Questo articolo tratta del ciclo del dolore ed è rivolto a tutti coloro che: a) hanno patologie croniche che non possono essere risolte (o non si vuole risolvere, come nel caso di chi scarta a priori l’intervento chirurgico), ma sono in qualche modo compatibili con la corsa; b) sono reduci da un intervento chirurgico. In entrambi i casi il dolore è purtroppo una componente non eliminabile del gesto sportivo. Se nel secondo caso è una componente transitoria (nel senso che una giusta riabilitazione porta a un recupero funzionale totale e a un’attività senza dolore), nel primo è pressoché definitiva, salvo periodi di remissione o di attenuazione dei sintomi. Il concetto di ciclo del dolore è fondamentale per rendere comunque compatibile lo sport e una situazione fisica degenerata od ottimizzare la ripresa dopo un intervento chirurgico. Vediamo di chiarirlo definendo i vari stadi del ciclo.
Ciclo del dolore: i tre stadi
Primo stadio – A riposo il soggetto è in condizioni normali. Se non c’è normalità (cioè assenza del dolore) a riposo sportivo (per esempio camminando normalmente), non ha molto senso continuare.
Secondo stadio – Il soggetto esegue un’attività sportiva allenante A. Durante l’attività o non avverte dolore o, se lo avverte, è compatibile con il gesto atletico.
Terzo stadio – Il soggetto avverte dolore a riposo, eseguendo semplici esercizi o camminando. Lo stato di dolore dura un tempo X; tale tempo è la durata del ciclo del dolore.
Perché si deve studiare il ciclo del dolore?
Perché si deve determinare il carico allenante A per rendere X minore possibile.

Il concetto di ciclo del dolore è fondamentale per rendere comunque compatibile lo sport e una situazione fisica degenerata
Quindi i vincoli sono che l’attività sia allenante e che X sia sufficientemente piccolo da consentire una frequenza decente. Poiché non si può parlare di soggetto allenato con meno di due-tre sedute alla settimana, X dovrebbe essere inferiore alle 72 ore per consentire di allenarsi almeno un giorno sì e due no.
È meglio che l’attività A sia più blanda, ma consenta un tempo X inferiore.
Per esempio, consideriamo un runner con problemi non gravi alla schiena. È meglio correre 4 volte alla settimana per 10 km con ciclo del dolore 24-48 ore piuttosto che 2 volte per 20 km con ciclo del dolore di 72 ore o più. Ricordatevi che per patologie croniche:
più lungo è il ciclo del dolore e più danni si fanno;
mentre per la riabilitazione da un intervento
più lungo è il ciclo del dolore e più durerà la riabilitazione.
Nel caso della riabilitazione, ha senso che il soggetto riprenda a correre quando (a prescindere da esercizi ginnici, stretching ecc.) il ciclo del dolore è inferiore alle 24 ore.
Questa semplice avvertenza determina anche il ritmo e la lunghezza dei primi allenamenti: devono essere tali da minimizzare il ciclo del dolore. Se anche a ritmi blandi e con distanze brevi (tipo 3-4 km) il ciclo del dolore è troppo lungo, non è ancora il momento di riprendere.