Il significato dell’acronimo OGM è Organismi Geneticamente Modificati; gli OGM sono organismi non umani il cui patrimonio genetico (genoma) è stato modificato con tecniche di ingegneria genetica; in detti organismi sono stati innestati frammenti di DNA provenienti da altri organismi. Non possono essere considerati OGM quegli organismi in cui il patrimonio genetico è modificato a seguito di processi spontanei o indotti dall’uomo tramite tecniche che non sono stata incluse nella definizione presente nella normativa di riferimento (è il caso delle modificazioni indotte con radiazioni ionizzanti o mutageni chimici).
Organismi Geneticamente Modificati – Riassunto
Il significato dell’acronimo OGM è Organismi Geneticamente Modificati; gli OGM sono organismi non umani il cui patrimonio genetico (genoma) è stato modificato con tecniche di ingegneria genetica.
Il primo OGM dell’era moderna è stato ottenuto nel 1973 da S. N. Cohen e H. Boyer che furono in grado di clonare un gene di rana all’interno del batterio Escherichia coli.
La produzione si concentra praticamente solo su quattro colture che (2015) coprono il 99% della produzione di agricoltura da organismi geneticamente modificati: soia (50%), grano (30%), cotone (14%), canola (5%).
Al 2014, il 90% delle superfici coltivate con OGM appartengono a cinque Paesi: Stati Uniti (40%), Brasile (23%), Argentina (14%), Canada (6%), India (6%), mentre il resto del mondo si divide il rimanente 11%.
La direttiva dell’Unione Europea 2001/18/CE definisce le regole base per l’autorizzazione al rilascio nell’ambiente di un nuovo OGM e rimanda agli Stati membri il diritto di limitare o vietare le coltivazioni di OGM. Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania hanno per esempio permesso la coltivazione di mais transgenico (2018).
L’Italia vieta la coltivazione di Organismi Geneticamente Modificati, ma per soddisfare il fabbisogno nazionale di alcuni prodotti ne permette l’importazione da Paesi pro-OGM, con un deficit di circa 5 miliardi (2017). In Italia l’87% del mangime venduto è costituito da OGM, tra cui mais e soia. Simile è la situazione del cotone usato per l’abbigliamento, anch’esso costituito, al 2017, per il 70% da cotone OGM.
Un po’ di storia
La storia degli OGM ha praticamente inizio con la scoperta, da parte del microbiologo svizzero Werner Arber, degli enzimi di restrizione, sostanze di origine batterica che sono in grado di individuare e tagliare frammenti di DNA; in quanto tali, gli enzimi di restrizione sono anche detti forbici molecolari. La scoperta ha aperto la strada alla possibilità di “tagliare e cucire” il DNA permettendo di fatto il mescolamento dei patrimoni genetici di specie diverse fra loro.
Il primo OGM dell’era moderna è stato ottenuto nel 1973 da S. N. Cohen e H. Boyer che furono in grado di clonare un gene di rana all’interno del batterio Escherichia coli.
Negli anni ’70 del XX secolo, la Genentech, una società fondata dal già citato Boyer, riesce a produrre, attraverso il batterio Escherichia coli, le proteine ricombinanti somatostatina e insulina.
Lo sviluppo delle tecniche che portavano alla creazione di OGM portò anche alla nascita di violente dispute e polemiche che peraltro non si sono ancora placate.
La tecnica del DNA ricombinante, come era prevedibile, non è stata utilizzata soltanto per produrre nuovi farmaci, ma si è allargata a diversi settori; attualmente gli organismi geneticamente modificati sono utilizzati in ambito alimentare, agricolo, medico, industriale e nel settore della ricerca scientifica.
I prodotti OGM
Gli OGM sono prodotti attraverso procedimenti di tipo biotecnologico. Le biotecnologie sono tecniche che sfruttano le proprietà delle cellule sia vegetali sia animali per produrre nuove varietà di piante o animali (è per questo che si parla di organismi geneticamente modificati) con scopi che vanno dal consumo alimentare alla produzione di farmaci o vaccini, al trapianto di geni per contrastare determinate malattie.
Lo sviluppo della genetica (in particolare la tecnica del DNA ricombinante) consente infatti di trasferire geni in un seme vegetale o in un uovo fecondato animale, ottenendo un “nuovo” individuo, denominato transgenico.
Le finalità principali sono di ottenere esemplari “migliori”. Nel caso delle piante per esempio un prodotto transgenico può:
- essere più resistente ed evitare l’uso di pesticidi
- essere meno soggetto a inquinanti (come le aflatossine cancerogene per l’uomo)
- avere un indice di produttività migliore
- avere caratteristiche nutrizionali migliori (per esempio maggiore ricchezza di vitamine o minore contenuto di sostanze poco interessanti o addirittura nocive).
La procedura con cui si producono vegetali OGM può essere semplificata in quattro passi.
- Isolamento del gene che si vuole trasferire.
- Inserimento del gene isolato in un vettore molecolare (per esempio un plasmide batterico).
- Replicazione del plasmide in un batterio per avere più copie del gene da trasferire.
- Trasferimento del plasmide in una specie vegetale.
Il vantaggio dei vegetali è che le loro cellule sono totipotenti, cioè in grado di generare un intero individuo.
Per realizzare l’ultimo passo si usava originariamente il plasmide Ti di Agrobacterium tumefaciens perché questo batterio ha un’alta efficienza di integrazione con i cromosomi della pianta che infetta. Un metodo ancora più efficiente è il bombardamento di cellule vegetali con il materiale, preparato di solito su supporti di microsfere d’oro o di tungsteno. Come si vede le tecniche sono piuttosto rozze e al termine della procedura si selezionano le cellule che esprimono correttamente il nuovo gene.
Tecniche più fini mirano a impiantare il gene nel DNA del cloroplasto, un organulo subcellulare esclusivo delle cellule vegetali; poiché il DNA del cloroplasto è ereditato per via materna, non sarà presente nel polline e si evitano i rischi di diffusione e di contaminazione fra specie.
Le tecniche grazie alle quali è possibile ottenere organismi geneticamente modificati sono relativamente recenti e, attualmente, sono disponibili sul mercato OGM che presentano caratteri che possono essere controllati con una certa facilità; di fatto si inseriscono uno o pochi geni relativi a una determinata caratteristica (il tipico esempio è la resistenza a una particolare patologia); bisogna però tenere conto che, nell’ultimo decennio, la genomica ha fatto passi da gigante ed è molto probabile che ben presto vedremo apparire sul mercato OGM con modifiche genetiche particolarmente complesse.
L’estrazione dal genoma dei frammenti di DNA destinati all’inserimento in cellule di altre specie è effettuata attraverso l’utilizzo dei cosiddetti enzimi di restrizione, una classe di enzimi che, come già accennato in apertura, sono definiti come vere e proprie forbici molecolari.
OGM – Dove si trovano
Prima di ogni trattazione sugli OGM, sarebbe necessario fissare un concetto fondamentale:
ogni OGM ha caratteristiche proprie esattamente come un alimento o un farmaco.
Ha perciò poco peso scientifico descrivere proprietà e rischi degli OGM parlando dell’insieme in generale. Potrebbe esistere un OGM dalle caratteristiche eccezionalmente positive nei confronti della qualità della vita dell’uomo e uno decisamente dannoso. La conseguenza di questa diversificazione è la necessità di capire quali sono i campi di applicazione degli OGM e di trattarli poi separatamente.
Mammiferi e uccelli – Non si sono ottenuti risultati significativi in termini di miglioramento della produzione (sia qualitativa sia quantitativa) rispetto a tecniche di allevamento convenzionali. Pertanto il filone è in stallo e non sembra promettente, anche se ci sarebbero interessanti applicazioni (si pensi per esempi a un latte privo di lattosio perché metabolizzato dall’enzima lattasi nella ghiandola mammaria).
Pesci – Poiché sia la fertilizzazione sia lo sviluppo dell’uovo avvengono all’esterno, nei pesci il trasferimento del transgene è facilitato e ciò ha consentito di ottenere risultati migliori che nei vertebrati a sangue caldo:
- sviluppo della specie più rapido;
- maggiori dimensioni.
Dopo i necessari controlli di biosicurezza, probabilmente i pesci transgenici saranno i primi animali a entrare nella catena di produzione.
Gli scopi della transgenesi animale, comunque, non sono soltanto relativi al miglioramento della produzione, ma investono anche altri campi. Uno è quello della produzione di biomedicine. Sicuramente, allo stato attuale, la produzione di biomedicine utilizzando batteri o lieviti è senz’altro meno onerosa, ma presenta anche diverse limitazioni. È per aggirare queste limitazioni che c’è un notevole interesse per lo sfruttamento delle tecniche di transgenesi allo scopo di far produrre agli animali notevoli quantità di molecole da poter sfruttare per varie terapie o trattamenti di tipo preventivo (anticorpi, farmaci, vaccini ecc.). La produzione di biomolecole può essere effettuata sfruttando i vari liquidi biologici, in particolare il latte. Tra le biomolecole prodotte da animali transgenici ci sono anticorpi policlonali, lattoferrina, fattore antitrombina III e calcitonina.
Grande interesse riveste anche la transgenesi sui topi a scopi di ricerca su patologie umane. L’utilizzo di topi e ratti geneticamente modificati è già abbastanza diffuso, in particolar modo per quanto riguarda gli studi sul cancro.
Un interessante settore di ricerca è poi quello relativo agli xenotrapianti, ovvero quei trapianti di organi da una specie non umana all’uomo. La specie più adatta agli xenotrapianti è il suino in quanto esistono somiglianze dal punto di vista anatomico; ovviamente vanno risolti i problemi di carattere immunologico; a questo riguardo l’approccio transgenico mira a inibire quelle reazioni anticorpali che sono alla base del temuto rigetto. Altri studi puntano poi sul trapianto di cellule e di tessuti.
Vegetali – Come tutti sanno, nel mondo vegetali i risultati delle biotecnologie sono molto più appariscenti e sono già in commercio:
- piante resistenti agli insetti e ai microrganismi;
- piante resistenti agli erbicidi;
- piante resistenti alle difficoltà climatiche (gelo e siccità);
- prodotti conservabili più a lungo;
- prodotti dalle migliori caratteristiche alimentari come maggiore ricchezza di macronutrienti e micronutrienti pregiati e minore presenza di sostanze dannose (come l’acido erucico nell’olio di colza).
Tra le piante che subiscono processi transgenici* vi sono il mais, la soia, il cotone e la colza, coltivate soprattutto in Nord America. Le piante sono modificate con geni estranei in modo da divenire resistenti ai pesticidi o agli insetti. In un frammento di DNA (plasmide) si inseriscono due geni, uno tossico per l’insetto (per esempio la piralide del mais) e uno resistente a un antibiotico. Il plasmide è trasferito in un batterio che è in grado di introdursi nel genoma delle piante. I batteri per i quali il processo è riuscito vengono selezionati poiché sono gli unici che sopravvivono in un liquido di coltura che contiene l’antibiotico. Fra gli effetti negativi si deve citare proprio il problema della resistenza agli antibiotici; poiché le piante vengono poi consumate (come tali o come additivi), potrebbero rendere inefficaci le cure antibiotiche praticate sull’uomo per debellare malattie infettive; oppure si potrebbero sviluppare allergie da prodotti geneticamente modificati. Scopo della ricerca è quindi produrre nuove soluzioni alternative sempre più sicure.
I cibi transgenici di seconda generazione sono quelli che producono benefici che vanno al di là del semplice incremento o miglioramento delle coltivazioni; è il caso del riso arricchito di ferro o di vitamina A (per combattere malattie da deficienza), piante che producono farmaci (per esempio l’emoglobina dalla pianta del tabacco oppure antitripsina, albumina e antitrombina dal riso geneticamente modificato) o vaccini (per esempio la banana col vaccino contro l’epatite B). In alcuni casi le biotecnologie possono rivelarsi fondamentali nel rendere le piante resistenti all’attacco di insetti, batteri o virus; è il caso del pomodoro di San Marzano che ha subito un’aggressione da parte di un virus che ha minacciato di portare la specie alla scomparsa. Forse sarà possibile bloccarlo modificando geneticamente la pianta. In Europa è permessa la commercializzazione del mais Bt, resistente agli insetti, e della soia resistente agli erbicidi, entrambi oggetto del prossimo paragrafo.
Mais e soia transgenici
Mais Bt – Per rendere il mais resistente agli insetti, si inserisce il gene Bt del batterio Bacillus thuringiensis. Tale bacillo è molto diffuso nel terreno e ha la proprietà di codificare una proteina (Bt) che è una prototossina, cioè diventa tossica solo nell’intestino dell’insetto perché un enzima specifico (proteasi) ne stacca una parte liberando la parte appunto tossica. La proteina non è tossica per l’uomo o per gli animali, tant’è che da quarant’anni ne è consentito l’uso (in spray) in agricoltura biologica.
Il mais Bt risulta pertanto resistente agli insetti e in particolare alla piralide (Ostrinia nubilalis). Il vantaggio del suo impiego consente di:
- ridurre gli insetticidi (per lo più non biodegradabili);
- evitare la contaminazione del mais, attaccato e indebolito dalla piralide, da parte di altri virus o funghi, in particolare le aflatossine cancerogene.
Soia resistente agli erbicidi – Circa il 70% della produzione mondiale di soia è transgenica. Uno dei problemi della coltivazione è la relativa fragilità della soia nei confronti degli erbicidi che sono utilizzati per ridurre le piante infestanti: l’impiego di erbicidi riduce il raccolto di soia di circa il 10% perché non sono completamente selettivi nei confronti delle varie specie vegetali.
In linea di massima si potrebbero usare erbicidi totali (come il glifosato e il glifosinato) che distruggono ogni pianta, pur essendo rapidamente biodegradabili e a bassissima tossicità per l’uomo. Poiché sono stati individuati batteri che producono enzimi capaci di inattivare gli erbicidi totali, è stato possibile utilizzare tali conoscenze per produrre soia transgenica resistente a glifosato e glifosinato. In tal modo è possibile usare un solo trattamento con il glifosato (erbicida totale), senza dover usare numerosi trattamenti con erbicidi parziali.
E i rischi? – L’impiego di soia transgenica è il miglior esempio di come i rischi degli OGM sono praticamente inesistenti nel caso si certifichi il singolo prodotto OGM. Infatti decine di milioni di consumatori utilizzano ormai da anni cibi alla soia transgenica senza che si siano avuti riscontri superiori a quelli di altri alimenti naturali (ricordiamo che l’allergia a un alimento non è un problema dell’alimento, ma del soggetto ricevente, tant’è che esistono allergie a praticamente tutti gli alimenti in commercio).
Il problema non è dunque OGM sì od OGM no, quanto la presenza di controllori (cioè autorità preposte al controllo) che verifichino la pericolosità di messa sul mercato di nuove specie OGM, proprio come si fa con i nuovi farmaci.
La produzione
Dati relativi al 2014 pubblicati dall’International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications (ISAAA) mostrano che le produzioni OGM sono in continua crescita; del resto, a partire dal 1997, la superficie dei terreni coltivati a OGM ha avuto un enorme incremento. Nel 2014 le superfici coltivate con piante OGM sono arrivate a 181,5 milioni di ettari, 6 milioni in più rispetto al 2013; la produzione coinvolge 18 milioni di agricoltori in 28 Paesi (gli Stati pro OGM).
Gli Stati Uniti guidano la produzione OGM con il 51% (l’85% di coltivazioni con organismi geneticamente modificati si trovano nell’America meridionale e settentrionale). Al 2014, il 90% delle superfici coltivate con OGM appartengono a cinque Paesi: Stati Uniti (40%), Brasile (23%), Argentina (14%), Canada (6%), India (6%), mentre il resto del mondo si divide il rimanente 11%. L’Ucraina è il maggiore produttore di grano in Europa e, dal 2013, non è più un Paese OGM-free.
Le applicazioni degli organismi geneticamente modificati
Attualmente gli OGM sono utilizzati in particolar modo negli ambiti agricolo, alimentare, medico e industriale.
In ambito agricolo sono stati sviluppati batteri che introdotti nel suolo ne migliorano le caratteristiche e sono in grado di proteggerle dal gelo o dagli insetti. Si sono poi ottenute piante maggiormente resistente ai vari stress, ai batteri o ai virus o più tolleranti a determinati erbicidi.
In ambito alimentare si sono prodotti enzimi utilizzati per le produzioni industriali e per i processi di fermentazione; si sono poi ottenute piante dalle caratteristiche organolettiche decisamente migliori e produzioni animali le cui caratteristiche nutrizionali e organolettiche sono decisamente superiori alla norma.
In ambito medico si producono, grazie alle tecniche OGM, vari presidi sanitari quali farmaci, vaccini, enzimi, anticorpi ecc.
Anche in ambito industriale le tecniche OGM sono variamente sfruttate per ottenere materiali di interesse industriale, per produrre fonti energetiche, per migliorare le caratteristiche delle materie prime utilizzate dalle industrie, per ottenere proteine eterologhe non facilmente ottenibili da procarioti, per sintetizzare molecole interessanti per l’industria come, per esempio, proteine per la produzione di fibre ultraresistenti.
La posizione della dieta italiana sugli organismi geneticamente modificati
Gli OGM sono avversati da una buona parte dell’opinione pubblica in base al principio di precauzione: secondo tale principio occorre negare per prevenire futuri effetti spiacevoli (da cui anche l’espressione “principio di prevenzione”); applicato alla scienza significa fermare il progresso quando si teme che potrà portare effetti negativi.
Tale principio è però alla base di una visione poco coerente e retrograda, spesso motivata da una personalità che, psicologicamente parlando, potrebbe definirsi fobica. Infatti, per coerenza, se fosse applicato anche a ciò che c’è già torneremmo indietro di almeno duecento anni. Fermarsi non è intelligente; lo è chi va avanti controllando e minimizzando gli effetti negativi.
In Italia la vita media agli inizi del 1900 era di 43 anni. Dopo un secolo, gran parte dei partecipanti alle manifestazioni contro gli OGM (alcuni sarebbero già morti) hanno di fronte a sé quasi cinquant’anni di vita in più proprio grazie a quella scienza che rinnegano.
Il solo rifiuto degli OGM perché innaturali è decisamente approssimativo e irrazionale, basato sulla fallacia ad naturam: tutto ciò che naturale è buono e ciò che non lo è cattivo; chiunque può rendersi conto del grossolano errore, visto che in natura tantissimi fattori possono far male. Del resto, senza l’uso della genetica, ma con la sola intelligenza umana, sono già state create moltissime varietà di piante (anche da frutto, quindi “alimentari”) che in natura non esistono. Perché un innesto o un incrocio dovrebbero essere naturali e una specie ottenuta geneticamente no? Tutti i dubbi che si nutrono sugli OGM sono gli stessi che si potrebbero nutrire per esempio sugli ibridi.
Il vero problema, quindi, non è OGM sì/OGM no, bensì stabilire se e quando essi sono nocivi per la salute del soggetto. Solo la ricerca potrà esprimere risultati sensati e non certo nel breve periodo. Per ora la posizione più ragionevole appare quella che lascia libertà di coscienza sugli OGM; l’importante è che il loro impiego sia sempre segnalato. È una posizione che lascia piena libertà: chi li teme sceglierà, per esempio, cibi che ne sono privi; chi si fida potrà scegliere anche alimenti che li contengono.

Gli OGM (in inglese GMO, Genetically Modified Organism) sono organismi non umani il cui patrimonio genetico (genoma) è stato modificato con tecniche di ingegneria genetica
Normativa sugli OGM
In molti Paesi del mondo sono presenti le varie normative di riferimento in materia di OGM; tali normative hanno lo scopo di garantire la maggior sicurezza possibile sia a livello ambientale sia a livello di salute umana e animale. A livello internazionale la normativa di riferimento è costituita dal cosiddetto Protocollo di Cartagena.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, i testi che regolano la materia OGM sono i seguenti:
- Direttiva 2001/18/CE, che sostituendo la normativa 90/220/CE, riscrive le regole base per l’autorizzazione al rilascio nell’ambiente di un nuovo OGM e rimanda agli Stati membri il diritto di limitare o vietare le coltivazioni di OGM. Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania hanno per esempio permesso la coltivazione di mais transgenico (2018).
- Regolamenti 1829 e 1830/2003/CE, che regolano l’autorizzazione e l’etichettatura/tracciabilità degli alimenti e dei mangimi (food & feed) costituiti o derivati da OGM.
- Raccomandazione 556/2003, che indica le linee guida sulla coesistenza tra colture OGM e convenzionali, cui le norme nazionali e regionali dovrebbero allinearsi.
Nel nostro Paese è stata recepita la direttiva 2001/18/CE. L’Italia vieta la coltivazione di Organismi Geneticamente Modificati, ma per soddisfare il fabbisogno nazionale di alcuni prodotti ne permette l’importazione da Paesi pro-OGM, con un deficit di circa 5 miliardi (2017). In Italia l’87% del mangime venduto è costituito da OGM, tra cui mais e soia. Simile è la situazione del cotone usato per l’abbigliamento, anch’esso costituito, al 2017, per il 70% da cotone OGM.
* Nell’accezione comune si tende a utilizzare indifferentemente la terminologia pianta transgenica od OGM per indicare le piante modificate geneticamente trascurando le distinzioni tecniche.
Gli OGM sono spesso indicati anche come organismi transgenici; in realtà, qualche differenza esiste, anche se l’associazione fra le due terminologie è sostanzialmente corretta; con il termine transgenesi ci si riferisce più esattamente all’inserimento, nel patrimonio genetico di un determinato organismo, di geni esogeni; con OGM si fa anche riferimento a organismi che risultano da modificazione che non prevedono l’inserimento di alcun gene (per esempio, sono OGM anche quegli organismi dal cui genoma sono stati tolti dei geni).