La pastorizzazione è un trattamento che serve a distruggere tutti i microrganismi patogeni presenti in un alimento nonché una parte della microflora saprofitica in grado di provocare alterazioni di vario tipo. Il processo di pastorizzazione aumenta decisamente i tempi di conservazione degli alimenti trattati.
Nel 1860, Louis Pasteur (da qui il termine che identifica il processo) notò che, portando per pochi minuti il vino a circa 60 °C, si bloccavano i processi di fermentazione dovuti ai lieviti.
Dall’iniziale scoperta di Pasteur le tecniche di trattamento termico dei cibi si sono evolute e diversificate, non essendo sufficiente un generico aumento della temperatura per garantire un buon risultato globale.
L’impiego della temperatura per l’igiene del cibo
L’impiego di trattamenti termici è infatti in controtendenza con la conservazione delle proprietà dell’alimento, per cui è necessario avere sempre presente che aumentando la temperatura aumenta l’igiene, ma diminuisce il contenuto nutrizionale dell’alimento.
Semplificando, occorre tenere presente che:
- ogni microrganismo ha una temperatura letale TL.
- A una data temperatura letale, la velocità di distruzione di un microrganismo è proporzionale al numero di microrganismi presenti.
- È definibile un coefficiente D che rappresenta il tempo con cui una data popolazione si riduce a un decimo. Maggiore è il suo valore e più il microrganismo è termoresistente.
Per esempio, per l’Escherichia coli la temperatura TL è di 62,8 °C e D vale 8 secondi circa: ciò vuol dire che se in un litro di latte ci sono 1.000 microrganismi, dopo 8 secondi di trattamento a 62,8 °C ne restano vivi 100.

Nel 1860, Louis Pasteur (da qui il termine pastorizzazione) notò che, portando per pochi minuti il vino a circa 60 °C, si bloccavano i processi di fermentazione dovuti ai lieviti.
La pastorizzazione: come funziona
La pastorizzazione ha dunque il compito di distruggere la microflora dei liquidi organici per almeno il 99%; non avendo la sicurezza di una distruzione totale (in particolare non distrugge i germi termoresistenti e le spore batteriche), l’alimento deve essere ben conservato in modo da evitare lo sviluppo dei microrganismi rimasti dopo il trattamento.
Ovviamente quanto maggiori sono la temperatura e il tempo di trattamento, tanto più la pastorizzazione è efficace; in genere non si superano mai i 100 °C e un riscaldamento minimo di 15″ a 72 °C.
Nei prodotti acidi (pH < 4,5; vino, succhi di frutta, birra ecc.) la pastorizzazione sfrutta anche l’acidità del prodotto e i tempi e le temperature sono leggermente più bassi. In genere, la pastorizzazione si conclude con un veloce raffreddamento per bloccare lo sviluppo dei germi rimasti.
I prodotti pastorizzati possono essere sfusi o già confezionati. Poiché la temperatura non è elevata, le caratteristiche nutrizionali del prodotto restano praticamente inalterate. Per esempio il latte pastorizzato ha caratteristiche organolettiche decisamente migliori di quello a conservazione UHT.