Integratori: quando funzionano? Esistono alcuni campi di applicazione in cui gli integratori sono sicuramente utili a migliorare la nostra vita. Come vedremo, anche all’interno di uno stesso ambito di applicazione esistono situazioni in cui l’integratore funziona e altre in cui non produce particolari effetti positivi. Nel prosieguo dell’articolo prendiamo in considerazione i seguenti campi: sport, invecchiamento, regimi dietetici, patologie e prevenzione.
Lo sport
Praticamente ogni sportivo ha assunto integratori per supportare al meglio la propria passione; con lo sviluppo dello sport amatoriale il fenomeno è diventato di massa. Purtroppo la mancanza di cultura fa sì che si commettano molti errori, spesso sopravvalutando il ruolo degli integratori nella prestazione sportiva (un integratore non trasformerà mai un ronzino in un purosangue); l’ignoranza su concetti fondamentali come dosaggio, biodisponibilità, effetti collaterali ecc. porta a commettere molti errori che potrebbero essere facilmente evitati con un minimo di studio o comunque rivolgendosi a professionisti seri e qualificati, il cui giudizio non è alterato dall’enorme business che si è creato attorno all’integrazione alimentare.
Relativamente allo sport, è importante capire che
non esiste nessun integratore in grado di migliorare significativamente la prestazione.
Spesso l’esaltazione di questo o quell’integratore serve semplicemente per coprire pratiche dopanti: attribuisco il merito all’integratore perché non posso diffondere la notizia che uso una sostanza illecita.
In altri casi si usa il trucco della seminformazione (si legga a tale proposito Quando gli integratori non funzionano, paragrafo Errore di seminformazione): per esempio, l’integratore X consente di prolungare lo sforzo del 10% (test a esaurimento); il ricevente interpreta la frase come un miglioramento della prestazione quando il caso è analogo a quello di un’automobile che non migliora la sua velocità, ma ha semplicemente più “benzina”: dire che l’atleta riesce a correre a una velocità intermedia per 4 ore e mezzo anziché per 4 ore e 15 minuti non vuole affatto dire che migliorerà il suo record di 2h30′ sulla maratona!
Ovviamente l’affermazione soprastante non fa riferimento a quei prodotti che sostituiscono l’alimentazione nelle prove di lunga durata (come acqua, barrette ecc.); il “significativamente” è proprio il confine con il doping: una qualunque sostanza in grado di far migliorare nettamente i risultati dell’atleta ne sposta gli equilibri fisiologici a tal punto che è veramente ingenuo pensare che non abbia effetti collaterali.
Nello sport, però, gli integratori non vengono usati soltanto per tentare di migliorare la prestazione, ma anche per migliorare il recupero dell’atleta (per esempio gli aminoacidi ramificati).
Ogni allenatore sa che un buon allenamento che consenta di recuperare velocemente è fondamentale per sopportare carichi di lavoro corretti per il proprio corpo e che è una strategia assolutamente perdente cercare di recuperare con integratori quando il proprio recupero naturale è pessimo: prima o poi si incapperà in una serie di infortuni più o meno bloccanti o si entrerà nella spirale del sovrallenamento.
Poiché il recupero è fondamentale nell’ottica della seduta successiva, l’atleta dovrebbe aver recuperato a sufficienza prima di un nuovo impegnativo allenamento.
Ai fini del recupero è quindi completamente diversa la situazione fra il professionista che esegue un allenamento bigiornaliero correndo per 40 km e l’amatore che si allena tre volte alla settimana percorrendo al massimo 20 km nella seduta più lunga. Il concetto che deve essere tenuto a mente è che
se la frequenza e la lunghezza degli allenamenti non sono elevate, ogni integrazione finalizzata al recupero è inutile, basta una sana e corretta alimentazione.
Poiché esistono profonde differenze fra uno sport e l’altro, è difficile dare un’indicazione generale su quando siano utili gli integratori nel recupero e, quindi, nell’allenamento.
In linea di massima si può affermare che gli integratori servono per recuperare meglio se:
- lo sforzo è superiore ai 90′
- il numero di ore settimanali di attività fisica effettiva è superiore alle sei ore.
L’antinvecchiamento
L’impiego di integratori per rallentare gli effetti del tempo si basa principalmente su sostanze antiossidanti. Purtroppo però le proprietà degli antiossidanti sono spesso sopravvalutate (oggi tutto è antiossidante!) e per godere di un reale beneficio è prima necessario comprendere i limiti della lotta ai radicali liberi, prodotti di rifiuto delle reazioni metaboliche del nostro organismo.
In particolare:
- la capacità di combattere i radicali liberi diminuisce con l’età (si parla di stress ossidativo);
- lo sportivo ha un fabbisogno di micronutrienti che può arrivare anche a essere doppio rispetto a quello di un sedentario;
- il rallentamento dell’invecchiamento da parte di antiossidanti non è purtroppo sensibile; le ricerche più ottimistiche parlano di un terzo a partire dai 35-40 anni.
Il primo punto indica che è inutile per un giovane di 20 anni assumere antiossidanti, a meno di non essere un atleta professionista; il terzo punto significa che 10 anni possono essere ridotti a meno di 7 dal punto di vista dello scorrere del tempo. Chi inizia ad assumere integratori anti-età a 35 anni, a 65 ne dimostrerà 55, a parità di altre condizioni.
Non esistono sostanze che fermano il tempo, solo alcune che lo rallentano.
Da questo punto di vista, nella popolazione si fa ancora pochissimo per spingere i soggetti verso un’integrazione che può essere veramente utile.
L’ottimistica santificazione di frutta e verdura appare in contrasto con moltissime ricerche perché risulta evidente che l’alimentazione non è in grado di fornire tutte le quantità di micronutrienti necessarie per combattere al meglio la battaglia contro il tempo.
Anche se è possibile ampliare il peso nutraceutico di molti importanti alimenti nella nostra alimentazione, per alcune sostanze (come la vitamina E) non è possibile avere quantità interessanti se non ricorrendo all’integrazione.
Pensiamo, per esempio, al business che ruota attorno alle creme antirughe; dovrebbe essere del tutto immediato capire che se assumo un prodotto per non invecchiare esternamente (che il più delle volte funziona molto marginalmente), a maggior ragione dovrei assumerne uno che non mi faccia invecchiare internamente: se ci si limita al solo aspetto esteriore, anche ammesso che l’uso continuo e prolungato di prodotti antirughe possa far apparire una donna di 60 anni più giovane di dieci, la sua età apparirà del tutto evidente non appena si muoverà in modo goffo e impacciato.
Si noti la sostanziale differenza del ruolo dell’integratore nella pratica sportiva e nella lotta all’invecchiamento: erroneamente, nello sport si tende a ritenere troppo spesso l’alimentazione insufficiente, mentre nella lotta all’invecchiamento si tende a ritenerla del tutto adeguata, se sana e basata su prodotti genuini. In realtà, sarebbe opportuno invertire tale tendenza per ristabilire, a seconda dei casi, un corretto equilibrio fra alimentazione e integrazione.
Regimi dietetici
Anche se il business dei dimagranti da banco è enorme, si può tranquillamente affermare che sono un esempio di integratori del tutto inutili, se non a fini psicologici. Il fatto che per tutti i prodotti di questo tipo si precisi che l’integrazione funziona se abbinata a una dieta ipocalorica e a esercizio fisico è la dimostrazione più lampante della loro inefficacia: con la dieta e lo sport si dimagrisce comunque, senza alcun bisogno dell’integratore.
Mentre i dimagranti con prescrizione (che nel nostro Paese praticamente non esistono più, come spiegato nell’articolo loro dedicato), a parte gli effetti collaterali, sono di qualche aiuto nella lotta all’obesità, quelli da banco non fanno altro che convincere il soggetto in sovrappeso che per lui non c’è speranza: “se non ha funzionato il dimagrante, vuol proprio dire che sono destinato a rimanere grasso”.
Nonostante le ricerche a supporto dei dimagranti da banco, per smontarli basta la banale considerazione che un risparmio di 100 calorie al giorno porta a un dimagrimento di almeno 6 kg annui (4 kg di grasso più l’acqua a esso legata). Quindi se funzionassero e ci facessero risparmiare anche solo 100 calorie al giorno, il sovrappeso sarebbe definitivamente sconfitto.
Dopo questa premessa sembrerebbe un errore aver inserito il campo d’applicazione dei regimi dietetici in un articolo dedicato agli integratori che funzionano. In realtà, scientificamente parlando, se una persona vuole dimagrire ha due strade davanti a sé:
- la strada sbagliata (inutile): pillole dimagranti
- la strada corretta (utile): dieta + sport + multivitaminico.
Compito del dietologo, del farmacista e del medico di base sarebbe proprio quello di indirizzare il soggetto verso la strada corretta, illustrandogli gli abbagli dell’altra. Anche se in un primo momento si potrebbe avere un rifiuto della tesi proposta (è più facile credere in scorciatoie che offrono risultati senza fare fatica), quando il semplice dimagrante fallirà, la figura professionale che l’ha bocciato sarà rivalutata e diventerà un punto di riferimento.
Come si vede, nella seconda strada è previsto l’impiego di un integratore. Infatti, con il dilagare del sovrappeso e il conseguente ricorso a diete a volte troppo drastiche dovrebbe essere immediato concludere che chiunque segue una dieta per il controllo del peso dovrebbe seguire un piano di integrazione alimentare che fornisca i micronutrienti che un’alimentazione troppo stretta non è in grado di offrire. Del tutto immediato, quindi, consigliare un multivitaminico a basso dosaggio in abbinamento al nuovo regime alimentare.
Patologie
Gli integratori alimentari sono un supporto validissimo in molte patologie; anche se da un lato a volte si tende a sovrastimarli, dall’altro la ricerca è ormai concorde nel sottolinearne la validità dell’impiego (per esempio il palmetto seghettato nell’ipertrofia prostatica, i fitosteroli nella ipercolesterolemia o gli antiossidanti nella maculopatia senile).
In genere l’integrazione è utile quando affianca una cura efficace, potenziandola e riducendo i tempi di guarigione; non lo è quando è l’unica soluzione proposta, come nel caso delle miodesopsie, una patologia che attualmente non ha praticamente cura e per la quale lo specialista impotente tende a offrire come soluzione un’improbabile cura a base di integratori alimentari.
Il caso classico a metà strada fra le due sopradescritte è quello dell’influenza. Praticamente non esiste una cura che ne riduca significativamente la durata, tanto che si tende a usare farmici sintomatici. Se quindi da un lato è ottimistico pensare che l’assunzione di vitamina C faccia guarire prima, dall’altro, l’impiego di un multivitaminico che supporti un’alimentazione spesso carente durante la malattia è sicuramente auspicabile.
Prevenzione
Esiste una nutrita categoria di integratori che dovrebbero servire alla prevenzione di situazioni particolari, spesso vere e proprie patologie. Si dovrebbe analizzare caso per caso la bontà dell’integratore; in alcuni casi le promesse sono molto ottimistiche, in altri gli integratori possono essere realmente utili, come la glucosamina per chi soffre di artrosi, i fitosteroli per chi vuole abbassare il proprio colesterolo LDL oppure il semplice calcio per le donne predisposte all’osteoporosi che non ne assumono abbastanza dalla dieta.
In ogni caso vale il principio che
prima di assumere un integratore è necessario accertarne la necessità.