propoli”, al maschile); è una sostanza resinosa prodotta da diverse piante (betulla, larice, pino, pioppo, olmo, ciliegio ecc.) e impiegata dalle api per la costruzione dell’alveare.
La fitoterapia ne ha messo in luce le proprietà terapeutiche (è usata come antibatterico). È costituita per il 50% circa da balsami e resine, per il 30-40% da cere, per il 5-10% da oli essenziali e per il 5% da varie sostanze (flavonoidi e derivati fenolici).
Le proprietà terapeutiche della propoli derivano da queste ultime sostanze; la qualità del prodotto dipende non solo dalla loro concentrazione, ma anche dal loro equilibrio. L’efficacia è comunque sicuramente inferiore ai farmaci tradizionali.
La si usa proprio perché è naturale. Peccato (ed è questo che tutti non sanno) che sia responsabile di allergie (infatti originariamente era considerata inutile, anzi dannosa).
Le contaminazioni – Lungi dall’essere puri, i rimedi fitoterapici (tranne quelli accuratamente controllati) contengono spesso metalli pesanti (analisi dell’Istituto Superiore di Sanità su prodotti ayurvedici), pesticidi e microbi (studio dell’università di Vienna).
L’ignoranza – Mentre grandi aziende svolgono un lavoro serio e scientifico, piccoli produttori s’illudono di aver capito tutto; istruttivo è il caso di un’erba cinese diffusa in Europa che ha provocato gravi danni nei consumatori con diciotto casi di cancro: il produttore aveva confuso la Stephania tetranda con l’Aristolochia fanghi, una pianta velenosa.
La sofisticazione – Riprendendo il primo punto, alcuni distributori mettono in commercio prodotti fitoterapici “potenziati” con farmaci (cortisonici, amfetamine, anabolizzanti ecc.), vere e proprie sofisticazioni.
Rimedi fitoterapici: alcuni casi specifici
Senza la pretesa, ma solo a mo’ di esempio, una lista di alcuni casi specifici.
Consolida – Nome volgare di alcune specie del genere Symphytum della famiglia delle Borraginacee (circa venti specie). La più nota è la consolida maggiore (Symphytum officinale), erba perenne, tipica dei luoghi umidi, la cui radice è usata come colorante in conceria e in fitoterapia come rimedio contro le infiammazioni; in Canada e Germania è stata però bandita per gli effetti collaterali sul fegato.
Echinacee – Famiglia di piante delle Composite Tubiflore (fra cui da ricordare la Echinacea angustifolia) dalle cui radici si ottengono estratti per la cura delle malattie da raffreddamento in quanto sono dotati di proprietà antagoniste della ialuronidasi.
Efedra – Il genere Ephedra conta 35 specie in regioni temperate-calde. Sono arbusti con fiori piccoli in amenti e seme più o meno nascosto da brattee carnose o membranose. Delle tre specie italiane la più diffusa è l’Ephedra distachya (o vulgaris). Alcune (soprattutto le varietà esotiche) contengono l’efedrina che ha un effetto eccitante sul sistema nervoso centrale e stimolante su quello simpatico. A differenza dell’adrenalina, però, è caratterizzata da un’azione molto più energica e protratta nel tempo, pur essendo somministrabile per via orale.
Ginkgo – Gimnosperma (Ginkgo biloba) della classe delle Ginkgoine. Non cresce spontaneamente, ma solo per rimboschimento. In Cina e in Giappone viene utilizzato come elemento decorativo in templi e palazzi. In fitoterapia viene utilizzato per migliorare la microcircolazione cerebrale. Un recente studio della New York University (2000) ha mostrato comunque solo un lieve rallentamento nella demenza senile in un terzo del campione considerato di 137 pazienti; lo stesso studio conclude che il ginkgo non è in grado di aiutare la memoria delle persone sane.
Iperico – Genere di piante (Hypericum) delle Dicotiledoni, famiglia delle Ipericacee, con circa 300 specie delle zone temperate e calde (ventuno in Italia); sono erbe con foglie dotate di punti pellucidi dovuti a lacune oleifere, fiori di solito gialli. L’Hypericum perforatum, noto anche con il nome di erba di San Giovanni, avrebbe proprietà terapeutiche nelle depressioni lievi (nelle depressioni gravi molte ricerche hanno già stabilito l’assoluta inefficacia), anche se la medicina ufficiale non le conferma, mancando dati a lungo termine, e mette in guardia dall’automedicazione che potrebbe provocare l’aggravarsi di depressioni serie. Fra gli effetti collaterali, la fotosensibilizzazione (la comparsa di macchie sulla pelle per l’esposizione alla luce solare), ansia e irrequietezza, l’interazione con farmaci, per esempio la pillola anticoncezionale e alcuni usati nella cura dell’AIDS e del rigetto nei trapianti. Non ben definita la dose efficace; secondo alcuni sarebbe molto superiore a quella consentita dalla legislazione dei vari paesi, Italia inclusa.
Ginseng – Angiosperma (Panax ginseng) della famiglia delle Araliacee e dell’ordine delle Policarpiche. Pianta erbacea perenne originaria della Cina e del Giappone. In Cina questa radice è considerata un rimedio universale e un afrodisiaco.
Anche le nostre esperienze con il ginseng (o con l’eleuterococco, il cosiddetto ginseng siberiano) confermano studi statunitensi sulla sua inefficacia nel miglioramento della resistenza dell’organismo. Il motivo è abbastanza semplice: gran parte degli studi che esaltavano le doti del ginseng erano stati condotti su animali. Sull’uomo, dopo una fase iniziale dove il ginseng funziona come stimolante, si arriva ben presto a un’assuefazione nel senso che l’organismo non ottiene nessun miglioramento prestativo dall’assunzione del prodotto.
Meliloto – Il Melilotus officinalis è una pianta della famiglia delle Fabacee; per scopi fitoterapici si utilizzano le sommità fiorite; è uno dei rimedi erboristici più gettonati in caso di insufficienza venosa e insufficienza linfatica, ma può dare importanti disturbi se utilizzato in soggetti con disturbi della coagulazione e interferire con i salicilati e con gli anticoagulanti orali.
Salice bianco – Il salice bianco (Salix alba), noto anche come salice comune, è una pianta appartenente alla famiglia delle Salicacee. Le indicazioni all’uso di preparati a base di salice bianco sono molteplici, ma le principali sono sostanzialmente due: le infiammazioni artritiche e quelle reumatiche. Sono comunque numerose anche le controindicazioni all’uso: fra le più importanti si segnalano la deficienza di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, la stipsi, l’anemia sideropenica e l’allergia ai salicilati.
Ecco come Wikipedia tratta l’argomento Rimedi fitoterapici.