Prima di parlare di elasticità muscolare è necessaria una breve premessa, esiste, infatti, una certa confusione riguardo ai termini che ruotano attorno al movimento. La flessibilità (rigidità) è un concetto che si riferisce alle articolazioni, mentre l’elasticità si riferisce ai muscoli. Alcuni chiamano la flessibilità mobilità articolare e l’elasticità estensibilità, definendo flessibilità l’insieme di mobilità e di estensibilità. In realtà non è corretto sommare i due contributi perché la flessibilità è a soglia (un certo movimento è possibile o no), mentre l’elasticità permette che un certo movimento sia più o meno ampio (o performante). Chi si avvicina alla corsa provenendo da altri sport sa che per ottimizzare le sue prestazioni deve modificare in parte le caratteristiche del suo fisico per adattarle al mezzofondo prolungato o al fondo. Mentre la potenza e la forza muscolare sono caratteristiche facilmente evidenziabili, una delle caratteristiche meno considerate è l’elasticità.
Le forme di elasticità muscolare
Esistono varie forme di elasticità. Quella statica rappresenta l’ampiezza del movimento, a prescindere dalla velocità dello stesso. In realtà è fortemente condizionata dalla flessibilità delle articolazioni.
Quella balistica è invece associata all’ampiezza del movimento ottenuta aumentando al massimo la velocità del gesto (come nei salti).
Quella dinamica è intermedia fra le due, considerando l’ampiezza del movimento a una velocità normale. La differenza essenziale fra elasticità balistica e dinamica è che con la prima il rischio di traumi è decisamente superiore.
L’elasticità dei muscoli non è generale
È stato dimostrato che l’elasticità è una caratteristica del gruppo muscolare, non dell’intero individuo. Un soggetto può avere i polpacci elastici, ma le braccia no. Sono stati infruttuosi i tentativi di mettere in relazione l’elasticità con la conformazione del corpo o dei muscoli. Questi concetti sono molto importanti in relazione allo stretching: ogni sport ha il suo modello di stretching ottimale, dovendo lo stretching stimolare l’elasticità delle strutture anatomiche maggiormente coinvolte nell’attività considerata. E poiché a sport diversi corrispondono forme muscolari differenti (i quadricipiti di un velocista non sono quelli di un fondista) gli esercizi di stretching per un determinato gruppo muscolare devono essere diversi da sport a sport. Questa teoria, espressa da Alter et al., è ormai consolidata e dovrebbe essere conosciuta da tutti i preparatori atletici.
L’elasticità muscolare si può migliorare?
A differenza della forza e della resistenza, attualmente non si conoscono forme di doping in grado di migliorare significativamente l’elasticità. A livello di integrazione si sottolinea l’importanza di alcuni aminoacidi (glicina e prolina e, in misura minore, metionina e valina) nel supporto alle strutture elastiche. Resta comunque l’esercizio fisico il miglior modo di migliorare o conservare l’elasticità. Lo stretching è sicuramente una delle strade prioritarie, ma non bisogna attendersi miracoli.

L’esercizio fisico è il miglior modo per migliorare o comunque conservare una buona elasticità muscolare.
Corsa ed elasticità muscolare
Per un runner, l’elasticità è spesso un parametro poco modificabile, frutto sì delle caratteristiche fisiche, ma anche degli sport praticati da adolescente o comunque in giovane età. Come spiegato nell’articolo Tecnica di corsa, ha tanto più senso intervenire sull’elasticità del soggetto quanto più questo è giovane.
Esiste un facile test (test di Bosco) con cui è possibile dimensionare l’elasticità del soggetto. L’atleta deve porsi in piedi, con le mani ai fianchi, le gambe unite e piegate in modo che la parte superiore della gamba formi con quella inferiore un angolo di 90°. Il busto è leggermente piegato in avanti, parallelo alla parte inferiore della gamba, i piedi sono uniti, appoggiati bene a terra con le punte in avanti. Senza (ripeto senza) contromovimento verso il basso, si salta verso l’alto, sempre tenendo le mani ai fianchi, con le gambe e i piedi completamente estesi.
La distanza fra il suolo e la punta dei piedi estesi fornisce l’elasticità del soggetto. In saltatori in alto, giocatori di basket, di pallavolo ecc. si può arrivare a superare i 50 cm per gli uomini e i 40 cm per le donne; per un runner, soprattutto se è avanti nell’età e non ha mai praticato sport elastici, è già un miracolo arrivare a un valore che è considerato sufficiente per le categorie sopradescritte (32 e 25 cm rispettivamente). Il test vale ovviamente se l’atleta non è sovrappeso; per runner anche di poco sovrappeso occorrerebbe (cosa non facile) tarare i dati con il peso del soggetto: un risultato di 25 cm per un atleta con dieci kg di sovrappeso può tranquillamente valere un risultato di 35 cm per un atleta con massa grassa attorno al 10%.
Per dare un’idea, un mezzofondista prolungato (5-10000 m) ha un indice di elasticità che è il 60% di quello di un saltatore, mentre un maratoneta arriva al 50%.
Un pregio – Se l’atleta ha un sufficiente rapporto fra forza ed elasticità, la corsa non risente troppo di un’elasticità alta; la sua corsa non è cioè verso l’alto. In questo caso l’elasticità è un pregio soprattutto su terreni che non ritornano nulla, per esempio sterrati, o sulle salite.
Un difetto – Se invece l’atleta ha una forza muscolare insufficiente, la corsa diventa troppo elastica, la fase di volo è troppo lunga e l’elasticità diventa un handicap, soprattutto su quei terreni (come la pista o l’asfalto) dove la corsa troppo aerea si traduce in un’effettiva lentezza.
Elasticità muscolare – Come aumentarla
Come aumentare l’elasticità? Questa è una domanda che molti runner over 30 si pongono. In effetti, per i runner ultratrentenni, l’aumentare (o perlomeno il mantenere) una certa elasticità può essere un problema.
Nel 2014 ricercatori americani “millantarono” la scoperta per migliorare l’elasticità muscolare; in realtà hanno studiato la titina (una proteina) principale fonte dell’elasticità muscolare e hanno notato che lo stiramento dei muscoli attiva la titina, inducendola ad aumentare la sua elasticità. Del resto, è abbastanza ovvio che l’elasticità possa essere aumentata dall’esercizio!
In genere è abbastanza facile trovare esercizi adatti allo scopo. Purtroppo tali esercizi, se sono adatti a soggetti giovani, non lo sono sicuramente per soggetti più avanti con gli anni, perché comportano un traumatismo che solo un fisico giovane può sopportare senza problemi. Per capire l’origine di tale inadeguatezza, si deve aver presente la differenza fra flessibilità (o il suo contrario, la rigidità) ed elasticità.
Con l’età esistono fenomeni degenerativi (il tipico caso è quello dell’artrosi) decisamente più gravi per la flessibilità di quelli che possono colpire l’elasticità dei muscoli. Ovvio che se le articolazioni sono rigide anche il gesto atletico è penalizzato, ma in linea di principio l’elasticità di un soggetto potrebbe essere ben conservata anche sopra i 50 anni.
Poiché la prestazione dell’atleta dipende sia dalla sua flessibilità sia dalla sua elasticità è importante allenarle entrambe. Per l’allenamento della flessibilità bastano per le articolazioni esercizi statici, intrinsecamente poco pericolosi per l’assenza di moto e di energia cinetica. Per l’allenamento dell’elasticità occorre invece ricorrere a esercizi dinamici. Sostenere che lo stretching statico possa aumentare l’elasticità del muscolo è molto ottimistico.
Se per la flessibilità esistono molte forme di allenamento (dallo stretching allo yoga), per l’elasticità invece non è sempre chiaro cosa si debba fare.
Elasticità: qualche utile esercizio
Se utilizziamo esercizi che coinvolgono sia la flessibilità sia l’elasticità (come per esempio i balzi) ci mettiamo nelle condizioni in cui l’esercizio può essere deleterio in un soggetto non giovane. È cioè importante sottolineare che è possibile applicare certi esercizi elastici solo in presenza di una notevole flessibilità.
Con l’età la flessibilità diventa un blocco fondamentale per una serie di esercizi come balzi, salti ecc. perché il rischio di infortunio diventa notevole e perché una tecnica troppo complessa mal si sposa con un corpo poco flessibile. Se invece usiamo esercizi in cui è coinvolta la sola elasticità, ecco che i rischi sono decisamente minori.
Quelli elencati di seguito sono esercizi che minimizzano questi rischi perché si suppone che l’esecuzione sia sufficientemente soft da sopperire a eventuali carenze in flessibilità. Tutti gli esercizi devono essere eseguiti con un criterio di gradualità crescente e in condizioni di freschezza muscolare, dopo adeguato riscaldamento.
Molleggi sul gradino – Hanno sostituito lo stretching come mezzo di elezione nella prevenzione e cura di molte patologie tendinee e della muscolatura della gamba. In punta di piedi (le dita appoggiano bene, ma la pianta no per evitare pressioni indesiderate sull’arco plantare) si scende con i talloni e poi si risale spingendosi in su, senza mai comunque superare il margine del gradino.
La gradualità consiste nel numero di ripetizioni (da 10 a 50), nella velocità di esecuzione (all’inizio lentamente poi più svelti), nel numero di serie (da 1 a 3). Una variante successiva è quella di operare su un piede solo, con l’altro ben appoggiato sul gradino superiore (variante utile nel caso si esca da un infortunio).
Doppio balzo – Il soggetto si pone su un gradino di altezza X (all’inizio anche molto basso, per esempio 10 cm). Salta verso il basso (a piedi uniti) ed esegue un secondo salto in avanti. Ripete per n volte e per n serie. X viene gradualmente aumentato, come pure le ripetizioni e le serie. Il fondo deve essere piano, senza irregolarità, ed è opportuno usare scarpe ammortizzate.
La differenza con la normale corsa balzata tipica dei velocisti è che l’energia cinetica iniziale è nulla: se il soggetto è poco elastico non può trasformare l’energia cinetica della corsa in energia elastica e l’energia impiegata nell’esercizio sarà comunque bassa e non pericolosa.
Cambio di ritmo – Si sceglie un percorso di 60-80 m. Si percorre la prima metà a ritmo blando (velocità che si terrebbe su un 1500) e poi si accelera al massimo nella seconda metà. Il miglioramento nel tempo della seconda metà è indicativo del miglioramento dell’elasticità del soggetto. In questo caso è la variazione di energia cinetica che è piccola (a meno di non essere centometristi nati).

Poiché la prestazione dell’atleta dipende sia dalla sua flessibilità sia dalla sua elasticità è importante allenarle entrambe