Molti modelli alimentari spingono il consumo di cibi integrali, in particolare cereali. In realtà, l’impiego di cereali integrali dovrebbe essere ridiscusso perché, a fronte di osservazioni corrette, si esagera decisamente il valore salutistico della scelta. In particolare non è corretto sovrapporre il concetto di alimenti integrali con quello di alimenti ricchi di fibre.
Infatti la scelta di cereali integrali dovrebbe essere motivata dai seguenti fattori:
- minor contenuto calorico (circa un 7%).
- il contenuto in oligoalimenti (vitamine, minerali, altre sostanze) presenti nella scorza del chicco e che vanno persi con la raffinazione
- indice glicemico inferiore
- maggior contenuto di fibre.
Tutti i punti sopraccitati sono veri, ma hanno importanza decrescente, gli ultimi due trascurabile. Vediamo perché.
Le calorie
In effetti, se a parità di gusto, costo ecc. un prodotto integrale (per esempio pasta) è equivalente a un prodotto non integrale è logico scegliere il primo. Purtroppo però spesso non è così ed è da valutare se un 7% di calorie risparmiate sono un plus che controbilancia eventuali fattori negativi. Occorre cioè valutare caso per caso.
Gli oligoalimenti
Questo sembrerebbe il punto più critico che dovrebbe far pendere la bilancia sempre dalla parte dell’integrale. In realtà, si tratta di un’interpretazione statistica errata di moltissime ricerche. Per capire l’errore si deve notare che le stesse sostanze che sono presenti nel chicco di cibi integrali sono presenti anche in frutta e verdura (pensiamo a un bel peperone giallo); chi usa cibi integrali ha una cura maggiore della propria alimentazione (magari partendo da presupposti troppo rigidi, comunque migliori di chi si abbuffa seguendo solo il gusto e va in sovrappeso) e quindi non ha senso confrontarlo con chi vive male per poi dedurre che i cereali integrali (e non lo stile di vita in toto) sono la causa del benessere. In particolare, l’assunzione di cereali integrali più che una causa di benessere può essere un indicatore di benessere (errore di correlazione) oppure può essere una causa che concorre al totale, ma non ha senso attribuire a una sola causa l’effetto totale di più cause (errore di monocausa).
Per esempio, una ricerca di diversi anni fa (2000) della Harvard University Medical School presso il Brigham and Women’s Hospital di Boston ha preso in esame 75.000 donne sane, di media età. Le donne che mangiavano almeno due volte al giorno pane integrale hanno mostrato una minor incidenza di ictus rispetto alle consumatrici di solo pane bianco: la riduzione del rischio di ictus sarebbe del 43%.
Ora, il 43% può sembrare tanto, ma se si considera che il gruppo integrale rispetto al gruppo non integrale era sicuramente un gruppo più salutista (le donne non erano forzate a mangiare in un certo modo, ma si prendeva nota solo delle loro abitudini alimentari) e quindi era in posizione più favorevole rispetto ad altri fattori di rischio come fumo, sovrappeso, attività sportiva (decisamente più importanti rispetto al consumo delle due assunzioni di pane integrale), quanto resta del 43% quando si tolgono le alte possibili cause: il 5%, il 2% o lo 0%?
Notiamo come questo esempio sveli un trucco con cui un ricercatore che vuole spingere il fattore X possa farlo, barando. Basta analizzare campioni dove X è una concausa (di solito poco importante) di un evento che si verifica perché le altre concause sono decisamente più importanti.
L’indice glicemico
Questo punto è vero, i cereali integrali hanno un indice glicemico più basso, ma è ininfluente. Dovrebbe essere chiaro a ogni nutrizionista che si rispetti che ciò che conta a fini salutistici è il carico glicemico, non l’indice glicemico.
Per esempio, ricordiamo che l’indice glicemico del riso integrale è 59 mentre quello del riso bianco è 61, il che equivale a dire che 61 g di riso integrale hanno lo stesso carico glicemico di 59 g di riso bianco! Se poi si considera che l’indice glicemico cambia al variare delle modalità di preparazione si comprende come sia maniacale per un individuo sano e magro giocare con i grammi degli alimenti per minimizzare il carico glicemico.

Le fibre non sono presenti solo nei cibi integrali, bisogna fare bene attenzione alle quantità: frutta e verdura ne contengono di più con meno calorie e più vitamine
Le fibre
Se si vuole assumere un’adeguata quota di fibre non è possibile utilizzare la pasta o il riso perché sono alimenti troppo calorici e per avere una quota adeguata di fibre anche da pasta e riso integrali si dovrebbe sforare con le calorie.
Un’alimentazione sana non può prescindere dall’uso di alimenti contenenti molte fibre, ma ipocalorici: quindi molta frutta, molta verdura, corn flakes (a chi piacciono) per la prima colazione (questi sì, integrali sono meglio) ecc.
Notiamo come la riduzione di peso rilevata in ricerche (The American Journal of Clinical Nutrition, novembre 2004) che studiavano campioni che assumevano cereali integrali fosse sempre associata anche all’uso di crusca e fibre, le vere cause della riduzione ponderale.