Lo sport è un’attività fisica avente l’obiettivo di migliorare significativamente lo stato di salute del soggetto, sia dal punto di vista fisico sia psichico. La definizione di sport può essere ulteriormente approfondita considerando la psicologia del praticante. Gli oltre 20 anni di esperienza nel sito e gli oltre 40 come sportivo attivo (quello passivo è chi “segue gli eventi sportivi”, non chi pratica sport) mi hanno permesso di capire la psicologia dell’atleta sia professionistico che amatoriale. La definizione può apparire chiara, ma ha pesanti implicazioni. Innanzitutto, non si possono considerare sport l’automobilismo, il motociclismo, gli scacchi ecc. Nell’articolo su sport e salute queste attività avrebbero un punteggio di 0 o di 1 (come l’equitazione che è un’attività al limite fra sport e attività sportiva). Per chiarire ulteriormente la definizione, occorre sottolineare il “significativamente” (di fatto, vuol dire almeno un punteggio 2 su 5 nell’articolo sopraccitato). L’attività sportiva è un’attività dove c’è comunque una prestazione; la differenza con lo sport è che la prestazione è in gran parte scorrelata dalla caratura fisica del soggetto, ma si basa su abilità assunte per dote personale o per allenamento (per esempio le gare di video game sono attività sportive).
Questa rassegna prende in esame le tipologie astratte di sportivo del mondo della corsa, per spiegare al meglio la realtà che si sta descrivendo. In realtà, lo sportivo è spesso una combinazione percentuale delle varie tipologie, ma solo comprendendo a fondo le proprie componenti si può evolvere verso una dimensione scientifica della corsa. Per gli altri sport, soparttutto se individuali (per esempio il tennis, il golf ecc.) si possono evidenziare le stesse psicologie
Il ludico
Il divertimento dovrebbe essere alla base di ogni azione del nostro tempo libero. Poiché lo sport è spesso associato al tempo libero, molti sportivi cercano sempre l’aspetto ludico dell’attività praticata e ciò è sicuramente positivo. Nei professionisti è ciò che permette di allungare la carriera, facendo sopportare meglio (ancor meglio del denaro!) una vita spesso fatta di duri allenamenti, trasferte, stress ecc.
L’aspetto ludico dovrebbe essere predominante nel bambino e nell’adolescente e sicuramente non essere assente nell’adulto. Chi pratica sport senza divertirsi, per esempio solo per dimagrire, ha maggiori difficoltà nel mantenersi costante e spesso abbandona.
La dimensione ludica diventa negativa quando è l’unica presente nella motivazione allo sport perché porta a snaturare le altre finalità, soprattutto quella salutistica: il quarantenne non allenato e in sovrappeso che gioca una partita di calcetto alla settimana con gli amici non fa certo un favore al suo fisico!
Negli sport individuali (come la corsa) l’aspetto ludico può essere più nascosto, ma deve essere sempre presente, senza confonderlo con le soddisfazioni ottenute (che sono più tipiche dell’apparente). Di solito è rappresentato da un amore verso il gesto sportivo in sé che porta il soggetto a fare un determinato sport “solo perché gli piace”.
Il socializzante
Fa sport perché ciò gli consente di socializzare; il caso classico è rappresentato da chi va in palestra per conoscere gente nuova, intrecciare relazioni ecc. Tipico dell’amatore poco propenso a capire veramente lo sport che pratica, si può fondere molto bene con l’aspetto ludico dell’attività, soprattutto se la persona è estroversa e brillante.
Non ci sono aspetti negativi in questa dimensione, se non il fatto che non può certo bastare per praticare bene uno sport.
Nella corsa il socializzante è rappresentato dal tapascione, colui che usa la corsa per coltivare interessanti rapporti sociali. Tipico partecipante alle corse non competitive, non pone in relazione diretta lo sport con il proprio benessere; non cura l’alimentazione, spesso non è un modello salutistico e ha deviazioni verso abbondanti libagioni, il fumo o l’alcol.
Consiglio: curare maggiormente la propria salute e capire che le prestazioni sono legate direttamente al reale stato di salute dell’individuo.

Nella corsa il socializzante è rappresentato dal tapascione, colui che usa la corsa per coltivare interessanti rapporti sociali
Il salutista
Fa sport perché è convinto che ciò giovi alla sua salute. Può avere un buon stile di vita oppure limitarsi al solo approccio sportivo, ignaro che esistono altre dimensioni (per esempio l’alimentazione o lo stato emotivo del soggetto).
Di solito pratica sport individuali, spesso senza una dimensione competitiva; anzi, possono essere presenti preoccupazioni salutistiche per un’attività fisica esagerata.
Nella corsa è rappresentato da chi fa jogging, da chi corre per dimagrire ecc. Non a caso, nel sito sono presenti tre sezioni (Corsa, Running, Maratona) e la prima è proprio dedicata ai salutisti, con le informazioni necessarie per praticare lo sport della corsa nel modo più efficiente possibile nei confronti della propria salute.
L’apparente
È chi sceglie lo sport per ritagliarsi una visibilità sociale. È forse la tipologia meno comune, ma ha caratteristiche proprie. Affine al professionista, se ne distingue perché le scelte non sono tanto in funzione dei premi (che spesso non raggiunge) quanto della visibilità. Se non è abbastanza forte, sceglie spesso ambiti importanti dove il semplice partecipare può essere un vanto con chi di sport non sa nulla (un torneo di tennis in un circolo esclusivo), sceglie discipline (per esempio le ultramaratone o corse in particolari condizioni) che garantiscano, a prescindere dal risultato, un encomio alla semplice partecipazione. Spesso è un insicuro che ha bisogno di dimostrare ciò che vale. Se invece è un atleta di valore, con le proprie prestazioni tende a diventare leader di un gruppo dove la sua visibilità è massima.
Nella corsa il caso classico è chi “vuole correre la maratona di New York”, vedasi l’articolo sulla nycmania.
Consiglio – Capire che se si ha bisogno di finire una maratona per dimostrare qualcosa a sé stessi è meglio migliorare la propria autostima. Per l’atleta di valore capire che le autocelebrazioni sono sempre relative…

La maratona di New York vede mediamente la partecipazione di circa 55.000 runner
Il recordman
Fa sport per migliorare le proprie prestazioni, in sfida con sé stesso. Ovviamente la sfida può essere equilibrata oppure nevrotica (vedasi Dipendenza da sport) e ciò rende questa motivazione positiva o negativa.
Di solito preferisce sport individuali, ma ci sono anche casi di sportivi recordman che si identificano nella squadra a tal punto da ritenere certi obiettivi di squadra come irrinunciabili alla propria motivazione allo sport (per esempio giocare in una squadra di una certa categoria).
Nella corsa si identifica con il runner, il personaggio a cui è dedicata la sezione Running del sito. Ovviamente ci sono runner fissati (soffrono di dipendenza da sport, sono sacchettari e/o sono in cerca di visibilità sociale) e runner equilibrati: in mezzo c’è tutta la gradazione possibile, anche se, per esperienza, è più facile trovare runner fissati che equilibrati!
Il runner equilibrato vuole arrivare a dare il meglio di sé e nella ricerca equilibrata dei propri limiti trova uno stimolo a migliorarsi. È competitivo, ma rispetta gli avversari e sa che la competizione termina alla linea del traguardo; non corre per la gratificazione personale di un premio materiale perché i premi migliori sono i ricordi che ha delle corse. Non è incline all’autocelebrazione. È sensibile ai rapporti sociali e apprezza tutti coloro che amano la corsa e il suo mondo, ma non cerca mai di imporre il suo stile di vita a chi della corsa non sa e non vuole sapere nulla. Leggi: Recordman.

Il recordman è lo sportivo alla continua ricerca del miglioramento della propria prestazione, a prescindere dal valore assoluto di quest’ultima
Il professionista
Fa sport per i premi o le gratificazioni economiche che ottiene. Il termine non si riferisce solo ai professionisti, ma anche a tutti coloro che, a qualunque livello, hanno questa motivazione.
Ovviamente, più si scende di livello e più la situazione diventa penosa: calciatori che fanno a botte in un torneo di calcio serale, tennisti che spaccano racchette per una decisione arbitrale in un torneo quasi sconosciuto ecc.
Nella corsa amatoriale il professionista è il sacchettaro. Con tale termine piuttosto negativo si indica chi si dedica alla corsa soltanto perché ne trae successi personali che lo gratificano. Si potrebbe parlare di competitività distorta. Infatti la competitività sana si attua in gara ed è finalizzata a migliorare le nostre prestazioni: gli avversari sono amici (e non nemici!) che ci aiutano a dare il meglio di noi stessi, dei punti di riferimento che servono per migliorarci. La competitività distorta si ha quando gli avversari sono considerati nemici che ci negano qualcosa che ci viene riconosciuto dopo la gara: il premio.
La personalità del sacchettaro si ha a tutti i livelli: pensiamo a quanti atleti d’élite, una volta smessa l’attività, non hanno più indossato le scarpe per una corsetta del tutto personale; altri invece (come Pizzolato) non solo sono rimasti nell’ambiente, ma hanno continuato a correre. A livelli amatoriali sono sacchettari tutti coloro che corrono solo perché nelle corse locali ottengono gratificazioni arrivando nei premi. Se non siete top runner (per i quali la corsa è anche un lavoro), c’è un banale metodo per sapere se siete sacchettari.
Rispondete alla domanda: preferite arrivare primi con un tempo pessimo o ultimi con il personale? Chi ha risposto scegliendo la prima opzione è sicuramente ipercompetitivo.
Non si rende conto che a livelli amatoriali la posizione di una gara dipende poco dalla nostra prestazione, ma soprattutto dalla presenza o meno di avversari più forti.
Consiglio – Capire che correre e allenarsi duramente ogni giorno solo per vincere un sacchetto gastronomico o un prosciutto è un po’ patetico…