I momenti più difficili nella vita di un amante della corsa sono: 1) quando ha raggiunto il top della prestazione e incomincia a scendere (l’argomento è già trattato nel sito); 2) quando passa dalla fase di principiante a quella di jogger. Il test del moribondo ha stimolato e indotto a un piano logico di allenamento moltissimi nostri visitatori. La percentuale di chi è riuscito in qualche mese a superare il test è altissima (pochissime le e-mail di chi ci ha provato, ma ha poi abbandonato), a riprova del fatto che nella definizione la preoccupazione insita nel termine (moribondo) è più che giustificata: chi non supera il test ha grosse lacune psicologiche (per superare il test occorre comunque alzare la soglia di sofferenza che in molti sedentari è… sotto zero e una determinazione che porta a un impegno di qualche mese) o fisiche (stile di vita errato, fumo, sovrappeso ecc.). Per chi, dopo l’opportuno periodo, supera il test abbiamo fissato un secondo obiettivo, piuttosto agonistico: oltre il moribondo. A differenza del primo punto di riferimento, il secondo obiettivo è decisamente impegnativo da raggiungere e non può essere raggiunto che da runner che si allenano con costanza e impegno. Esula quindi da un discorso semplicemente salutistico, entrando in una sfera agonistica, almeno a livello personale.
Fra i due obiettivi si colloca colui che vuole continuare a usufruire dei benefici salutistici della corsa senza arrivare necessariamente al top fisiologico delle proprie prestazioni. In altri termini, occorre sempre avere presente che:
la salute non si identifica con l’ottenimento della massima prestazione possibile, quanto con il raggiungimento di certi livelli di soglia di funzionalità organica.

Uno dei momenti più difficili nella vita di un amante della corsa è il passaggio dalla fase di principiante a quella di jogger.
È un po’ come il peso: per essere a posto salutisticamente non occorre essere magrissimi, basta avere un IMC inferiore a 22 o una percentuale di grasso corporeo inferiore al 12%.
Un principiante che ha raggiunto la soglia dei 10 km in un’ora può essere veramente demotivato dalla mancanza di obiettivi, se, come è per la maggior parte dei casi, scarta a priori mete agonistiche troppo impegnative. Cosa fare quindi per non mollare?
- Capire che senza tempo (inteso come misura della prestazione) non esiste nessuna motivazione. Per cui imparare a ragionare sia in termini di tempo sia in termini di distanza. Del resto il test del moribondo non è altro che un’opportuna accoppiata distanza-tempo.
- Variare il tipo di allenamento. Per farlo senza incorrere in grossi errori, è opportuno conoscere almeno i rudimenti della corsa. A differenza del runner che cerca un’armonia assoluta fra gli allenamenti, il jogger può semplicemente usare la varietà per divertirsi e stimolarsi.
Vediamo alcune proposte:
- 10 km
- 5 km
- 3 volte i 1000 m con 3′ di recupero da fermo
- 10 volte i 400 m con 2′ di recupero da fermo
- 3 volte i 1000 m con recupero 1000 m corsi lentamente.
Il tutto sempre preceduto da riscaldamento e qualche allungo e/o stretching dolce.
Il consiglio è di inventarsi una decina di sedute di questo tipo (anche a seconda dei percorsi che si hanno a disposizione) e, mentre ci si accultura sui segreti della corsa, studiare i propri allenamenti, verificando se le intuizioni avute nello svolgerli erano coerenti con la teoria dell’allenamento.
Lo studio consente di migliorare il proprio grado di esperienza, di trarre piacere dalla conoscenza e di migliorare l’autostima perché si comprende che quello che si sta facendo ha una ragione d’essere profonda, finalizzata al proprio benessere.
Quindi:
- tempo-distanza
- varietà
- studio.
Ricordiamo che senza studio non si può amare veramente ciò che si pratica; nella corsa l’alternativa è l’agonismo fine a sé stesso, effimera fiamma di entusiasmo che dura finché durano i risultati.