La disidratazione è un fenomeno che sembrerebbe correlato solo alla maratona; in realtà non è così e si può pensare che gare superiori ai 5 km possano essere interessate dal fenomeno. Tre sono i fattori che portano l’atleta alla disidratazione: la durata della prova; la temperatura; l’umidità. Il primo punto porta proprio a occuparsi di disidratazione per quanto riguarda la maratona; non occorrono però calcoli complicati per capire che, per quanto riguarda la disidratazione, è molto peggio correre una mezza maratona a 32 °C con clima umido piuttosto che una maratona a 5 °C con clima secco. Non a caso, la maggior parte delle morti da sport non riguardanti casi di infarto o di anomalie congenite sono colpi di calore in gare sui 10 km: la termoregolazione dell’atleta è andata in tilt, non supportata adeguatamente dalla sudorazione e dagli altri fattori fisiologici deputati a gestirla.
Perché la disidratazione è negativa? – Gli effetti della disidratazione sono molteplici e concatenati. La disidratazione porta a un innalzamento della temperatura corporea (ma come vedremo non è la disidratazione il maggiore responsabile di tale innalzamento), a un aumento della frequenza cardiaca, a un aumento della pressione osmotica (si perde più acqua che sali), a una diminuzione del volume plasmatico con conseguente riduzione di afflusso sanguigno verso la cute e limitazione della sudorazione nonché riduzione della gittata cardiaca poiché la gittata sistolica non è compensata dall’aumento della frequenza.
Quando la disidratazione è negativa? – In condizioni pessime (alta temperatura, alta umidità, irraggiamento solare) in 20 minuti con la sudorazione si può perdere un litro d’acqua. In un runner allenato e acclimatato, le prestazioni incominciano a peggiorare nettamente quando ha perso circa il 3% del peso, circa 2 kg in un atleta di 70 kg, cioè dopo 40 minuti corsi in condizioni decisamente difficili. Se il runner non è allenato o non è abituato a correre con il caldo, tale tempo può ridursi a poco più della metà.
Un esempio
Supponiamo (in realtà sono dati misurati su un gran numero di atleti) che si stia svolgendo una gara di 10 km in circuito (2 giri da 5 km). La temperatura sia di 30 °C con umidità del 70%. Cosa si potrà rilevare? Che per la maggioranza degli atleti usualmente equilibrati nello sforzo (cioè non partenti folli!), il secondo giro risulterà più lento del primo dai 3 agli 8″/km! Un rallentamento provocato dalla disidratazione, che, importante notare, è spesso già iniziata durante il “riscaldamento” (con un clima simile è consigliabile bere un po’ d’acqua finito il riscaldamento).

Sono tre i fattori che causano disidratazione negli atleti: durata della prova, temperatura e umidità
Durante gli allenamenti
Soprattutto nei mesi estivi è importante capire che la disidratazione conta parecchio sui tempi che si realizzano. Esistono due approcci possibili.
Il primo consiste nel partire secondo il proprio valore attuale, accettare la disidratazione e calare nella seconda parte.
Il secondo consiste nel tenerne conto sin dall’inizio e tarare l’allenamento in modo che sia comunque più equilibrato (partendo qualche secondo più piano del valore in condizioni ottimali).
Il secondo approccio è sicuramente quello meno traumatico e consente di recuperare prima; l’esperienza del runner (o dell’allenatore) sono pertanto fondamentali quando le condizioni climatiche sono avverse.