La pedana vibrante è un attrezzo che da molti anni è presente in moltissime palestre; ne esistono moltissimi tipi che possiamo essenzialmente raggruppare in due grandi gruppi: 1) pedana vibrante a vibrazione verticale (o sussultoria); 2) pedana vibrante a vibrazione basculante. Le pedane vibranti sussultorie sono caratterizzate da un movimento verticale piuttosto breve e rapido e utilizzano una frequenza che va dai 30 ai 35 Hz; le pedani vibranti basculanti, invece, eseguono un movimento di oscillazione laterale che va da destra verso sinistra e utilizzano una frequenza che va da 0 a 25 Hz. Secondo i propugnatori del loro utilizzo, le pedani vibranti possono essere utilizzate a fini estetici, sportivi, riabilitativi e medici. In linea generale, la pedana vibrante sussultoria può essere impiegata per ognuno di questi fini, mentre la basculante è in genere controindicata ai fini riabilitativi e medici.
L’opera di Carmelo Bosco
Come detto, esistono numerosi tipologie di pedana vibrante e tutti ne hanno perlomeno sentito parlare, ma pochi sanno che si rifanno tutte all’opera di Carmelo Bosco (1943-2003), uno dei massimi esperti nello studio della forza e dell’elasticità muscolare.
La pedana vibrante scaturita praticamente dall’idea di Bosco è nota anche come NEMES acronimo dei termini inglesi NEuroMuscular MEccanical Stimulation, ovvero stimolazione meccanica neuromuscolare.
Purtroppo le più abbordabili economicamente (si trovano pedane vibranti a circa 300 euro) hanno sfruttato il concetto senza avere le qualità delle più costose (si oltrepassano i 12.000 euro) ed è veramente ottimistico sperare di ottenere qualche risultato con pedane nella fascia bassa di prezzo. Insomma, la pedana vibrante è uno dei classici casi in cui si promette al soggetto una buona forma fisica facendo un training a bassissimo costo di fatica e di impegno. Per ulteriori dettagli si facci riferimento al paragrafo La pedana vibrante funziona?.
Aspetti teorici
Il sistema muscolo-scheletrico risponde alle sollecitazioni esterne allenandosi a gestire un sovraccarico determinato. È noto a tutti che un riposo prolungato (cioè un’assenza nelle sollecitazioni) determina uno scadimento nelle prestazioni del sistema (pensiamo ai muscoli la cui emivita è di 8-10 giorni cioè, detto in altri termini, basta un periodo di riposo assoluto di 8-10 giorni per dimezzarne la consistenza), inducendo profonde modificazioni (per esempio un degrado della sintesi proteica della componente contrattile del muscolo, in particolare nelle fibre lente, oppure la diminuzione della densità ossea negli anziani ecc.).
Finora si è sempre ragionato in maniera abbastanza empirica, ritenendo che l’esercizio potesse evitare il decadimento e allo stesso tempo aumentare le prestazioni. Discendenti di questa corrente di pensiero sono per esempio lo stretching e il potenziamento muscolare. Purtroppo due sono i fattori che limitano i risultati pratici di questa strada:
- l’esecuzione dell’esercizio può provocare infortuni più o meno gravi;
- l’effetto dell’esercizio è comunque limitato da fattori fisici (fatica, elasticità ecc.) che rendono praticamente impossibile progredire oltre un determinato livello.
Una visione più sofisticata deve quindi ricercare soluzioni che minimizzino la possibilità di infortuni e al tempo stesso superino le limitazioni funzionali dell’individuo, magari rafforzandole.
L’idea di Bosco e di altri scienziati è stata quella di ricercare condizioni non traumatiche, ma stimolanti. Osservando che durante la locomozione, al momento dell’impatto con il suolo, si genera un impulso di onde che viene trasmesso dal piede fino al collo e che queste vibrazioni sono un forte stimolo al rimodellamento osseo, questi ricercatori hanno indirizzato la loro attenzione sull’effetto delle vibrazioni (esercizi di piccola durata, ma di altissima intensità) sul sistema locomotore.
Pedana vibrante: gli studi di base
I primi a studiare gli effetti delle vibrazioni furono i sovietici già negli anni ’60 del secolo scorso (Nazarov), seguiti dall’israeliano Issurin. Bosco ha ripreso tali studi, sfruttando anche i progressi dell’elettronica che permettevano di realizzare a costi contenuti strumentazione in linea con le ricerche. Ecco i risultati degli studi più interessanti.
Burke e Schiller, 1976 – Le vibrazioni attivano le connessioni monosinaptiche e polisinaptiche (che influenzano le contrazioni riflesse).
Ariizuma e Okada, 1983 – Aumentando la frequenza delle vibrazioni da 5 a 30 Hz dimostrarono un aumento della concentrazione plasmatica di cortisolo.
Homma, 1981 – Trattamenti con vibrazioni incrementano il volume respiratorio e il volume/minuto ventilatorio, probabilmente a causa di riflessi vibratori segmentali che risalgono ai muscoli respiratori.
Necking, 1996 – Incremento della sezione delle fibre muscolari (sia lente che veloci) in ratti. Questi esperimenti sono stati fondamentali per passare a quelli sull’uomo (soggetti sportivi e no).
Levitskii, 1997 – Miglioramento nella riabilitazione di pazienti affetti da traumi dei nervi periferici e contratture articolari.
Bosco, 1999 – Miglioramento meccanico dei muscoli estensori della gamba in pallavoliste di livello nazionale.
Bosco, 1999 – Miglioramento della prestazione in saltatori in alto e in pugili (muscoli flessori del braccio) di livello internazionale.
Bosco, 1999 – Miglioramento della flessibilità della colonna vertebrale di gran lunga superiore a ogni forma classica di allungamento (passivo, balistico, statico o PNF), riducendo il dolore nel 69% dei pazienti.
Le varie modalità
L’originale pedana vibrante di Bosco (NEMES) è una semplice pedana che oscilla con frequenze comprese fra i 10 e i 60 Hz. Durante l’applicazione tutto il corpo oscilla. In genere si alterna un minuto di lavoro a uno di pausa per un totale di 10′ di lavoro. Fondamentale la posizione che il soggetto assume; a seconda della posizione si stimola un’opportuna grandezza fisiologica.
È abbastanza facile comprendere il significato delle varie posizioni, adattandole a un programma individuale, tenendo conto dello stato del soggetto e degli effetti su muscoli, nervi, neurotrasmettitori, articolazioni, ossa, sistema circolatorio, sistema ormonale.
Gli effetti dipendono da:
- frequenza applicata
- ampiezza dell’oscillazione
- accelerazione
- durata della vibrazione
- posizione del soggetto.
Le vibrazioni non hanno controindicazioni. Ricerche condotte in Scandinavia (i cui Paesi sono molto severi nel tutelare la salute di chi utilizza strumentazione) hanno rilevato che le vibrazioni prodotte da un trapano producono effetti collaterali (nelle articolazioni soprattutto) dopo 2.000 ore di impiego, pari a 12.000 sessioni di NEMES (da 10′), cioè a 32 anni di sedute giornaliere. Ovviamente si comprende che la pedana vibrante è molto meno traumatica di balzi, sollevamento pesi, stretching fatto male ecc.

Secondo i propugnatori del loro utilizzo, le pedani vibranti possono essere utilizzate a fini estetici, sportivi, riabilitativi e medici
I vari tipi di pedana vibrante
Non tutti i tipi di pedana vibrante hanno le stesse caratteristiche di quelle originariamente ideate da Bosco.
Le pedane vibranti, come accennato in apertura, possono dividersi in due grandi categorie, le sussultorie (a movimento verticale, su-giù) e le basculanti (a movimento laterale, simile alla camminata).
Il movimento verticale è più critico perché frequenze sotto i 15 Hz possono sviluppare risonanze negative nel corpo; le pedane basculanti in genere sono meno critiche perché il loro movimento sinusoidale permette di impiegare anche frequenze basse (durante la camminata si generano frequenze che vanno dai 5 ai 15 Hz).
Pedana vibrante: la seduta
Il soggetto sale sulla pedana vibrante, seleziona il programma desiderato ed esegue le figure spiegate nel manuale di istruzioni (o sul display della pedana).
Il movimento generato dalla pedana vibrante provoca contrazioni muscolari e un lieve innalzamento della frequenza cardiaca; secondo alcuni studi si avrebbe anche una stimolazione ormonale (aumento dell’ormone della crescita e del testosterone) e verrebbe supportato il rimodellamento osseo, aumenterebbe il metabolismo e quindi il consumo calorico.
Leggendo queste righe si potrebbe pensare che la pedana vibrante sia un metodo geniale di fare fitness. In realtà gli stessi risultati (peraltro documentati anch’essi da ricerche) si ottengono semplicemente camminando a un buon passo su un terreno accidentato (per esempio in campagna)!
Questo concetto deve essere ben chiaro a chi vuole utilizzare la pedana vibrante come mezzo allenante:
per una seduta di mezz’ora il risultato è equivalente a quello di una camminata di mezz’ora circa su un terreno erboso.
La pedana vibrante funziona?
Le pedane vibranti in commercio sono una forma ridimensionata di quelle professionali studiate nei centri di ricerca (per esempio non sono dotate di elettromiografo per trovare la frequenza ottimale di vibrazione che è individuale, ma si basano su una media della popolazione). Per motivi di costo (spesso un decimo delle migliori) hanno realizzato molti compromessi oppure sono carenti di una parte della tecnologia, con il risultato di essere ottimisticamente proposte per guarire tutto! La conseguenza è che spesso vengono acquistate come forma di training, ottenendo solo il risultato di fare low-intensity training.
Con le pedane vibranti si hanno una serie di vantaggi generali, a prescindere cioè dal campo di applicazione:
- annullamento dei rischi di infortunio
- nessuna fatica mentale
- nessun carico metabolico (cioè nessuna fatica fisica).
Praticamente, una pedana vibrante può servire solo a un vecchio…
Controllo del peso
NO. Essendoci un modestissimo dispendio energetico non c’è nessuna azione di controllo del peso. Anche l’eventuale stimolazione ormonale non è in grado di ottenere risultati particolarmente significativi.
Allenamento cardiovascolare
NO. Le pedane vibranti sono in grado di affiancare l’allenamento solo per le caratteristiche neuromuscolari.
L’allenamento cardiovascolare ottenibile con una pedana vibrante è veramente minimo e quindi non sono in grado di promuovere un allenamento salutistico.
Stretching
SÌ. Le pedane vibranti possono sostituire lo stretching senza averne gli svantaggi; per il professionista ciò può essere utile quando l’atleta non può caricare perché troppo vicino alle gare o perché infortunato.
L’allenamento con vibrazioni allena i muscoli, ma non offende tendini, articolazioni, legamenti ecc.
Potenziamento
NO. Le pedane vibranti possono affiancare il normale potenziamento (non lo sostituiscono!) poiché nella forza sono sempre presenti qualità neuromuscolari.
Gli effetti positivi che possono essere richiamati riguardano:
- forza esplosiva
- forza massima
- potenza
- velocità
- agilità e flessibilità.
Ovviamente gli eventuali vantaggi sono più interessanti nel professionista che nel soggetto sedentario o nel principiante; per questi ultimi i metodi tradizionali ottengono risultati decisamente migliori e in tempi più rapidi. La pedana vibrante è cioè la ciliegina sulla torta di un programma, non deve essere il corpo centrale.
Fitness
NO. Per quanto detto sopra, la pedana vibrante non può sostituire i metodi tradizionali, ma può essere consigliata a tutti coloro che nell’affrontare il fitness trovano gravi difficoltà iniziali. Per esempio:
- soggetti fortemente in sovrappeso
- anziani con problemi ortopedici.
Estetica
NO. Nonostante sia proposta per il trattamento della cellulite, è veramente ottimistico sperare che una pedana vibrante possa ottenere risultati migliori di una semplice camminata a buon passo! È l’ennesimo tentativo che viene proposto a un pubblico incapace di affrontare la necessità di un’attività fisica, sperando di convincerlo che si può ottenere qualcosa senza fare fatica e con impegno veramente modesto.
Terapia e riabilitazione
Solo per gli anziani. Diverso il discorso riabilitativo, dove la pedana vibrante può essere impiegata in un gran numero di patologie sia per prevenire sia per curare, accostandola alla normale terapia. Da ricordare:
- atrofia o ipotonia muscolare
- disordini circolatori periferici
- limitazione del movimento
- pubalgia, problemi al tendine d’Achille, riabilitazione del ginocchio
- sclerodermia
- disturbi propriocettivi (sclerosi multipla).
Osteoporosi
Forse. Se si pensa che gli studi di Bosco sono partiti dalla constatazione degli effetti che il semplice cammino ha sul rimodellamento osseo, ben si comprende come uno dei campi più interessanti sia la prevenzione e la cura dell’osteoporosi. Uno studio di Bosco del 1999 ha rilevato il rafforzamento dell’asse trasversale (quello più soggetto a fratture), mentre altre ricerche hanno rilevato un aumento della densità ossea.
Invecchiamento
NO. Non si può certo affermare che la pedana vibrante sia in grado di prevenire l’invecchiamento in una persona under 60. Poiché può essere impiegata anche da anziani, è possibile fornire una parte dei benefici di un esercizio fisico moderato a tutti coloro che per necessità non sono in grado di svolgere un’attività fisica continua nella terza età. Un miglior tono muscolare o una migliore densità ossea sono fattori che in un anziano possono migliorare la prospettiva di vita e quindi porlo nelle migliori condizioni di affrontare la quotidianità.
Pedana vibrante – Controindicazioni
L’utilizzo della pedana vibrante è controindicato in diversi casi, ovvero a soggetti affetti da malattia infiammatoria pelvica acuta, infiammazione acuta a carico degli arti inferiori, trombosi acuta, osteosarcoma, calcolosi (epatica, renale o colecistica), malattia vascolare periferica e patologie della colonna vertebrale.
Non devono altresì utilizzare la pedana vibrante le donne in stato interessante, chi ha una storia di dolore lombare e chi ha subito una frattura ossea in tempi recenti.
Comunque sia, l’utilizzo di una pedana vibrante a fini medici dovrebbe essere sempre prescritto da uno specialista.